Il crime targato Sky si arricchisce della componente supernatural nella nuova serie originale Christian, prodotta insieme a Lucky Red e rilasciata on demand a partire dal 28 gennaio. Nel cast spiccano Edoardo Pesce e Claudio Santamaria, al servizio di una storia che vede un uomo della Roma popolare ricevere un dono mistico che sconvolge la sua vita vissuta al soldo di un boss locale.
Abbiamo intervistato l’ideatore della serie, Roberto Cinardi, in arte “Saku”, che ha diviso la regia con Stefano Lodovichi. Saku ci ha raccontato delle sue influenze culturali e di come queste si leghino all’origine dell’idea di Christian, concretizzatasi all’inizio della sua carriera e ora tra le grandi uscite del momento in Italia.
Da dove nasce l’idea per questo progetto?
L’idea è nata da me nel 2012 circa, quando volevo fare il mio primo cortometraggio. All’epoca giravo videoclip e iniziavo a fare pubblicità, ma avevo tanta voglia di buttarmi sulla narrativa. Avevo in testa l’idea di un santo sui generis, un dono che arrivava nelle mani più improbabili, non per forza sbagliate, ma improbabili. Volevo giocare su questo contrasto e la prima occasione fu il videoclip di Salmo. Usai il budget del suo progetto, oltre a quello aggiunto da me e dal produttore dell’epoca, per girare il cortometraggio Christian, che poi è anche sintetizzato nello stesso video di Salmo, Demons to Diamonds. Qualche anno dopo ho fatto uscire il corto su Vimeo. In questa prima stesura, essendo nato e cresciuto nella periferia di Roma est, tenevo molto a raccontare quei luoghi e quel tipo di persone che ho sempre frequentato, ed essendo poi appassionato di sci-fi, supernatural e misticismo, mi piaceva l’idea mischiare le due cose: un background che conoscevo bene e qualcosa che invece mi è sempre piaciuto a livello letterario e cinematografico. Mi è venuto molto spontaneo unire questi due mondi, piuttosto che forzare un tipo di sovrannaturale che in Italia risulterebbe goffo.
Come si inserisce Christian in quel filone soprannaturale italiano al cui centro ci sono dei personaggi che, come avviene nei film di Gabriele Mainetti, si ritrovano ad avere dei superpoteri?
Io non sono d’accordo con la definizione di superpoteri riguardo Christian. Per me è sempre stato un dono che dato a questo tipo di persona diventa una dannazione. Lui può guarire delle persone ma non del tutto coscientemente, non è detto che lo faccia di proposito. È più un dono che viene dall’alto, di cui lui è veicolo, ma che per molti versi, soprattutto all’inizio della storia, è più un problema, qualcosa che Christian non accetta e non capisce. Riguardo al filone io mi auguro che, come fece Lo chiamavano Jeeg Robot, apra delle strade, che insegni ad autori e produttori a usare questo filone in maniera intelligente, senza scimmiottare ciò che si fa all’estero, realizzando la versione italiana di supereroi di stampo anglosassone, ma sfruttando piuttosto quella che è la nostra tradizione, le nostre mitologie, la nostra storia.
Tu hai una lunga esperienza da regista di video musicali. Come ti è tornata utile nel dirigere una serie tv?
Sì, ho una lunga esperienza nei video musicali e altrettanta nella pubblicità. Sicuramente questo aiuta molto, intanto a essere veloce e performante sul set. Sono infatti due mondi, soprattutto quello dei video musicali, in cui c’è poco budget e poco tempo, e bisogna imparare a portare a casa in breve delle immagini che però funzionino nella maniera migliore possibile. Occuparmi di videoclip è stata poi soprattutto un’esperienza che mi ha aiutato a saper raccontare per immagini, oltre che con i dialoghi.
Come ti sei trovato a lavorare con attori come Edoardo Pesce e Claudio Santamaria?
È stato molto stimolante, ho imparato tanto. Mi sono confrontato con un livello di professionalità e talento con cui non avevo mai avuto a che fare nelle mie esperienze passate. Quindi è stato sicuramente interessante e arricchente.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto iniziando a sviluppare un lungometraggio e un altro progetto seriale, ma non posso dirvi nulla, anche se mi piacerebbe un sacco. Però diciamo che il macrogenere a cui appartengono queste altre due storie è simile a quello di Christian.