La tecnica è un cortometraggio di formazione co-diretto da Clemente de Muro e Davide Mardegan, alias CRIC. Vincitore del Cortinametraggio 2021, il film ha anche concorso al Torino Film Festival 2020 e al Leeds Film Festival.
Protagonista della vicenda è Leo, adolescente insicuro e un po’ goffo, figlio di pastori della campagna toscana. Un giorno conosce Cesare, un turista coetaneo più determinato che insegnerà a Leo “la tecnica” per conquistare la ragazza che ama e lo supporterà nella ricerca della fiducia in sé, aiutandolo a superare l’imbarazzo della prima volta (qui il trailer).
Emozioni e insicurezze intensificate dal paesaggio reale e semplice di Larderello, paesino toscano nella provincia di Pisa. Un’autenticità sottolineata ancor di più da un dialetto evidente, un toscano informale e genuino, e da un cast composto dagli abitanti di Larderello alle prese con una videocamera per la prima volta. Un corto “senza tempo” che racconta la più pura delle vicende senza fronzoli né orpelli, ma con la semplicità e la naturalezza della più bella delle cose: il primo amore.
Clemente De Muro e Davide Mardegan, vi firmate come duo con il nome d’arte CRIC: come è nata la vostra amicizia e collaborazione?
C.d.M Ci siamo conosciuti a 19 anni, una vita fa! Studiavamo lettere e filosofia a Milano e avevamo amicizie comuni in Cattolica. Da lì abbiamo iniziato a collaborare facendo prima foto e poi cominciando a scrivere e girare piccole storie. È bastato poco perché iniziassimo il nostro percorso insieme da registi. Da quel momento siamo una cosa sola: CRIC. È un nome nato per scherzo, un suono pensato all’università che da sempre ci è sembrato divertente, ci piaceva e ci è rimasto addosso.
D.M Io e Clem siamo cresciuti insieme, abbiamo sempre avuto come obiettivo comune quello di produrre qualcosa di narrativo. Quando co-dirigiamo pubblicità ci vengono sempre richiesti prodotti storytelling. Siamo partiti da subito cercando di sfatare il mito dei 30 secondi della pubblicità che dominava questo mondo per arrivare a trattare delle storie più lunghe, delle vicende più articolate. Anche per questo il passaggio dagli spot alla fiction è stato naturale.
Il cortometraggio La tecnica è ambientato a Larderello, un piccolo paese sulle colline toscane abitato da meno di mille persone, cosa vi ha portati lì?
D.M Stavamo facendo dei sopralluoghi per un altro progetto e siamo rimasti talmente affascinati da Larderello che abbiamo subito scelto di ambientare lì la vicenda. È un posto unico, riempito da centrali geotermiche, acque sulfuree e geyser, sperduto nella Toscana più sconosciuta, è una campagna vera che è rimasta ferma nel tempo. Abbiamo girato il corto nell’estate del 2019, è stato un tuffo nel passato: odori, suoni e colori mi hanno ricordato le vacanze della mia infanzia, quei mesi torridi in cui si veniva parcheggiati dai nonni mentre i genitori ancora lavoravano. Il paesaggio inoltre a livello visivo ci è sembrato molto particolare e forte, un verde inesplorato a cui a volte si contrappongono delle ciminiere che sembrano quasi provenire da uno scenario nucleare.
C.d.M L’effetto che volevamo dare era quello di un luogo senza tempo, qualcosa che risultasse come un ricordo non collocabile né in un presente né in un passato ben precisi. Era lo scenario giusto per immortalare la storia di un passaggio, di un cammino verso avvenimenti importanti come il primo bacio o il primo approccio con una donna.
La storia è genuina come i ragazzi che avete scelto per interpretarla: giovani abitanti del paese per la prima volta davanti a una telecamera. In questo caso siete stati voi ad insegnare loro “la tecnica”. Come è stato?
C.d.M La costruzione del cortometraggio è andata avanti un passo alla volta, un po’ come fosse un reportage fotografico. Siamo arrivati nel paese, abbiamo iniziato a conoscere le persone del luogo, ci siamo presentati alla scuola e qui abbiamo avuto modo di conoscere i ragazzi. La scelta degli interpreti è stata amore a prima vista: li abbiamo riconosciuti subito. Con Leonardo è immediatamente nata una grandissima empatia, lui è molto simile al suo personaggio e lo ha subito colto. Nilde ha una personalità fortissima, è nata in una famiglia di artisti e in un contesto molto stimolante, trasmette forza e creatività. Infine Cesare è un cuore d’oro, oltre ad averci aiutato come attore ci ha anche dato una mano a risolvere problemi pratici, a radunare gli amici e a creare un bellissimo gruppo.
D.M. Sono più che orgoglioso della scelta che abbiamo preso, non tornerei mai indietro prendendo attori professionisti o persone che comunque hanno già avuto un primo approccio con un set. Penso che la vera essenza del corto sia proprio nell’insieme dell’essenzialità dei posti e delle personalità scelte, l’hanno reso puro come desideravamo. La cadenza degli interpreti, il loro accento, il fatto che fossero protagonisti del luogo non solo nella vicenda, i loro atteggiamenti radicati nella cultura di quel posto, è tutto questo che ha conferito al corto un’aura diversa.
Per girare avete usato una Kodak 16 mm, che dà alla fotografia un’impronta retrò: questo ha un significato particolare o è una ragione puramente estetica?
D.M. I motivi sono tanti. Non è stata una scelta casuale né presa alla leggera perché richiede un impegno e dei costi diversi. Sicuramente la pellicola ha dato ancora di più il sapore di ricordo estivo che domina l’interno cortometraggio. Inoltre venendo dalla pubblicità avevamo voglia di confrontarci con uno strumento che fosse il mezzo cinematografico per eccellenza.
C.d.M Della pellicola mi è piaciuto il fatto che fosse una protagonista in più tra la macchina da presa, gli attori e le location. Mentre il digitale è immediato, con la pellicola si crea una sorta di tensione e di incertezza emozionanti. È un esercizio che ci ha fatto capire che non abbiamo un hard disk infinito, ma un numero limitato di scene che dobbiamo ben spendere. Ti toglie il vizio di vedere subito ciò che hai fatto, lascia un alone mistero e ti obbliga a un’attenzione e una cura particolari in ogni singola scena. È un metodo un po’ zen di dare tempo al tempo e di accontentarsi di qualcosa che non è per forza preciso o maniacale.
Progetti per il futuro?
C.d.M Stiamo continuando a fare pubblicità e parallelamente stiamo preparando una serie per Netflix che gireremo questo autunno e che uscirà nell’inverno del 2022, una storia di relazioni con una forte componente al femminile, di affermazione e di lotta. Inoltre stiamo sviluppando un’altra serie TV di cui siamo ancora in fase di scrittura, abbiamo girato un trailer e preparato la struttura.
Per concludere vi faccio una domanda che pongo alla fine di tutte le mie interviste: se dopo di me poteste scegliere una persona importante per te con cui prendere un caffè, chi scegliereste?
C.d.M Penso che entrambi vorremmo prenderci un caffè con Michelangelo Antonioni [ride ndr], è il primo nome che mi viene in mente se penso a “persona importante per te”. Si potrebbe fare una bella cena di vino in montagna, o al mare alle Eolie.
D.M. Io forse lo prenderei anche con Ermanno Olmi, in un alpeggio, organizzerei una cena anche con Clem e senza dubbio, Antonioni… Proprio un sogno.