Negli ultimi anni l’industria dell’animazione ha registrato un notevole successo commerciale, che però ha portato anche a una sovrapproduzione. Con un numero sempre maggiore di cartoons rilasciati ogni anno, il rischio è quello di saturare il mercato e ridurre l’attenzione e l’entusiasmo del pubblico per le nuove uscite.
Perciò sia gli studi cinematografici che i creativi si trovano a dover bilanciare la domanda del pubblico con la necessità di mantenere la qualità e l’originalità delle loro produzioni. Anche in Italia.
Secondo l’Osservatorio europeo dell’audiovisivo, nel nostro Paese l’animazione è in crescita, anche grazie alla Legge Cinema che ha permesso di fissare il tax credit al 40%, riportando la proprietà intellettuale nelle mani delle produzioni italiane, che prima erano costrette a cederle ai coproduttori stranieri. Da noi l’animazione ha trovato terreno fertile soprattutto, ma non solo, nel campo della serialità e, se prima si guardava ai rating televisivi, adesso è fondamentale la sentiment analysis: le produzioni cercano di percepire attraverso social, siti e canali digitali l’effettivo gradimento dei prodotti e delle rispettive campagne di comunicazione.
A ogni modo, il panorama italiano di oggi è caratterizzato da una vivace comunità di animatori, registi e artisti che lavorano sia nell’ambito del lungometraggio che delle serie tv animate. Il successo di film come La gabbianella e il gatto, Leo da Vinci: Missione Monna Lisa, Yaya e Lennie – The Walking Liberty e Mary e lo spirito di mezzanotte ha dimostrato che c’è un mercato per il cinema d’animazione italiano, e numerosi talenti emergenti o affermati stanno collezionando riconoscimenti a livello internazionale. Nel caso della serialità animata, invece, il prodotto più famoso resta il Winx Club, iconica serie animata italiana trasmessa in oltre 150 paesi; creata da Iginio Straffi e prodotta dalla casa di produzione Rainbow, la serie ha debuttato nel 2004 e da allora ha generato un vasto franchise che include serie tv, film, giocattoli e molto altro ancora. Sono tante le medie realtà italiane del settore, come Mondo Tv, creatrice di La famiglia Passaguai, Sissi – La giovane imperatrice e Pocoyo, Gruppo Alcuni, che ha dato vita a Lupo Alberto, Pet Pals e Leonardo, e la divisione di Rai Ragazzi, con Geronimo Stilton e Il piccolo principe. Sono sempre di più anche gli studi indipendenti che contribuiscono ad arricchire il panorama, come Lanterna Magica per i corti e le serie animate, Studio Bozzetto & Co del famoso animatore Bruno Bozzetto e le napoletane MAD Entertainment, fondata da Luciano Stella, Maria Carolina Terzi, Carlo Stella e Lorenza Stella, con il loro premiatissimo Gatta Cenerentola di Alessandro Rak, Marino Guarnieri, Ivan Cappiello, Dario Sansone, e Uanèma Entertainment, con Fiammetta di Nicola Barile, che celebra uno degli amori più famosi della letteratura italiana, quello tra Fiammetta e Boccaccio. Titoli, questi ultimi, che mostrano l’importanza dell’ancoraggio al territorio e alla cultura locale.
Diversity strategy
Gli eventi e i festival che forniscono dei report dettagliati sull’andamento dei contenuti animati in Europa sono numerosi: il CartoonNext di Marsiglia, il Cartoon Movie a Bordeaux, il Cartoon Springboard di Madrid e il Cartoon Forum di Tolosa. Si tratta solo di alcuni dei panel del settore, insieme a quelli organizzati dai grandi festival dell’animazione come Imaginaria e Annency. Ed è dal 2022 che i dibattiti ospitati dal CartoonNext evidenziano fra l’altro la necessità di stabilire nuove coproduzioni internazionali, per dar vita a un nuovo modello europeo, solido abbastanza da competere con quelli dominanti: il modello giapponese e quello americano.
