Da idolo degli adolescenti ad attore pronto a mettersi in gioco, Saul Nanni è sempre alla ricerca di nuove sfide. Del resto, ogni rischio è anche un’occasione.
Raggiunto il successo come idolo dei teenagers grazie a una fortunata serie Disney, Saul Nanni ha smesso da poco i panni dell’adolescente canterino, prediligendo ruoli sempre più drammatici: dal ragazzo paraplegico del film televisivo Il fulgore di Dony fino al giovane omosessuale e tossicomane della serie Made in Italy, Saul non ha infatti mai rinunciato alle sfide, cercando storie e personaggi che gli permettessero di mettersi in gioco. E se la strada ormai sembra essere in discesa, all’inizio la carriera di attore non era di certo tra i suoi programmi: «Il cinema è sempre stato una passione in comune con mio padre, ma quando ero bambino non ho mai pensato che potesse diventare una professione. Tutto è iniziato per caso quando, a tredici anni, mi sono presentato sul set di una pubblicità, con l’intento di vedere Kakà, che ne era il protagonista: io sono milanista ed era un mio grande sogno poterlo incontrare! Arrivato lì, ho scoperto che erano ancora in corso i casting e che naturalmente Kakà non sarebbe stato presente. Ho comunque deciso di fare un provino e tutto ha avuto inizio».
Poco dopo, ti sei trovato sul set del tuo primo film.
Ho esordito sul grande schermo con Un boss in salotto di Luca Miniero. È stata un’esperienza molto significativa: avevo appena tredici anni e non ero mai stato su un set con un ruolo così importante. Nonostante i miei timori, fin da subito mi sono trovato benissimo: Rocco Papaleo è stato come uno zio, mentre Paola Cortellesi è stata di una dolcezza incredibile, per non parlare di Luca Argentero. Mi ritengo molto fortunato, non avrei potuto chiedere un esordio migliore.
Il vero successo è arrivato l’anno successivo, grazie ad Alex & Co.
Un successo totalmente inaspettato, aggiungerei! Immaginavo che potesse andare bene, ma non mi aspettavo un riscontro del genere. Da un mese all’altro la mia vita è del tutto cambiata: è stato come se improvvisamente mi fossi trovato in un mondo che non era il mio, a cui solo poco alla volta sono riuscito ad abituarmi. Non riesco a spiegare di preciso cosa abbia funzionato in questa serie, ma penso che gli spettatori si siano ritrovati in ciò che raccontavamo e questo mi ha fatto molto piacere.
Conclusa l’avventura con la Disney, è stato il momento di cimentarsi in una produzione firmata da Pupi Avati, ovvero Il fulgore di Dony.
Il confronto con Pupi Avati è stato un momento fondamentale per la mia crescita non solo artistica. Pupi è un regista che parla con gli occhi, che crea una forte intimità con gli attori. In lui ho trovato una persona capace di starmi vicino e di guidarmi solo attraverso lo sguardo: è stata un’esperienza indimenticabile. Anche il personaggio che ho interpretato ha rappresentato una delle mie prime grandi sfide: ho interpretato un ragazzo paraplegico. Insieme a Pupi, ho studiato il ruolo e ho conosciuto ragazzi con patologie simili. Grazie a questa esperienza, ho capito di sentirmi più portato per i ruoli drammatici.
Un altro ruolo drammatico è infatti quello che proponi in Made in Italy.
In questa serie interpreto un ragazzo tossicodipendente e omosessuale nella Milano degli anni Settanta. Prepararsi non è stato facile: ho visto tanti film, e in particolare Requiem for a Dream, perché trovo nel mio personaggio la bontà e il malessere che caratterizzano anche la figura incarnata da Jared Leto. Naturalmente, un aiuto fondamentale mi è stato dato dai due registi Ago Panini e Luca Lucini, che hanno trovato un’ottima alchimia tra loro e l’hanno restituita anche con gli attori.
Tra i diversi set e progetti, c’è un momento che più di altri porti nel cuore?
Credo che l’aneddoto che racconto con più piacere sia il mio primo incontro con Pupi Avati. Leggendo su internet, mia nonna aveva scoperto che Pupi era alla ricerca di un ragazzo con i tratti californiani, di origine possibilmente emiliana. Io allora mi ero impuntato di voler fare almeno un provino, anche solo per poter incontrare un maestro come lui. Ho provato a contattarlo senza successo e allora ho deciso di presentarmi a casa sua, grazie alla complicità di suo fratello Antonio. Quando Pupi mi ha aperto la porta, ha esclamato: «L’ultima persona che si è presentata a casa mia per proporsi per un ruolo è stato Stefano Accorsi!». A quel punto ho pensato di aver esagerato, ma poi le cose sono andate per il meglio.
Cosa si prospetta nel tuo futuro?
Il mondo dello spettacolo è molto veloce e non sai mai dove ti porta, quindi non credo di poter azzardare delle previsioni: mi piacerebbe cimentarmi nel campo della regia, ma senza alcuna fretta. Ora continuo a recitare, mentre proseguo gli studi all’università. È uscito da qualche mese in sala Mio fratello riconcorre i dinosauri, un bel progetto in cui ho un piccolo ruolo. Da poco, invece, è stato trasmesso su RAI 1 I ragazzi dello Zecchino d’Oro, un film televisivo con Matilde de Angelis. In un prossimo futuro sbarcherò su una piattaforma streaming, mentre al momento sto girando un film intitolato Scooter, la storia di due ragazzi che dopo la maturità decidono di andare in Francia alla ricerca di una ragazza. Se invece parliamo di sogni, mi piacerebbe interpretare un antagonista, un vero cattivo.
E agli aspiranti attori che vorrebbero seguire la tua strada, che cosa consiglieresti?
Sono troppo giovane per dare consigli, mi sento semplicemente di dire: osservate tanto e imparate da tutto ciò che vi circonda.
creative producer TOMMASO AGNESE
fotografa ROBERTA KRASNIG
stylist STEFANIA SCIORTINO
assistenti fotografa JACOPO GENTILINI / LUCREZIA CINELLI
trucco ILARIA DI LAURO @ IDLMAKEUP
capelli ADRIANO COCCIARELLI@HARUMI
brand TOTAL LOOK FRAME
special thanks ISTITUTO LUCE – CINECITTTÀ SRL