Bruno Albi Marini è uno dei supervisori di Makinarium, la nuova factory tutta italiana che ha dato corpo ai sogni di Matteo Garrone nel suo ultimo celebrato film tratto dalla raccolta di fiabe di Giambattista Basile. Bruno ci racconta la genesi dell’opera già diventata in pochi mesi il punto di riferimento per gli effetti visivi italiani.
Com’è nato il gruppo di lavoro che ha realizzato gli effetti visivi – davvero inusitati per una pellicola italiana – del Racconto dei racconti?
Sia io che il mio collega Leonardo Cruciano avevamo lavorato con Matteo Garrone per Reality. Lui si era occupato degli effetti speciali prostetici e io, come Wonderlab, avevo seguito quelli digitali. Quel film fu svolto con molti meno mezzi e in maniera molto più “artigianale”: realizzai tutti gli effetti in prima persona (con l’aiuto di un paio di collaboratori) in un piccolo studio nel mio appartamento. A volte capitava, quando Matteo veniva alle revisioni, che uno dei miei gatti saltasse sulla scrivania… Era una situazione surreale ma anche piena di creatività e libertà. Ho un bel ricordo di quel percorso creativo e la soddisfazione finale, quando il film ha vinto il Grand Prix di Cannes ed è stato candidato al David per gli effetti digitali, è stata enorme.
Perciò, quando Matteo ha iniziato a ragionare su questa nuova produzione, insieme a Leonardo abbiamo pensato di creare un gruppo che fosse in grado di progettare, seguire e realizzare un film ambizioso come questo. È così che è nato Makinarium (costituito insieme a Nicola Sganga e Angelo Poggi) che, fra effetti speciali ed effetti visivi, è arrivato a contare circa 100 unità lavorative.
Per creare un team che fosse al contempo esperto ma anche giovane e motivato (sapevamo che il progetto avrebbe richiesto, oltre a grandi capacità tecniche e artistiche, anche sforzi e orari non facilmente sostenibili, e che solo l’entusiasmo di un gruppo giovane avrebbe potuto reggere tali ritmi) abbiamo radunato professionalità con importanti esperienze internazionali come Luca Bellano, Matteo Petricone, Amedeo Califano, Giuseppe Motta, che hanno al loro attivo esperienze in film del calibro di Harry Potter, I guardiani della galassia, Troy, Avatar (solo per citare alcuni nomi).
Le tempistiche inizialmente previste erano di circa sei mesi, ma strada facendo (come spesso accade) le cose si sono complicate. Abbiamo ricevuto i materiali per le lavorazioni delle tre scene più complesse girate interamente in teatro (drago, crepaccio e creatura pipistrella, per un totale di circa 120 inquadrature) a fine dicembre. La consegna era prevista per metà marzo, per permettere la candidatura al festival di Cannes. Riuscire a chiudere il film in tempo è stata una vera e propria impresa e anche se alla fine abbiamo ottenuto qualche settimana in più, siamo riusciti a concludere la lavorazione solo grazie all’enorme sforzo e amore per il progetto di ogni singola persona che ha partecipato alla post produzione digitale.
Su quali aspetti visivi del Racconto avete maggiormente lavorato?
La sfida maggiore del film dal punto di vista dei VFX è stata quella della ricostruzione delle creature digitali. Sono state realizzate quattro creature completamente digitali (due pulci di “età” differenti, il drago e la creatura pipistrella) che sono state utilizzate per full CG oppure per integrazioni parziali in tantissime inquadrature. Poi c’è stata la progettazione e realizzazione dell’environment sottomarino per la scena della battaglia col drago, le estensioni e i clean up dei paesaggi, matte painting, integrazioni di fuoco e fumo digitali, ritocchi e ripuliture nel make up e infine le lavorazioni inerenti tutte le trasformazioni, gli invecchiamenti e i ringiovanimenti che hanno richiesto integrazioni sia in 3D che in 2D (abbiamo utilizzato una tecnica mista per raggiungere il massimo realismo in ogni situazione). Le inquadrature lavorate sono state circa 300.
