Sarà domani in anteprima nazionale per la sala all’Anteo a Milano il documentario che Giorgio Carella ha dedicato agli uomini della Decima Mas, la squadra d’élite della Marina protagonista negli anni del secondo conflitto mondiale di imprese epiche contro le navi alleate e poi, dopo l’8 settembre, di azioni molto controverse sotto l’egida della Repubblica Sociale Italiana.
Prodotto dall’Istituto Luce, Storia degli uomini che volevano bruciare New York e andato in onda su Focus è arrivato in sala proprio grazie all’ottimo riscontro di pubblico ricevuto sul canale.
Giorgio Carella sceglie la forma del documentario classico, con interviste ai sopravvisuti di quella stagione, ormai quasi centenari, intervallati da filmati d’archivio e grafiche che spiegano le complesse operazioni militari di cui il manipolo di militari si rese protagonista. Su tutte, due le più memorabili: l’attacco al porto di Malta, cruciale per il controllo del Mediterraneo, e quello nel porto di Alessandria con la distruzione delle due corazzate inglesi Queen Elizabeth e Valiant.
Sullo schermo questi uomini ormai vecchissimi hanno ancora tutto l’entusiasmo dei vent’anni quando rievocano le vicende che portarono alla progettazione dei cosiddetti “maiali”, minuscoli sottomarini a propulsione elettrica letteralmente cavalcati da sommozzatori che su di essi riuscivano ad arrivare sotto le navi da guerra senza essere intercettati, e piazzarvi le cariche esplosive. Dopo la morte del loro ideatore Teseo Tesei, durante una di quelle azioni spettacolari, fu Junio Valerio Borghese a prendere le redini del battaglione e a guidarlo per il resto del conflitto, quando la Decima Flottiglia Mas perse sue caratteristiche marinaie per diventare uno squadrone eterogeneo impiegato in varie zone del Nord Italia per contrastare l’invasione angloamericana e quella dei partigiani di Tito sul fronte orientale (e qui, i racconti dei reduci si fanno davvero atroci).
Proprio la presenza di Borghese, noto alle cronache come il Principe Nero e protagonista negli anni Sessanta di un fallito golpe contro le istituzioni democratiche, a dare alla Xa Mas la definitiva aura di formazione di estrema destra, autrice di efferatezze ai danni di partigiani e della popolazione. Crimini che sono stati effettivamente documentati dopo l’armistizio, quando i “decumani” si schierarono dalla parte di Salò. Vero è che molti degli intervistati dichiarano nel film che più che la fedeltà al fascismo era per loro in gioco quella alla patria, tanto che dopo la guerra non furono pochi quelli che scelsero strade eccentriche rispetto al percorso fino allora intrapreso: alcuni andranno a pilotare le navi che trasbordavano gli ebrei in fuga verso la Palestina, altri ad addestrare le truppe d’assalto israeliane, altri entreranno nei servizi segreti americani e britannici, altri nel partito comunista italiano e cubano. «Tutto e sempre per continuare a combattere e non perdere la propria identità, quella del guerriero devoto ad un solo dio, quello della battaglia» spiega il regista.
Più che un’equilibrata lezione di storia, Storia degli uomini che volevano bruciare New York vuole essere dunque il ritratto antropologico del guerriero, «in grado di raccontare un tipo di italianità completamente diversa da quella corrispondente a tanti luoghi comuni», continua Carella. A un commilitone che facendo il saluto fascista gli gridò come di consueto «Vinceremo!», si racconta che Borghese rispose con un eloquente «La guerra è perduta. Noi combattiamo per l’onore».
Il titolo del film deriva da quella che sarebbe stata l’impresa e più incredibile e probabilmente impossibile della flottiglia: un attacco a New York condotto con due mini-sommergibili. Uno di essi avrebbe condotto due sabotatori fino allo sbarco sulle rive dell’Hudson nel West Side: i militari, spogliatisi delle mute, si sarebbero confusi alla folla e sarebbero giunti fino all’Empire State Building per farlo saltare in aria, mentre una seconda esplosione avrebbe messo a ferro e fuoco il lato sud di Manhattan. I piani per l’azione, prevista per il dicembre del 1943, furono comunque abortiti con l’8 settembre.