Il loro logo è un cervo con due rose rosse, e proprio dalle immagini gli Stag partono per scrivere le loro canzoni, molte delle quali nascono o diventano colonne sonore per serie TV e film. Marco Guazzone e Stefano Costantini sono il nucleo centrale della band composta inoltre da Giosuè Manuri e Edoardo Cicchinelli.
Tutto è iniziato da una passione, quella di Marco per la musica. Fin da adolescente ha un sogno: fare in modo che diventi interamente parte della sua vita. Dopo il diploma in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma e una breve parentesi universitaria tra le aule di lettere, Marco decide di trasferirsi a Londra: «È una città dove si suona con una facilità pazzesca. Mi portavo la mia tastiera in metro e andavo alle serate open mic. Così ho potuto vedere moltissime band. Mi affascinava l’idea di suoni diversi, di una squadra unita per dare vita a un progetto e ho pensato: questo è quello che voglio».
La vita londinese dura poco, perché entra in scena un’altra grande passione di Marco, quella per il cinema. Vince il bando per il laboratorio del Centro Sperimentale Musica per film: torna a Roma e inizia a studiare con grandi compositori come Nicola Piovani. Intanto porta avanti il suo progetto di creare una band e nel 2008 nascono gli Stag, con membri che vanno e vengono come in tutti i gruppi musicali agli inizi, fino al 2010, quando Marco conosce Stefano Costantini.
Ed è ancora il cinema a segnare l’inizio di questo incontro: Stefano è un trombettista classico, partecipa al primo film da regista di Diego Abatantuono, Area Paradiso, e sul set conosce la segretaria di edizione Giulia Contino, che lo presenta a Marco. Ma il primo approccio non va tanto bene. Sembrano troppo diversi, con le parole non si capiscono. «Le chiacchere non ci avevano portato da nessuna parte, è stata invece la musica che ci ha fatto scoprire, in particolare un pezzo dei Muse, Map of your head, che Stefano stava suonando a una festa», racconta divertito Marco. Da quel momento scatta la scintilla; dopo aver improvvisato un pezzo con la tromba durante un concerto degli Stag, Stefano diventa parte della band.
Due anni dopo, nel 2012 esce il primo album, L’atlante dei pensieri prodotto da Steve Lyon, storico produttore dei Depeche Mode che vanta collaborazioni con artisti come Paul McCartney, Cure e Subsonica. Uno dei pezzi del disco, Guasto, porta gli Stag sul palco dell’Ariston per la 62esima edizione del Festival di Sanremo. «È stato fichissimo, un’esperienza unica e un’occasione incredibile successa quasi per caso. Dieci giorni assurdi, dove abbiamo suonato praticamente sempre». Marco confessa di avere un unico rimpianto, quello di essersi presentato al Festival come solista e non con la band: «La nostra etichetta dell’epoca ci consigliò di fare così, visto che a Sanremo i gruppi non hanno mai avuto un grande successo. Comunque, cantare sul palco dell’Ariston ci ha fatto conoscere al grande pubblico ed è stato fantastico, Stefano ha diretto l’orchestra ed è passato alla storia come il più giovane direttore della storia del Festival».
Dopo il successo di Sanremo inizia una tournée di due anni che porta gli Stag fino in Libano. Con il Festival non arriva solamente il successo, ma anche una telefonata, quella della produttrice cinematografica di Indigo, Francesca Cima; il regista Ivan Cotroneo è rimasto colpito dagli Stag e vuole conoscerli, un incontro di scambi artistici che dopo un anno porterà i suoi frutti. Nel frattempo il gruppo continua a frequentare gli ambienti del cinema, dalle feste di Fabrique, al Festival di Venezia, dove diventano la open band del programma radiofonico di Radio 3 dedicato al cinema, Hollywood Party. Nel 2013 Cotroneo propone al gruppo di scrivere la colonna sonora per l’ultima scena del suo film, Il Natale della mamma imperfetta, è un arrangiamento di Jingle Bells che gli Stag suonano sulla terrazza del Pincio a Roma entrando a far parte del film. Grazie a questa esperienza conoscono Paolo Buonvino, compositore delle musiche della pellicola, e iniziano a collaborare con lui. «Per noi lavorare insieme al Maestro Buonvino è stato un grosso privilegio, soprattutto perché ha il pregio di contaminare la sua musica con il pop e altri generi musicali».
Quello che unisce il gruppo al cinema è la capacità della loro musica di creare immagini, situazioni, fotografare dei momenti: «Quando ci chiedono che genere fate, noi rispondiamo colonne sonore». Questa non è solo la caratteristica degli Stag, ma la loro stessa essenza, peculiarità rara nel mondo musicale, dove i nuovi gruppi nascono e muoiono in pochi istanti. Il cinema permette al gruppo di esprimersi in maniera completa, creare atmosfere che arricchiscono lo sviluppo della storia o sottolineano un particolare momento.
Queste intenzioni creative sfociano in un’attitudine alla ricerca che non si può restringere dentro l’etichetta di un particolare genere. Gli Stag non sono indie, ma neanche pop, semplicemente appartengono alla musica. Non è un caso che di queste loro caratteristiche si siano accorti diversi registi, come Alessio Maria Federici che per il suo Fratelli unici ha scelto la loro canzone Cosa c’è interpretata insieme a Malika Ayane. Inoltre collaborano alla composizione delle colonne sonore di serie come Tutto può succedere e sono candidati ai David di Donatello 2018 con il brano To the Wonders scritto per il film Un bacio di Ivan Cotroneo.
Il brano dà il nome all’ultimo disco degli Stag, album che ha riscosso ottime recensioni e che racchiude la vera anima del gruppo, una raccolta musicale di storie biografiche che ha come concept la ricerca di un posto nascosto, quel qualcosa da raggiungere che spesso sfugge e si fa fatica a trovare. Ascoltare la musica degli Stag richiede attenzione e attimi di silenzio, viaggi musicali fatti d’immagini poetiche, contaminate da vari generi musicali. Una musica che si colloca in controtendenza rispetto al mainstream commerciale, adatta a un ascolto consapevole che riporta alle caratteriste disegnate sul logo della band: la forza rock del cervo e la poesia delle due rose.