Presentato in anteprima all’ultima Alice nella Città, Il rimbalzo del gatto morto (prodotto da Oki Doki Film e Lampo TV) è una storia che trova il suo posto nel “mezzo”: c’è un prima e c’è un dopo, tra il ricordo di un passato felice e il “lutto” e l’incertezza di un futuro tutto da riscrivere. Antonino Valvo alla regia del corto, sceneggiato da Luca Jankovic, ci ha raccontato di come la storia di Giulia gli abbia parlato da subito per il suo profondo bisogno di sentirsi amata, un bisogno destinato però a rimanere disatteso.
«Volevo da tempo mettermi alla prova. Non ho metodo e forse neanche la voglia di sceneggiare, sono uno molto più visivo, ma mi piace leggere le sceneggiature, analizzarle e cercare di capire cosa funziona e cosa no. L’idea era di mettermi su un progetto non mio e, leggendo questo, ho trovato subito qualcosa che mi parlava e che spero sia arrivato anche agli altri, ovvero il bisogno e il tormento amoroso del personaggio. Sperare che quella persona risponda con un messaggio che invece non arriva», conclude, «è capitato spesso anche a me».
L’idea nasce da Luca Jankovic, amico e collega, che per il titolo prende in prestito una metafora dal mondo della finanza. Il “rimbalzo del gatto morto” infatti è un modo di dire che si riferisce a un crollo finanziario che, prima di piombare giù in picchiata, registra una lieve ripresa, nella flebile speranza di poter ritornare a salire. È ciò che in effetti succede a Giulia che, durante una notte tormentata, ripensa alla sua relazione con Samu conclusa con le riaperture post Covid. Il film mostra come la fine del lockdown può essere stata la fine anche di qualcosa di bello e, se tante persone sono state in grado di tornare alla vita di tutti i giorni, Giulia sembra rimasta bloccata nel tempo e nello spazio – quello del suo appartamento – tra messaggi non inviati e la compagnia di un gatto. «Per lei la quarantena non è ancora finita, perché è rimasta incastrata in quel periodo di felicità», spiega il regista.
In un appartamento con un’estetica decisamente kawaii, tra luci al neon, giochi d’ombra, costumi e scenografia vivaci si riflettono la mente e il cuore di Giulia, interpretata da Claudia Marsicano (Mi chiedo quanto ti mancherò?, Noi) : un personaggio intenso, sicuro quanto fragile. «Una persona che si dispera nella sua camera la immagino in un ambiente buio, molto in controluce. Il tormento del personaggio è molto altalenante, raggiunge picchi di felicità e picchi di depressione, azzarda molto e così anche noi abbiamo deciso di azzardare con l’estetica sotto tutti i punti di vista, per divertirci e fare qualcosa di inconsueto. E per aiutare lo spettatore a capire che, per quanto la messa in scena sia verosimile, non è realistica, suggerendo che si tratta di un luogo della mente, o del cuore».
È però nelle mani di Antonino e grazie alla bravura dell’interprete che Giulia riesce a prendere vita: «Il dialogo con gli attori è qualcosa che sto ancora approfondendo e non smetto di studiare. È fondamentale capire come entrare in contatto con il processo creativo degli attori: il regista deve dare delle direzioni e non dire come fare le cose. Ognuno ha la propria idea sul personaggio, ma questa prima di tutto deve arrivare dal testo. E l’ascolto è prioritario con chiunque sul set. Le due costumiste, per esempio, Cristina Maiorano e Valentina Carcupino, hanno preso parte alla costruzione del personaggio collaborando con Claudia per capire la strada giusta». Riguardo alla protagonista, racconta ancora Valvo: «L’idea di Claudia è nata con lo sceneggiatore, io non la conoscevo. Le abbiamo mandato lo script e lei si è da subito riconosciuta. Claudia è un’attrice fenomenale. Il regista è un timoniere che si deve circondare di persone stimolanti, cercando di mettere in scena tutto ciò che di bello nasce dal confronto».
Una menzione speciale a Il rimbalzo del gatto morto va anche per la scelta di aver mostrato un corpo femminile non conforme e soprattutto non aver relegato il personaggio di Giulia ai ritriti temi dell’insicurezza estetica e della salute. Giulia non è il suo corpo, ribadisce il regista, è un personaggio vivo, complesso, di cui il corpo è solo una componente.
Dopo interminabili messaggi e pensieri labirintici tutto si risolve nel momento finale, quando Giulia, assalita nuovamente dallo sconforto e dalla rabbia, prende il gatto tra le mani, decisa a lasciarlo cadere nel vuoto. La speranza si dice sia l’ultima a morire, anche se a volte è necessario perderla per poterne trovare di nuove. Si dice anche che i gatti abbiano sette vite, per fortuna Giulia ha saputo resistere alla tentazione di scoprirlo.
Il film avrà la sua prossima proiezione al Los Angeles Film Fashion and Art Festival che si terrà tra il 5 e l’ 11 marzo 2023. Intanto Antonino sta già lavorando a tanti altri progetti tra cui un lavoro sull’Amleto dove indaga il rapporto con l’attore tra – ci dice lui – l’onirico e il documentaristico, e un nuovo film dal titolo Ossamare ispirato agli spaccapietre.