Insieme ad altri nove short film Borntwice di Giada Bossi è stato scelto dal Centro Nazionale del Corto per rappresentare l’Italia nel mondo. Estetica narrativa e tecniche di mix media caratterizzano lo stile di questa 27enne che non vuole “essere mai uguale a se stessa”.
Dopo aver studiato Digital Film Making al SAE Institute e Sceneggiatura presso la Civica Scuola di Cinema di Milano Giada Bossi ha iniziato a dirigere reportage, fashion film e videoclip tra i quali Bellissimo di Ghemon, Il tempo non ci basterà di Mecna e HD me di Mulai. Il suo ultimo progetto, Borntwice, è un corto intimista che rende omaggio alla lezione di Akira Kurosawa: un vero artista non distoglie mai lo sguardo dalle cose, siano esse orribili o bellissime.
Nowness, Fendi, Moncler, ma il progetto che hai girato a Londra per Philippe Model Paris, credo sia il video-brand che più ti somiglia.
È bello quando le persone si fidano di te e ti permettono di sperimentare. Si è trattato di un progetto filo-documentaristico in cui non c’era uno script vero, dovevo realizzare il ritratto di un personaggio, la stylist Tati Cotliar, e ho utilizzato varie tecniche di ripresa compresi cellulare e Mini DV. Avere questo tipo di libertà ha reso il lavoro creativo molto diverso, poi Londra ha location e casting fantastici! Ora sto cercando una direzione più pulita, con le inquadrature più studiate, un po’ come quella che ho realizzato per il video-brand Flowe per Alkemy. L’importante è non incastrarsi in uno stile, bisogna essere capaci di adattarsi a quello che devi raccontare. Mi piace sperimentare, rimescolare le cose e non essere mai uguale a me stessa.
Hai diretto molti videoclip della scena musicale attuale, cosa ti ha portato a scegliere questa forma espressiva?
Lavorare ai videoclip è stato il mio primo terreno di sperimentazione, si tratta di uno spazio creativo più aperto, ho potuto mettere in gioco le mie idee e il mio immaginario. Il problema è che in Italia i budget sono ridottissimi. La canzone poi è fondamentale, la stai aiutando a comunicarsi, quindi sei molto vincolato. Il più divertente da girare è stato quello con Mecna, con lui che ballava in un locale per conquistare la sua ragazza. L’ultimo l’ho fatto con Mulai, l’abbiamo realizzato con poco e niente, un video lento, riflessivo. Anche con Ghemon mi sono trovata molto bene, c’è tutta una storia che lo lega a Borntwice: dovevamo fare un videoclip con mio fratello come protagonista ma, il giorno prima di girare, Joshua ha avuto un incidente in bicicletta. Ghemon ha fatto il video con un’altra persona ma siamo rimasti legati e abbiamo recuperato con Bellissimo, Ghemon si è anche cimentato nella recitazione, è stato molto bravo. L’abbiamo girato tutto in un giorno, nonostante ci fossero tantissime scene e cambi location, è stato molto impegnativo.
Se la vita fosse un videogame avremmo tanti cuori, la modalità rinasci, la possibilità di creare un mondo e noi stessi da zero, come in Minecraft, ma Borntwice mostra cosa significhi scontrarsi così giovani con il pericolo della morte e l’impronta che può lasciarti addosso.
È un progetto molto personale, il protagonista del video è mio fratello Joshua, io ho tre fratelli più piccoli, verso i ventuno anni ho iniziato a riprenderli con la GoPro, a documentarli. Dopo l’incidente in bici, Joshua è finito in coma per tre settimane e al suo risveglio non è stato come nei film, è tutto un processo di ricordare, capire, accettare quello che non ti ricordi, muovere una palpebra, un dito. Mi ha colpita molto e da lì è nata l’urgenza di mettere insieme i pezzi, per me ma anche per lui. Ho trovato dei video in cui riprendeva se stesso mentre giocava a Minecraft, e ho scoperto una visione strana, diversa, la vita e la morte percepite da lui, filtrate dai videogiochi dove tutto sembra molto semplice, lineare, puoi ripartire, non ci sono errori irrimediabili. Ci abbiamo lavorato a quattro mani, è stato molto critico ma quando ha guardato la versione finita mi ha detto solo grazie…
Le restrizioni causate dal Covid-19 hanno influito sul tuo lavoro?
C’è stato un ribaltamento a causa delle norme di sicurezza, ho cercato di fare video con il materiale già girato e ho diretto da remoto. Per un momento ho avuto paura che questa sarebbe diventata la norma, fare contenuti “brutti”, arrangiati, che la gente si abituasse a questo standard di comunicazione ma in realtà è tornato quasi tutto come prima. Flowe l’abbiamo girato dopo il lockdown; ci sono dei limiti creativi dovuti al protocollo, ma possono diventare uno stimolo. Ad esempio, se non puoi avere più di due attori a meno di un metro di distanza allora studi scene con un singolo, magari all’aperto, ripieghi in modo creativo su del materiale di stock. Bisogna essere elastici e sapersi adattare.
C’è una storia che vorresti raccontare ma che non ha ancora trovato spazio?
Ho tanti soggetti e sceneggiature, sono tutte cose che bene o male mi riguardano, riesco a scrivere solo di ciò che conosco, partendo da situazioni reali in modo estremamente realistico, quasi mimetico. Come tutti mi hanno suggerito sto cercando di scrivere un corto, ma qualunque cosa scriva diventa un lungo. Tengo a un progetto in particolare e spero di poterlo girare: in una realtà di provincia, una bambina trova sul cellulare della sorella maggiore, suo idolo e modello, un video brutale. Nel tentativo di capire e giustificare la sorella, inizia un percorso che la porta a diventare e riconoscere in sé lo stesso mostro.