Entusiasmo, umiltà e tanta voglia di mettersi in gioco. L’attore veronese si racconta, dagli esordi nel mondo della moda ai primi passi sui set cinematografici.
Matteo nasce 32 anni fa nella città di Romeo e Giulietta e oggi è uno dei talenti emergenti del cinema italiano. Nel mezzo, naturalmente, non sono mancati i colpi di scena. Per primo, il debutto davanti agli obiettivi delle più prestigiose case di moda. Ma, più che la passerella, Matteo sogna da sempre il palcoscenico, che calca per la prima volta con l’opera teatrale Un angelo è sceso a Babilonia, per la regia di Fernanda Calati.
«Sin da piccolo organizzavo messe in scena con i miei amici, e col tempo quello che era un gioco si è trasformato in un’esigenza espressiva. A 26 anni ho deciso di mettere da parte la carriera da modello per trasferirmi a Milano a studiare recitazione presso una scuola teatrale. Il corso durava in tutto quattro anni ma, terminati i primi tre, non ho accettato la borsa di studio e mi sono spostato a Roma».
Il primo set arriva nel 2014 con la webserie Under, di Ivan Silvestrini: «È stata la protagonista femminile, Valentina Bellè, a suggerire il mio nome a Ivan per il casting. Gliene sono grato perché ho lavorato benissimo con lui, in grande sintonia. Il bello della webserie è la coesione che si crea a livello di gruppo. Inoltre, il web offre grande autonomia registica e la possibilità di assecondare la propria fantasia. Prendere parte da attore a un progetto di questo tipo comporta sicuramente una responsabilità artistica, ma è un’esperienza estremamente positiva».
Dopo il web, è il momento delle fiction e, finalmente, del cinema. In televisione Matteo ha recitato accanto a Miriam Leone in Non uccidere e con Luisa Ranieri in Luisa Spagnoli, nel ruolo di Giovanni Buitoni. Sul grande schermo, lo abbiamo visto nella commedia “esistenziale” La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi e lo vedremo nel provocatorio film indipendente 2night, ancora per la regia di Silvestrini. «Ho partecipato a progetti molto interessanti e diversi fra loro. Dove non c’erano fondi, c’erano passione, spirito di comunità e voglia di fare. Lavorando con grandi professionisti come Valerio Mastandrea, ho scoperto persone fantastiche, sempre disponibili a darmi consigli. Giovanni Buitoni è stato probabilmente la figura più complessa che ho affrontato. Aveva un carattere molto lontano dal mio, ma mi son ritrovato nella sua intraprendenza e determinazione, spesso scambiate per arroganza».
Esperienze poliedriche ed eterogenee, in ogni campo artistico: «Il web, la TV e il cinema sono affini tra loro sotto numerosi aspetti. Quello della moda è un mondo a sé. La fotografia, per definizione, è statica. Negli scatti c’è un finto movimento che il fotografo riesce a catturare e che il pubblico percepisce come dinamico. Sul set, tutt’altro discorso: bisogna ricercare una propria fisicità per il lavoro sul personaggio. Io sono arrivato davanti alle telecamere con una preparazione teatrale e la relazione con lo spettatore cambia profondamente, tra cinema e teatro. Tuttavia, grazie al lavoro come modello, ho superato subito lo scoglio dello “shock da obiettivo”».
Quali progetti ti aspettano? «Spero di continuare con la settima arte. Non ho un genere preferito o di riferimento. Adoro il cinema di Charlie Chaplin e di Ettore Scola, ma sono tanti i registi che hanno saputo colpirmi raccontando storie eccezionali. Se dovessi indicare il ruolo dei miei sogni, direi Tony Montana in Scarface: Al Pacinosi è calato nei panni del personaggio per ben otto mesi della sua vita! Il cinema, inoltre, offre un a
pproccio profondo al lavoro dell’attore e allo stesso tempo più rischioso, rispetto, ad esempio, alla televisione, fatta di tempistiche serrate. Ma è proprio rischiando che, spesso, si ottengono le cose migliori».
Credi che esista un futuro, in Italia, per le nuove promesse come te? «Il nostro paese ha rappresentato il cinema per tanti anni e spero che potremo avere la nostra rivincita, in quel ruolo. In questo momento in Italia c’è un’interessante ripresa; è un buon momento per i giovani talenti e non c’è bisogno di scappare. Uno degli aspetti migliori del lavoro nella moda è che mi ha offerto la possibilità di girare il mondo. Proprio perché ho viaggiato molto mi son fatto l’idea che andare all’estero debba essere una scelta dettata dalla ricerca e dalla voglia di sfide, non dalla mancanza di alternative. Ciascuno è il motore della propria vita; restare o meno dipende dalle proprie aspirazioni».