La stagione primaverile si avvia stancamente verso la fase finale, mancano poche settimane all’avvio della programmazione estiva e alla definizione dell’offerta autunnale, che sarà presentata nel mese di giugno, e già si possono fare i primi bilanci.
Protagonista di questa stagione è stata ancora una volta l’offerta di fiction con l’indiscussa affermazione di quella targata RAI, a fronte di una débâcle delle serie proposte da Mediaset. Trascinati dagli ascolti record del Commissario Montalbano, che con il suo 40% di share è stato l’evento della stagione, i titoli della RAI hanno spesso realizzato ascolti ai livelli dell’era pre-digitale: da Un passo dal cielo 4 (25% di share, quasi sei milioni di ascoltatori nell’ultima puntata) ai recenti Di padre in figlia (27% di share, oltre 6,5 milioni di telespettatori) e Sorelle (che ha chiuso con il 27% e oltre 6 milioni di telespettatori).
Al contrario Mediaset, nel 2017, ha inanellato una serie d’insuccessi, da Il bello delle donne ad Amore pensaci tu, solo parzialmente riscattati da L’onore e il rispetto 5 (che ha registrato il 15% di share) e ha fatto abbondante ricorso ai prodotti d’acquisto: dalle soap d’importazione come Il segreto, sia nel prime time sia nel day time, ai film.
In questo senso la crescente supremazia della RAI, se da una parte rappresenta un suo punto di forza editoriale, dall’altra rischia di trasformarsi in un punto di debolezza per la nostra fragile industria audiovisiva, che già negli ultimi anni ha registrato un crescente calo di produzione sia per numero di ore sia per quantità di titoli.
I valori dell’auditel, infatti, riflettono anche il diverso impegno finanziario e produttivo dei vari operatori del sistema televisivo italiano. Un’offerta squilibrata, in cui, secondo l’Osservatorio sulla fiction italiana (Ottobre 2016), il 76% della produzione «poggia sulle politiche produttive e editoriali della sola televisione pubblica», dove la fiction rimane un pilastro della programmazione: su RAI1 copre mediamente almeno quattro prime-serate su sette, concentrando circa la metà dell’intera offerta di fiction italiana, e dove nella stagione in corso ha rilanciato gli appuntamenti con la fiction anche su RAI2, con ottimi risultati (Rocco Schiavone, La porta rossa, Ispettore Coliandro), sia di ascolto sia per tasso d’innovazione.
Considerando che la produzione italiana di Sky è ancora giovane e limitata, anche se innovativa e prestigiosa (Romanzo criminale, Gomorra, The young pope), il rischio che si profila è che gli insuccessi di Mediaset possano disincentivarne la produzione e comportare una minor presenza di fiction italiana nei suoi palinsesti futuri e quindi un’ulteriore riduzione degli investimenti in un mercato già debole, «concentrato in una trentina di società che fatturano circa 470 milioni di euro».
Le ragioni di questa “sfida ineguale” vanno sicuramente ritrovate in una maggiore dinamicità (anche sul piano dell’apertura al mercato dei produttori) e sistematicità della produzione RAI, che ha saputo coniugare titoli “stagionati” (molto fidelizzati) con nuove produzioni e serie innovative. Ha puntato molto sull’identità (biografie, storia nazionale) e molto sul filone crime sia nella variante “solare” (Montalbano, Don Matteo), sia in quella meno convenzionale e più “ombrosa”, ma sempre giocata sulla forte caratterizzazione dei protagonisti: eroi/antieroi accattivanti e capaci di conquistare e fidelizzare il pubblico di riferimento (in quest’ottica è in arrivo, nei prossimi giorni, Maltese-il romanzo del commissario con Kim Rossi Stuart, una produzione Palomar, che racconta le gesta di un altro eroe solitario che si muove nella Trapani della seconda metà degli anni Settanta).
Si aggiunga che il pubblico della RAI è certamente per età, caratteristiche socio-culturali e abitudini di consumo mediatico, più vicino a questo genere televisivo, specie nella sua accezione più tradizionale e generalista, rispetto al pubblico del gruppo Mediaset, più esposto ai cambiamenti e alla concorrenza indotti dal nuovo scenario digitale. Diventa, dunque, necessario che Mediaset ritrovi una nuova identità narrativa, com’era avvenuto in passato con i successi de I Cesaroni, Elisa di Rivombrosa, Distretto di polizia ecc., ripensando il prodotto, sperimentando, ma anche interagendo più attivamente con il mondo della produzione indipendente e con quello autoriale e le sue creatività multimediali emergenti.
E difatti a Mediaset qualcosa si muove: alcune grandi serie come Squadra antimafia e L’onore e il rispetto saranno abbandonate, mentre si annunciano nuovi titoli. Una serie dedicata a Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia, per raccontare il made in Italy della moda e dei suoi talentuosi stilisti che ci hanno resi famosi nel mondo; Liberi sognatori, quattro film dedicati a eroi italiani che hanno sacrificato la vita per combattere la mafia; La valanga, che intende ricostruire il dramma dell’hotel di Rigopiano.
Un cambio di passo che punta sulla nostra storia, sui talenti e gli eroi del nostro paese e che tende a rafforzare la valenza sociale della fiction, una progettualità che per tematiche e intenti sembra però collocarsi più vicino al modello RAI che non a quelli più dinamici e innovativi della cosiddetta “televisione convergente”.