Appena mi siedo nel suo ufficio, la prima cosa che mi dice Elisabetta Cartoni, amministratrice delegata della Cartoni Spa, è che loro sono gli unici fabbricanti di teste nodali al mondo, le famose Lambda. E fa una pausa, probabilmente aspettandosi una mia qualche reazione tipo “wow”. Purtroppo il massimo che riesco a dire è: «Ah…». A quel punto, forse sospettando che la mia mancanza di entusiasmo dipenda sostanzialmente da una totale ignoranza in materia, comincia pazientemente a illustrarmi il concetto di centratura nodale della macchina da presa.
Mi spiega che si parla di centratura nodale quando il centro di rotazione e il centro ottico della camera coincidono. In genere non coincidono, quindi teoricamente per raggiungere la posizione nodale bisogna far scorrere le varie slitte di aggiustamento, ma facendo così la camera si sbilancia. «Mio padre – aggiunge – ha risolto il problema applicando dei contrappesi alle rosette delle testate che permettono di ottenere una centratura nodale senza sbilanciare la macchina. Tutto chiaro?». Credo che la mia faccia sia stata abbastanza eloquente: assolutamente no!
Sorvolando sull’ostico concetto di testata nodale, cerco di scoprire quantomeno a che cosa serva. Così mi spiega che è utile quando si riprendono degli edifici facendo una panoramica perché senza centratura nodale sarebbero deformati. Ed è fondamentale per i VFX quando si deve inserire un’immagine virtuale all’interno di una ripresa reale su green. Specialmente se si tratta della ricostruzione di un elemento architettonico con cui l’attore deve interagire in qualche modo.
Esistono quattro modelli di Lambda. C’è la Lambda originale che regge fino a 50kg. C’è la Lambda 10 pensata per le macchine da presa più leggere fino a 10kg e poi nel 2016 uscirà sul mercato anche la nuova Lambda 25 che supporta fino a 25kg creata con allumini e altri materiali super leggeri e con uno scheletro molto più duttile rispetto alle sue precedenti versioni.
Infine c’è la celebre Lambda Twin 3D, la prima testata al mondo per riprese tridimensionali. Riprende il concetto ergonomico della Lambda e lo declina verso le applicazioni 3D per riprese stereoscopiche sia con camere affiancate e parallele, che con camere disposte a 90° tra di loro e che utilizzano un beam splitter per l’allineamento reciproco. Le chiedo com’è nata l’idea della Lambda Twin 3D: «Chiacchierando con James Cameron e Vince Pace. Cercavano un supporto per girare Avatar e noi gliel’abbiamo inventato». Capito?
La filosofia Cartoni è quella di lavorare a stretto contatto con gli addetti ai lavori, perché sono loro che ispirano le maggiori innovazioni. È sempre stato così, Renato Cartoni inventò la prima testata nel 1935 quando lavorava come operatore per l’Istituto Luce perché gli serviva qualcosa che desse più stabilità all’immagine filmata ma senza rinunciare a un movimento fluido. E poi suo figlio Guido ha continuato la tradizione di famiglia. Elisabetta mi racconta di suo padre: «È stato lui a creare il primo supporto loupe per il suo amico Fellini quando girava E la nave va, per avere una loupe ferma anche quando la testata faceva su e giù per seguire il rollio della nave».
C’è sempre una storia dietro un’invenzione
Una storia che, nel loro caso, li ha portati a vincere l’Oscar del settore nel 1992. Ma come si arriva da Roma ad Hollywood? Elisabetta spiega che inizialmente suo padre costruiva le testate solo per i cineasti di Cinecittà. Poi un giorno vengono in visita agli studi August Arnold e Robert Richter, i fondatori dell’Arri, che vedono la testata e capiscono che è un supporto perfetto per la loro Arriflex. Quindi incontrano Guido Cartoni e gli propongono di produrre per loro, però vogliono che la testata sia targata Arri. Guido accetta ma in cambio si fa dare l’agenzia dell’Arri per l’Italia, quindi Cartoni vende le Arri in Italia, mentre l’Arri vende le testate Cartoni nel mondo intero. Ora non è più così, ma è stato un ottimo sodalizio.
La nostra chiacchierata continua in giro per l’azienda. Elisabetta mi porta a vedere il laboratorio di assemblaggio e l’officina dove vengono costruiti i componenti. La Cartoni è ancora una ditta artigianale che produce qualche centinaio di pezzi l’anno. Non c’è mai una produzione industriale se non per i supporti piccoli come la Focus, la loro best seller, che è prodotta in serie da 1000 pezzi.
Una tipica serie di Lambda comprende al massimo 50 pezzi che vanno lavorati a mano uno per uno. Per competere quindi con le grandi aziende che producono migliaia di supporti l’anno, sono costretti a cercare costantemente cosa manca nella tecnologia, fare apparecchi performanti e unici che siano appetibili per l’utilizzatore sofisticato.
E poi, mi confessa, i nostri prodotti costano forse un po’ di più, ma durano tantissimo. Allora meglio comprare una buona testata una volta nella vita, che cambiarne una ogni due anni. Ma se le vostre testate durano così tanto, poi non avete ricambio… «In effetti siamo i peggiori nemici di noi stessi» mi confida il direttore commerciale Luciano Belluzzo «però ci guadagniamo in immagine». E mi spiega che a livello di marketing lavorano al concetto di “Customer for life”. Stanno contattando le scuole di cinema e televisione per sensibilizzare le nuove generazioni sul concetto di qualità e che “Una Cartoni è per sempre”.
Parlano tutti con un incredibile orgoglio della loro azienda e quando Elisabetta mi dice che alla fine sì, guadagnare è importante, ma quello che fanno lo fanno soprattutto per passione, io le credo: «La cosa più bella di questo lavoro è risolvere il problema a qualcuno e sapere che una cosa è stata girata in un certo modo perché tu gli hai dato lo strumento». E sorride.
di Giulia Forgione