La cosa più interessante nel nostro approccio, e sicuramente poco consueta per l’Italia, è stata la progettazione del lavoro, fin dalla fase di pre-produzione, in maniera congiunta fra effetti speciali prostetici ed effetti digitali, per ottenere un risultato che fosse credibile, originale e con una sua personalità ben definita. La speranza è che questo film dia un segnale a tutto l’ambiente, convincendo il mondo del cinema italiano che si può osare e fare qualcosa di diverso dal solito anche nel nostro paese, confrontandosi, senza sfigurare, con le produzioni internazionali.
È bello sognare che l’intero settore dei VFX in Italia possa beneficiare di questa produzione di cartello. Credo che ci sia troppa competività nel nostro campo e che questo finisca per ritorcersi contro noi stessi. Personalmente, quando esce un film con dei VFX “importanti” faccio sempre il tifo per il team che lo ha realizzato. Credo che solo così facendo si possa crescere e arrivare prima o poi agli standard di lavorazione internazionali, in cui varie società collaborano per la realizzazione dello stesso progetto senza gelosie e invidie ma con l’unico scopo comune di realizzare un prodotto di alta qualità. Ma temo che ci sia ancora tanta strada da fare in questa direzione.
Quali erano le richieste della committenza (ad esempio riguardo a stile, colori, luce, movimenti)? Erano molto specifiche oppure avete avuto dei margini di autonomia?
Matteo è un regista molto esigente, viene dal mondo della pittura e ha uno stile e un immaginario visivo ben precisi. Il suo gusto personale è quindi lontano anni luce dagli effetti digitali. Ama infatti le imperfezioni, la casualità della realtà laddove il digitale nasce perfetto, pulito e ordinato. In sostanza la prima richiesta era molto chiara. Il digitale non si doveva percepire e doveva, sopratutto, essere funzionale al film e non protagonista. La seconda richiesta riguardava ovviamente lo stile. Leonardo e Matteo hanno lavorato insieme per più di un anno immaginando un mondo con paesaggi, creature e personaggi ben definiti. Noi del reparto VFX dovevamo ovviamente cercare di fare in modo che ogni effetto, animazione, paesaggio, fosse coerente con questo immaginario visivo. Interagire con il gruppo di lavoro per fare sì che gli effetti non prevaricassero mai la storia è stata una delle sfide più interessanti per me. Comunque i margini di autonomia sono stati ampi e, sulla base di una falsariga stabilita a monte, abbiamo potuto esplorare varie strade per poi scegliere insieme a Matteo quella che più rispondeva alle esigenze del film. A volte abbiamo trovato subito la strada più adatta, altre volte, com’è normale, abbiamo percorso molte strade poi scartate.
Il viaggio insomma è stato molto coinvolgente, pieno di creatività, di qualche momento di sconforto e di tante soddisfazioni. Talvolta siamo inciampati ma quel che conta è che ci siamo rialzati e siamo arrivati fino in fondo. Tutti insieme. E permettetemi di ringraziare ancora una volta su queste pagine ogni singola persona del gruppo di lavoro VFX che ha reso possibile tutto ciò: Luca Bellano, Amedeo Califano, Matteo Petricone, Korinne Cammarano, Claudia Coppa, Sara Ciceroni, Miriam Pavese, Rita Torchetti, Tommaso Ragnisco, Giorgio Iovino, Luigi Nappa, Alessandro Contenta, Gabriele Chiapponi, Gian Paolo Fragale, Andrea Salvatori, Giuseppe Motta, Gianluca De Pasquale, Ubaldo Boni, Alessandro Rullo, Davide Cutrone, Andrea Schiavone, Dennis Cabella, Marcello Ercole, Soryn Voicu, Jodi Ann McNamara, Silvia Coscia, Silvia Chicoli.