La stagione televisiva autunnale si avvia stancamente verso le cosiddette strenne natalizie, senza che l’offerta generalista abbia proposto qualcosa di rilevante e tanto meno d’innovativo. Una stagione incolore senza significative sorprese, nella quale, emblematicamente, il programma che finora ha raccolto il maggior ascolto, a parte le serate sportive della Nazionale, è stata una replica de Il commissario Montalbano, che con l’episodio Una voce di notte ha superato i 6,5 milioni di telespettatori (superiore anche all’ascolto, intorno ai 6 milioni, del film La musica del silenzio, in onda il 2 ottobre, che narra la storia del celebre cantante Andrea Bocelli).
Un record di ascolto stagionale, per una replica di Montalbano, che suona quasi come un monito del pubblico, un “consenso eloquente”, che in un certo senso ridimensiona le performance delle altre fiction seriali di stagione e che non viene eguagliato neppure dai buoni risultati delle ultime importanti new entries: La strada di casa che su RAI1 ha esordito, martedì 14 novembre, con 5,7 milioni di telespettatori (anche se in assenza di una contro-programmazione su Canale 5, dove il concerto di Zucchero ha realizzato un imbarazzante 6,3% di share); e Rosy Abate, spin-off della serie Squadra Antimafia, che domenica 12 novembre ha debuttato su Canale 5 con un ascolto pari a 5 milioni circa di telespettatori (20,2% di share).
Nel complesso una stagione di fiction che, finora, non ha entusiasmato né il pubblico né la critica. Anche la serie Sirene, prima commedia fantasy prodotta dalla RAI, “la più attesa della stagione” per la sua forte valenza innovativa, ideata da Ivan Cotroneo, per la regia di Davide Marengo, dopo un avvio promettente (20%) si è ridimensionata al 14%, anche per la concorrenza de Le tre rose di Eva 4 su Canale 5. Poche novità anche sul fronte dell’intrattenimento, dove i maggiori ascolti hanno premiato vecchi talent come Tu sì que vales su Canale 5 e Tale quale show 7 su RAI1, oltre all’intramontabile, o meglio al rivitalizzato, nella versione Vip, reality Grande fratello.
Le poche sperimentazioni come il nuovo show Celebration con Neri Marcorè e Serena Rossi su RAI1 e Stasera CasaMika 2, su RAI2, non hanno incontrato i favori del pubblico. Riprendono fiato i tradizionali talk-show informativi, aiutati da una cronaca politica vivacizzata dalle elezioni siciliane e da una cronaca sociale scossa dal clamore dello scandalo internazionale delle molestie sessuali, che ha messo in moto il solito “tribunale mediatico”, con lunghe maratone televisive su tutte le reti. Un’offerta televisiva ridondante e in forte competizione che spesso produce un giornalismo autoreferenziale e rissoso, più attento all’audience che alla qualità dell’informazione. E, in effetti, più che le novità editoriali, a movimentare la scena televisiva di questa stagione sono state soprattutto le polemiche riguardanti il trasferimento del talk-show Che tempo che fa da RAI3 a RAI1, con riferimento sia ai costi eccessivi sia alla validità strategica di tale operazione di palinsesto.
Polemiche ravvivate dalla discesa in campo di Massimo Giletti con il suo programma Non è l’Arena, che ha esordito su La7, in prima serata, domenica 12 novembre. Una sfida diretta, lanciata nei confronti di Fazio e più in generale della RAI, nella quale, in questa prima “ripresa”, Giletti ha segnato un clamoroso successo con quasi 2 milioni di spettatori e il 9% di share (triplicando gli ascolti della domenica su La7), mentre Fazio è rimasto ancorato a un 14% di share, valore inferiore alle attese. E qui si aprono due riflessioni: la prima relativa al significato, non solo editoriale, di questa sfida, la seconda relativa al futuro assetto del palinsesto domenicale.
Quella che poteva sembrare un’impresa impossibile, “uno scontro tra Davide e Golia”, ha dato un esito difficilmente prevedibile. L’orgoglio ferito di un gruppo di professionisti, Giletti e i suoi collaboratori, fortemente motivati dai successi passati e dal desiderio di un immediato riscatto, la complicità e la solidarietà di validi professionisti di grande esperienza, anch’essi “ex uomini RAI”, come Giovanni Minoli e Andrea Salerno, nuovo direttore de La7, hanno reso allettante una scelta di palinsesto molto rischiosa: portare la sfida in prime-time contro Fazio anziché il pomeriggio della domenica contro le sorelle Parodi, e dando al confronto il sapore di una rivincita degli ex.
E il valzer degli addii non sembra esaurirsi: è di questi giorni l’ultimo clamoroso e polemico abbandono, quello di Milena Gabanelli, che, «dopo 30 anni di lavoro», lascia la RAI con un nostalgico ma divertente video e un commentatissimo post su Facebook: «Oggi ho consegnato il badge, la chiave della mia stanza, il telefono aziendale, la scheda del computer, sono passata a salutare questo pezzo di famiglia (redazione di Report)… Me ne vado con l’orgoglio di lasciare una bella eredità». Un’altra grande e amata professionista “tradita” e ora in cerca di autore e di riscatto.
La seconda riflessione ci riporta più direttamente a quanto già anticipato nel mio precedente articolo in merito alla validità della scelta editoriale di RAI1.
L’exploit della serie Rosy Abate su Canale 5, che ritrova nella domenica una zona franca per la programmazione della sua fiction, il deludente risultato complessivo delle reti RAI, dove RAI3 non supera il 5%, e ora l’incidenza della new entry Non è l’Arena, rendono sempre più problematico per la RAI l’attuale assetto di palinsesto della domenica. Se le cose non migliorano, si profila l’ipotesi di uno spostamento di Che tempo che fa e di un riposizionamento della fiction di RAI1, nella giornata che ha sempre rappresentato una collocazione strategica e vincente.