La televisione italiana e «il mito della sfida»

la televisione secondo chicco agnese

Un recente articolo del Corriere della sera, mi riporta al tema delle sfide tra i grandi network generalisti della televisione italiana, argomento che avevo trattato in un precedente articolo nel quale sottolineavo come spesso i media facciano un uso distorto dei dati auditel. Nella rubrica «La televisione in numeri» di domenica 3 maggio, parlando del tradizionale confronto del fine settimana tra Ballando con le stelle e Amici – che ha visto gli sfidanti allungare i programmi fino a notte fonda per alzare i rispettivi share – si sostiene che il sabato sera non è più un «momento di sfida importante» («le serate più rilevanti sono altre») e che a resistere sia ormai «solamente il mito della sfida col suo portato simbolico» e pertanto «bisognerebbe suggerire a RAI e Mediaset un disarmo bilaterale che porti a durate più sensate, certamente inferiore alle quasi quattro ore cui le trasmissioni del sabato sera (ma non solo) sono ormai arrivate».

In effetti, oltre alla diminuita rilevanza della serata, sia in termini di platea sia di composizione del pubblico, quella del sabato sera è una sfida tra due grandi (programmi) veterani della tv – siamo alla 13^ edizione di Ballando e alla 17^ di Amici – e i ricorrenti confronti tra le rispettive «curve di ascolto» forse non appassionano più come un tempo. Se è vero che anche gli investitori pubblicitari guardano più alla composizione del pubblico che non alle piccole differenze di share, il «mito della sfida» resiste soprattutto come consuetudine dei media, i cui «bollettini di guerra» ormai servono solo a motivare gli staff tecnici che su quelle curve si accaniscono per ottimizzare orari di partenza, anteprime, collocazioni dei break pubblicitari, al fine di recuperare qualche decimale di share in più.

televisione

L’idea che la sfida resista ormai solo come mito, a mio avviso si può estendere a gran parte delle serate, considerando che nel nuovo contesto digitale lo scontro tra i due grandi network si è notevolmente stemperato. È vero che ogni mattina si attendono con ansia i dati auditel per acclamare il vincitore, ma è anche vero che un giorno si vince con ascolti superiori al 20%-30% e il giorno dopo con ascolti che superano di poco le due cifre, cioè valori che un tempo avrebbero fatto parlare di flop. Le frequenti e forti oscillazioni sono l’effetto della frammentazione del consumo della televisione nell’era del digitale: quando l’offerta delle reti leader non è «convincente», gli ascolti si ridistribuiscono nei molteplici canali di nuova generazione.

In tale quadro, per le reti generaliste crescono i margini di rischio e di conseguenza i contendenti adottano strategie editoriali più prudenti. Si evitano, se possibile, gli scontri diretti: fiction contro fiction, intrattenimento contro intrattenimento; si cercano spazi di convivenza, dove prodotti editorialmente disomogenei possano tranquillamente coesistere: così Montalbano convive con Grande fratello o viceversa (generi diversi, pubblici diversi, durate diverse). In questo clima di «pace armata», le strategie editoriali dei due grandi network si vanno progressivamente distanziando, in funzione sia delle esigenze e degli stili di consumo dei propri pubblici di riferimento, sia di una maggior coerenza con le rispettive mission. In tal senso, infatti, il generale ridimensionamento degli ascolti della tv generalista consente ora al Servizio Pubblico la possibilità di sperimentare, in prime time, nuovi generi più «istituzionali»: dall’infotainment «colto», alla divulgazione culturale, alla docu-fiction.

la porta rossa

Inoltre, la crescente supremazia della RAI nella produzione di fiction (un asset fondamentale dell’offerta generalista) – sia come quantità (oltre il 70% della produzione nazionale), sia come risultati d’ascolto – ha comportato anche un’evoluzione nella composizione per generi dei palinsesti generalisti. Mentre Canale5 negli ultimi anni ha ridotto le proprie collocazioni di fiction di produzione, con un’offerta nel complesso meno competitiva, la RAI non solo ha potuto consolidare i tradizionali appuntamenti su Raiuno, ma si è ritagliata altri spazi anche su Raidue, con nuove serie competitive e sperimentali: L’ispettore Coliandro, Rocco Schiavone, La porta rossa e più recentemente Il cacciatore.

Anche su questo versante dunque la competizione appare meno pressante e nel nuovo scenario la sfida diretta fra i grandi network generalisti della televisione italiana si ridimensiona, perlomeno nelle dinamiche editoriali, visto che il mito resiste con forza nella comunicazione mediatica.