È davvero contagiosa la simpatia di Tommaso Novi, pianista e compositore di Pisa, dove fra l’altro anni ricopre da sei anni la cattedra di fischio musicale (prima in Europa). Tommaso è il leader dei Gatti Mézzi, in uscita con il loro sesto album, che hanno curato la colonna sonora del film di Roan Johnson Fino a qui tutto bene.
Parliamo del tuo rapporto con il cinema, quando hai iniziato a comporre per il grande schermo?
Guarda, io fin da piccino ho un sogno nel cassetto, che è quello di fare l’attore… poi m’è toccato fare il musicista! Se un giorno arrivasse Tarantino e mi dicesse «Tommaso, molla tutto e fai un film», io mollo tutto e vado a girare il film! Scherzi a parte, il rapporto con la pellicola nasce in gioventù, ho iniziato musicando documentari e corti, ma il primo vero lavoro è stato curare la colonna sonora del mediometraggio di Gipi, il fumettista, intitolato I 400 Pinocchi dove in effetti recitavo anche come attore protagonista. Un’altra collaborazione importante è stata quella con Paolo Virzì che mi chiese di eseguire delle parti pianistiche per La prima cosa bella, film per il quale presi anche l’iniziativa di inserire la mia caratteristica tecnica del fischio. Con i Gatti Mézzi invece abbiamo eseguito la colonna sonora di Fino a qui tutto bene di Roan Johnson, progetto per me particolarmente significativo perché il film affonda le radici in un’esperienza che io e Roan abbiamo condiviso anni fa.
A quale esperienza ti riferisci?
Ne abbiamo condivise tante da giovani, in particolar modo l’amicizia di una persona che ora non c’è più e che è morta in un incidente stradale. Ovviamente ne siamo rimasti tutti segnati, infatti io ci ho scritto un brano e lui ci ha fatto un film. Nella mia canzone ci sono dentro tante cose, antiche e recenti, le stesse che si ritrovano nel film di Roan. Oltre a questo dramma abbiamo poi vissuto assieme una bellissima avventura nella Pisa che stavamo scoprendo a vent’anni in maniera un po’ folle, spensierata e innamorata della vita. Probabilmente il mio brano e il film chiudono il cerchio di questo vissuto che ci lega ormai da quindici anni.
Il brano di cui parli è Morirò d’incidente stradale candidato ai Nastri d’Argento 2015 e main theme di Fino a qui tutto bene. Hai ceduto anche altre canzoni per il film?
Sì, abbiamo proposto Anarfamondo, brano contenuto nel disco precedente. Abbiamo inoltre lavorato sulla colonna sonora di alcune scene intrecciando elementi che richiamano l’una e l’altra canzone, il tutto strumentale. Infine nel film è presente anche un terzo brano senza testo che è Soltanto i tuoi passi.
Esistono a tuo modo di vedere molte differenze tra il comporre per un disco e per un film?
Bellissima domanda! Credo ci sia una profonda similitudine: così come la colonna sonora parte da un’ispirazione e passa attraverso il filtro della scrittura e struttura cinematografica (il timing della scena, il taglio ecc.), così nella canzone l’idea nasce dal cuore, in una forma libera e astratta, poi va a misurarsi con la musica, e alla fine viene imbrigliata in una struttura vincolata, prescelta o decisa in corso d’opera. Invece la grande differenza col film è che lì ti misuri con molte persone che muovono il tuo operato e lo rivedono. Con la canzone l’evoluzione avviene principalmente con se stessi.
Oltre al regista, con quali figure è necessario interfacciarsi quando si scrive musica per film?
In Fino a qui ci siamo confrontati principalmente con Roan e con il montatore. Infatti quando si lavora sulla post-produzione il musicista si deve adeguare ai vari tagli o alle aggiunte delle scene. Infine ci si confronta con il tecnico del suono che dà la forma definitiva alla musica del compositore, stesso confronto che avviene anche quando si fa un disco con quello che oggi viene definito il “produttore artistico”.
Sei ottimista riguardo al futuro? Secondo te c’è spazio per i giovani compositori italiani?
Ahimè, sono un ottimista! Credo in un futuro migliore, anzi proprio in questo momento di difficoltà e cambiamenti sociali e culturali è necessario essere ottimisti. Viviamo nel paese in cui sono nati i maestri più grandi: Morricone, Rota, Piovani e tantissimi altri; tuttora ci sono tante giovani teste che scrivono. L’auspicio più grande è quello di partire dallo studio dei maestri italiani e internazionali. Penso ci sia spazio per chi ha il coraggio di osare, osare è sempre la parola d’ordine, non fermarsi quando si vede che una cosa funziona, avere sempre la forza di cambiare e di approfondire.
Tra i grandi compositori che hai citato ce n’è qualcuno in particolare a cui i Gatti Mézzi si ispirano?
Non ci ispiriamo a qualcuno in particolare, ma i grandi fanno parte di quel bagaglio, direi quasi genetico, dal quale non possiamo fare a meno di partire. L’obiettivo dei Gatti Mézzi è trovare una propria cifra originale e riconoscibile, ma saremo sempre legati a un certo modo di vedere i film, ai primi piani stretti di Leone, ai suoni che descrivono i volti pieni di polvere musicati da Morricone, alle soluzioni e al sapore di certe opere.
Registi con i quali ti piacerebbe lavorare in futuro?
Approfitto della tua domanda per fare un appello ai registi di tutto il mondo: venite a sentire che qui c’è della gente che scrive cose interessanti! Fateci una bella proposta per un bel film e noi ci si sta!