Una ragazza corre precipitosamente sulla scena, un uomo la insegue a perdifiato, entrambi si buttano su un materasso e, travolti dalla passione, hanno un rapporto sessuale, concluso dopo pochi secondi. Le luci si riscaldano, l’atmosfera si raffredda e i due iniziano a parlare. Lei, interpretata da Beatrice Gattai, è una giovane prostituta dell’est Europa trapiantata in Italia che, nonostante qualche mancata ambizione d’artista, sembra soddisfatta del proprio lavoro e per nulla desiderosa di cambiarlo. Lui, dal volto di Antonio De Matteo, è invece un uomo sposato e non veramente felice, che si rifugia abitualmente nel sesso a pagamento per scappare da un matrimonio che sempre più sembra intrappolarlo.
Due figure differenti ma legate da un filo rosso sono quelle dei protagonisti di Petrolio – Una storia a colori, nuovo spettacolo in scena fino al 24 marzo al Teatro Cometa Off di Roma. Proprio il racconto dei loro incontri evidenzia l’intento del regista Alessio Di Clemente di mettere in scena un dramma intimista, in cui a emergere è il lato nascosto di due personalità all’apparenza forti, tanto positive quanto negative nelle loro caleidoscopiche caratterizzazioni. In un avvicendarsi costante di emozioni reali e atteggiamenti di facciata, lei e lui iniziano infatti a conoscersi realmente solo davanti agli spettatori, dopo un anno di incontri all’apparenza esclusivamente sessuali.
Se Petrolio è un racconto di coppia, non bisogna però credere che si possa etichettare come una semplice storia d’amore: sebbene la giovane prostituta e l’affascinante cliente si cerchino, si seguano con lo sguardo e a volte si prendano – proprio come nell’emblematica scena che inaugura l’intero spettacolo –, il loro (impossibile?) sentimento è in realtà un semplice espediente per riflettere sulle maschere che quotidianamente si possono indossare, oltre che sulla fragilità che spesso si cela sotto di esse. In questo senso, i piccoli monologhi che puntellano la drammaturgia permettono a tale dualismo di mostrarsi, grazie soprattutto ai resoconti in prima persona delle loro vite passate, spezzate in tanti frammenti di una memoria ancora capace di ferire.
Il clima spesso tragico, accentuato da un palco sovraccaricato di oggetti e da luci volutamente soffocanti, si sfuma con momenti più leggeri e ritmici, ottimi per stemperare i toni ma a volte fin troppo semplicistici. Il testo, scritto dall’attrice protagonista, è infatti altalenante, indubbiamente funzionale negli apici di massimo pathos ma anche eccessivamente caricaturale in alcune scene di minore intensità. Proprio in queste ultime, si fa tuttavia spazio un terzo personaggio che, pur apparendo limitatamente in confronto agli altri, è sicuramente quello più interessante e riuscito.
Grazie a una scrittura in questo caso ispirata e all’ottima interpretazione di Francesco Centorame, giovane attore qui abilissimo a controllare il proprio corpo e il proprio volto, il ragazzo disabile Ema si erge a frizzante e non macchiettistico contro-altare dei più melodrammatici protagonisti. La sua figura rappresenta una terza scintilla di umanità, questa volta totalmente senza maschere, che indirettamente squarcia il velo che divide i due amanti, che solo nel finale comprenderanno chi davvero hanno di fronte. Come un arcobaleno di colori, Petrolio è quindi un affresco popolato da personalità differenti che, incontrandosi e scontrandosi, si svelano non senza timore per quello che sono, tra fragilità incolmabili e paure inconfessabili.