Quello della violenza di genere è un tema importante e finalmente presente nel dibattito pubblico almeno dai tempi del #metoo: il giovane regista Iacopo Zanon ha scelto questo tema per il suo cortometraggio Onolulo (prodotto da Zerosix Productions e Pinup Filmaking, distribuzione Elenfant), candidato finalista ai Fabrique Awards 2020.
Onolulo parla di due giovani donne che in modi diversi sono vittime di violenza di genere.
La scrittura del corto è partita dall’immagine di una ragazza che scappa da una brutta situazione e si infila nella macchina di un’amica per salvarsi. Sono due donne che non navigano nell’oro e che hanno bisogno di lavorare per sopravvivere. Una, interpretata da Michela De Rossi, si guadagna da vivere esibendosi su siti pornografici, l’altra, Carlotta Antonelli, fa la cameriera. Le conosciamo in un momento in cui Carla subisce un’avance esplicita e aggressiva da parte di un cliente sul lavoro, mentre Giulia riceve una proposta da parte di un utente del sito di fare l’amore a pagamento: due universi che si intrecciano e che alla fine si aiuteranno a vicenda.
Perché hai scelto questo tema per il tuo cortometraggio?
Ho iniziato a riflettere su questo problema prima del caso Weinstein (2017). Penso che il genere maschile debba decostruire una mentalità che va avanti da secoli e che è stata edificata su una serie di pregiudizi e di falsi miti. Ora, per fortuna, abbiamo negli Stati Uniti una vicepresidente donna, Kamala Harris, e spero che questo sia un segnale importante per ridurre lo squilibrio di genere. Purtroppo durante la pandemia abbiamo visto come la violenza di genere sia aumentata: è evidente che quello che stiamo vivendo, oltre a farci soffrire tutti umanamente, ha anche portato parecchi uomini a infliggere sofferenze alle loro conviventi.
Nella scena dell’incubo che fa una delle due protagoniste durante la notte in fuga c’è un messaggio importante: vuoi spiegarci meglio il suo valore simbolico?
Qualsiasi tipo di violenza lascia un segno su di noi. Anche un’avance, un corteggiamento aggressivo come appunto nel caso di Carla, causa delle conseguenze psicologiche che possono riemergere nei sogni, o meglio negli incubi. Mi interessa molto questo aspetto perché viviamo in una società nella quale quando si parla di violenza sulle donne si dà particolare importanza ai danni fisici e meno a quelli psicologici, che invece sono altrettanto dolorosi. Nel corto, durante la scena del sogno, mi sono rifatto a un’estetica alla Nightmare di Wes Craven e al film horror di autore, prendendo spunto anche da Stephen King. Mi interessava che l’uomo dell’incubo non fosse troppo connotato fisicamente, perché deve rappresentare tutto il mondo maschile.
Onolulo finisce con un’alba. Che significato ha per la storia?
Quella dell’alba è una citazione di un film di Gianni Amelio a cui sono molto legato, Il ladro di bambini. Ho voluto raccontare come, alla fine di questo viaggio dove le ragazze hanno parlato di loro e si sono capite meglio, si arrivi a un nuovo inizio pieno di nuove possibilità. Nella vita ognuno di noi ha delle opportunità per ricominciare, fare la cosa giusta, risolvere gli errori commessi e ripartire migliore di prima.
Honolulu è la capitale delle Hawaii dove le due protagoniste vorrebbero scappare. C’è un motivo per cui hai scelto questa isola?
L’idea viene da un vecchio film Disney, La spada nella roccia, in cui a un certo punto Merlino fa uno dei suoi incantesimi e parte come un razzo per andare proprio ad Honolulu. Questo luogo è un po’ come se fosse la metafora dell’isola felice, uno spazio immaginario in cui ci sono le palme, fa sempre caldo e c’è il mare, una sorta di terra promessa. Le protagoniste del corto vivono delle situazioni complicate e si trovano talmente schiacciate dalla realtà che credono che l’unico posto dove vivere felici possa essere questo luogo magnifico. Mi ha divertito il fatto che in realtà non sanno nemmeno pronunciare il nome di quest’isola, per loro non è “Honolulu” ma “Onolulo”, una versione storpiata che sta a rappresentare un mondo totalmente immaginario rispetto a ciò che realmente cercano.
Le protagoniste sono due attrici in ascesa, Carlotta Antonelli e Michela De Rossi.
L’incontro con loro è stato bellissimo, Carlotta e Michela sono due ottime professioniste, con tante “note” dentro di loro e una meravigliosa sensibilità. Il loro essere giovani e sotto alcuni punti di vista “fuori fuoco” è proprio quello che cercavo: l’umanità di due donne alla ricerca di loro stesse, non ancora completamente individuate. Le ho conosciute grazie a Gabriella Giannattasio, casting director con cui collaboro da anni. Girare con loro è stato molto divertente e intenso: Carlotta e Michela si sono dedicate con tanto amore a questa storia, interpretandola con unicità e rispetto.
Nuovi progetti in cantiere?
In questo momento sto scrivendo due serie che mi sono state chieste da case di produzione che hanno visto proprio Onolulo. Contemporaneamente continuo a coltivare il mio sogno di andare in sala. Ho davanti a me due fogli, uno per la televisione e l’altro per il cinema. Sono molto curioso di vedere che cosa succederà al grande schermo dopo questa pandemia. Già prima del Covid molto del lavoro si stava spostando sulle grandi piattaforme streaming. Oggi credo che un autore, quando progetta un nuovo lavoro, debba chiedersi: lo scrivo per la TV o per il cinema?
Faccio questa domanda alla fine di tutte le mie interviste: se dopo di me potessi prendere un caffè con una persona per te importante, con chi lo prenderesti?
Sicuramente con Ernest Hemingway. In lui ho sempre visto una sorta di secondo padre, quindi mi piacerebbe chiedergli tante cose, non solo di letteratura, ma anche di caccia e pesca!