Sono gli anni settanta e nella cerchia della nuova comicità napoletana, si fa strada un attore con il viso da ragazzo e diventa «il comico dei sentimenti», quello che conquisterà il cinema italiano.
Nel giro di un anno, con l’aiuto di Anna Pavignano, Vincenzo Cerami e Ottavio Jemma, Massimo Troisi completa la sceneggiatura di Ricomincio da tre (qui il trailer della versione restaurata del 2015). Da semplice attore comico capace di farsi notare, Troisi si rivela sceneggiatore, interprete e regista: gira il film in sei settimane con un budget di quattrocento milioni di lire. Ricomincio da tre esce nelle sale italiane il 12 marzo 1981 e conquista immediatamente il pubblico; una sala cinematografica romana tiene in cartellone la pellicola per più di seicento giorni, un record assoluto. Non solo un successo di pubblico, ma anche di incassi: il film totalizza al botteghino ben quattordici miliardi di lire.
Troisi è stato una rivelazione della cinematografica italiana e ha fatto incetta di premi tra David di Donatello, Nastri d’argento e Globi d’oro. Se c’è un difetto nella sua opera prima, Ricomincio da tre, è quello tipico degli esordi: volerci mettere dentro troppe cose, in quella che è comunque una brillante, malinconica, innovativa commedia romantica.
Troisi interpreta Gaetano, un giovane napoletano timido e indeciso che, stanco della vita provinciale e del lavoro alienante in un’azienda alimentare, decide di trasferirsi a Firenze (viaggiatore però, fa notare, non emigrante) in cerca di nuove esperienze. Gaetano decide di ricominciare da tre, non da zero: «Nossignore, ricomincio da… cioè… tre cose me so’ riuscite dint’a vita, pecché aggia perdere pure chest? Aggia ricomincia’ da zero? Da tre!» perché una o due cose buone le ha fatte e non intende buttarle via. Va a Firenze, in compagnia di un aspirante suicida e incontra Marta: un’infermiera con la passione per la scrittura. I due si innamorano ma Gaetano, leggendo il romanzo di Marta, scopre che l’ha tradito. Lei, rimasta incinta, non sa chi sia il padre del bambino, ma vuole comunque crescerlo con Gaetano.
L’attore, il comico, il napoletano, spazza via con soffio la commedia decadente che l’ha preceduto e ne inventa un’altra, con nuove tematiche e la sistematica rottura dei cliché. Nei film di Troisi, tra i suoi personaggi bizzarri, non esistono più i partenopei disoccupati, furbi e latin lover, al loro posto c’è l’antieroe timido in modo adolescenziale, il napoletano che non va a nord per emigrare in cerca di lavoro ma per viaggiare e conoscere altre realtà.
Troisi, mentre interpreta la versione più autentica di sé stesso, scolla via dalla propria pelle una serie di cliché troppo stretti per stargli ancora addosso. I suoi, sono personaggi nuovi per il cinema italiano, ma lo è anche la società nella quale si muovono: le donne hanno preso coscienza della loro parità con gli uomini e lottano per i diritti fondamentali, così i personaggi femminili dei film di Troisi colpiscono per la decisione con la quale affrontano la vita che le vorrebbe sottomesse, docili e piene di grazia. Le donne di Troisi sconcertano la generazione patriarcale e la travolgono con una nuova ondata di femminismo, lui allora racconta una femminilità nuova, quella che per anni è stata oppressa da una commedia cinematografica spesso misogina e maschilista.
Massimo Troisi è stato come un defibrillatore per il cinema italiano, con il suo sguardo sempre attento alla società e alle nuove ideologie, pieno di quell’autoironia crescente che si manifesta nella creazione del suo antieroe: la vittima dei tempi moderni. Troisi aveva capito tutto e, più che una vittima, è sempre stato un eroe dei sentimenti, dell’ironia moderna, di Napoli e dell’Italia accartocciata sui suoi stessi stereotipi e pregiudizi. Per questo cerchiamo anche noi di non ricominciare da zero ma da tre, da quelle cose buone che il cinema ha fatto e ha insegnato, ricominciamo da Troisi.