È stato proprio Luca Milano – che sarà direttore di Rai Ragazzi con mandato fino al 2025 – a spingere sull’importanza del lavoro di squadra. Infatti oltre il 50% dei prodotti animati italiani coinvolge una coproduzione francese (Lupin Stories), tedesca (Leo Da Vinci) o spagnola (Annie & Carola). Questo tipo di coproduzioni dovrebbe indirizzare le aziende e i talenti verso un obiettivo comune, abbandonando una certa forma di protezionismo culturale che non ha fatto altro che nuocere al settore, impendendo al mercato europeo di diventare competitivo sul piano mondiale. Secondo Milano, un altro passo importante sarebbe stabilire una nuova forma di alleanza tra i brodcaster nazionali e i produttori indipendenti, ponendo fine a una rivalità interna del mercato che finisce per danneggiare entrambi.
Più di recente invece, nel corso dell’ultimo CartoonNext, il tema centrale è stato quello della diversity e dell’inclusività nei contenuti per bambini, in un’ottica critica verso la meccanizzazione di elementi applicati forzatamente, al solo scopo di far risultare il prodotto al passo con le nuove aspettative dei consumatori. La diversity infatti è un punto focale del nuovo dibattito sulle produzioni animate, ma è necessario che non sia una lista da spuntare per far approvare un contenuto, ma un’attitudine, parte della missione aziendale. La diversità e l’inclusione non sono questioni risolvibili solo ampliando il ventaglio etnico dei personaggi o evitando un certo tipo di umorismo; è una tema di accessibilità dei contenuti, di costante aggiornamento e revisione della diversity strategy, ma anche di lavoro fatto dietro le quinte nei team stessi di produzione.
Un tipo di impegno che, nel loro piccolo, tentano di portare avanti con successo molti giovani talenti dell’animazione italiana ed europea. Federica Carbone e Anita Verona ne sono un esempio con il loro Astrid and the School of Astronauts: Astrid è una bambina albina di sette anni che vuole fare l’astronauta e il cartone animato mostra una figura femminile in grado di promuovere con naturalezza lo studio delle discipline STEM da parte delle bambine, solitamente escluse o scoraggiate nell’intraprenderle. La serie spagnola Sex Symbols, di Paloma Mora, accosta invece edutainment, sessualità e affettività. I quattro protagonisti Carla, Mia, Max e Hugo, stanno per affrontare l’adolescenza e devono venire a patti con i cambiamenti del proprio corpo. La serie è supportata da Save the Children e, con la consulenza di medici e psicologi, il cartone animato affronta temi come il desiderio, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e le malattie sessualmente trasmissibili.
Nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle questioni sociali attraverso l’animazione, la più grande difficoltà sta però nelle tempistiche: i minutaggi sono sempre più ridotti e ci si ritrova a dover affrontare e risolvere un tema complesso anche in un paio di minuti, correndo il rischio di semplificare troppo. Un’altra difficoltà risiede nella scelta di contenuti controversi o di temi sgradevoli o spaventosi, come la pandemia, l’estinzione delle specie animali a rischio, il riscaldamento globale o il genocidio, senza creare troppa distanza con lo spettatore o cadere vittime della censura. L’animazione deve sempre essere un terreno di incontro e i professionisti devono essere liberi e consapevoli, pronti a prendersi la responsabilità di cosa portano sugli schermi.
Rodari e Goldrake
Insomma, poiché è indubitabile che i cartoni animati sono elementi radicati nella nostra cultura, vanno padroneggiati in modo cosciente. Già negli anni Ottanta Gianni Rodari dichiarava in un articolo di schierarsi «dalla parte di Goldrake», e invitava gli spettatori a non focalizzarsi solo sugli aspetti eventualmente negativi dei cartoni, ma a riconoscere e comprendere i contenuti entrati a far parte della vita di milioni di ragazzi, per ampliare l’esperienza dei bambini e perché non restasse circoscritta o isolata. In quei disegni innocenti, colorati, pieni di fascino e mistero spesso si nasconde un significato insondabile, perché il segreto di un prodotto destinato a diventare un classico – anche per l’infanzia – non sta nella riduzione della complessità ma nella stratificazione del senso, che non ne riduce l’accessibilità ma ne democratizza la comprensione.
Una versione più estesa di questo articolo è apparsa su Fabrique du Cinéma n. 43. Abbonati qui per restare sempre aggiornato sulle novità del cinema italiano.