Jacopo Planet, nome d’arte di Jacopo Martini, ha infiammato la serata al Fabrique Club del 24 marzo. Audace, energetico e coinvolgente, non mi aspettavo durante l’intervista di trovare una persona così sensibile, poetica e a tratti anche timida. Tutte qualità che Jacopo mette al servizio della propria musica e che gli permettono di arrivare dritto al cuore delle persone.
Ha vissuto girando il mondo tra Roma, Parigi e gli States, e ognuno di questi luoghi ha rappresentato un importante passo nella sua carriera e identità. Difficile non immaginarselo quando parla della sua infanzia tra bar e ristoranti jazz americani, e i primi live per strada a Parigi a soli 14 anni. L’Italia gli ha dato il falsetto di Battisti e l’originalità di Lucio Dalla, la Francia le influenze elettroniche e gli USA lo hanno ispirato sul lato performativo. Tutti pezzi di un puzzle che però non si incastrano alla perfezione. Lui stesso confessa: «Non so come trovare un equilibrio ad esempio tra Francia e Italia: lo continuo a cercare, ma ancora non credo di averlo del tutto… la musica fluttua».
In realtà l’essere in bilico fra vari mondi come un trapezista non è un problema, ma ciò che rende il suo sound libero e sincero. Tra la musica che «lo fa stare bene e sentire a casa» cita il folk e il soul di Labi Siffre e Van Morrison, ma rimane molto attento alla scena contemporanea e ascolta Bad Bunny e la scena trap: «Sono molto legato alla musica di oggi e quando trovo qualcosa che mi piace voglio provarlo, sempre per vedere come ci sto dentro, come partecipare».
Quando gli chiedo come si svolge il suo processo creativo mi risponde che non riesce bene a spiegare come funziona, che tutto può nascere da un solo accordo o da una parola. Ma l’obiettivo è sempre quello di trasmettere emozioni: Jacopo vorrebbe che i suoi ascoltatori si immaginassero in un giardino fiorito tra aromi, cibi e bevande da ogni parte del mondo.
Invece, a proposito delle immagini, rivela che «per me in realtà è uno sforzo lavorare su questo piano. Parto sempre dalla musica e poi mi vengono in mente immagini che rappresentano il pezzo, che così finisce sempre per essere qualcos’altro rispetto a quello da cui ero partito. Alla fine ciò che si realizza è “quello che in quel momento si incastra meglio”, e tutto cambia. Come quando uno pensa di innamorarsi di una persona e poi si innamora di un’altra».
Jacopo parla per metafore e simbolismi a volte difficili da capire, più semplici da sentire. Gli chiedo allora del cambiamento e anche qui sa sorprendere. «A volte ci si immagina in un modo ma poi scopriamo di essere diversi. Come quando ti vesti figo e ti senti figo, poi ti scattano una foto e dici “oddio chi è questo”. Anche le canzoni sono un modo sempre nuovo di scoprirsi».
La sua musica è in continua evoluzione: nonostante abbia studiato tanto, conserva l’ingenuità e la meraviglia dell’autodidatta e anche la scelta di cantare in diverse lingue nel suo EP Amour transalpino riflette la volontà di fare una musica che gli permetta di «raccontarsi in modo onesto e trasparente». «La lingua più difficile per scrivere è il francese. Ha una grande tradizione, è pulita, analitica. Quando ho visto che l’EP era nelle classifiche francesi per me è stato bellissimo perché vuol dire che anche lì qualcuno ama la mia musica. L’inglese è più semplice anche perché siamo abituati a sentirlo. È comodo, ma va usato nei momenti giusti, con parsimonia. Altrimenti può diventare una maschera».
L’ultima domanda che gli faccio è perché ha scelto Jacopo Planet come nome d’arte. Forse doveva essere la prima, ma la sua risposta dà un senso più profondo a quello che ci ha raccontato. La verità “non ufficiale” è che Instagram non gli accettò solo “Jacopo”, come avrebbe voluto chiamarsi, e si ispirò al profilo di Tommy Cash che si era chiamato World. «Planet è un mondo senza frontiere stilistiche e linguistiche perché sempre alla ricerca di nuovi generi. Sui social faccio video e interviste a persone da tutto il mondo. Ma forse questa risposta è arrivata a posteriori, come quando fai un tatuaggio e solo dopo dici “ah, forse l’ho fatto per quello”».
Jacopo ci lascia con la promessa di un pezzo in uscita prossimamente («una vera bomba») e di date live insieme a Popa, artista di origine lituana. Lavorerà anche a nuova musica, ma non sa dirci quando perché quello «succede e basta».