Con una serie Netflix alle spalle, Carlotta è finalmente pronta per il grande schermo. Impaurita? Certo, ma ormai ha scoperto un trucco: basta solo lasciarsi andare.
Due stagioni della fiction Solo, altrettante della produzione Netflix Suburra, una svolta leggera con Immaturi e una sfida importante, quella combattuta sul grande schermo, grazie all’imminente Bangla: in appena quattro anni, Carlotta Antonelli si è dimostrata un’attrice caparbia e versatile, capace di incarnare figure femminili tra loro diversissime. Se per il format Mediaset è stata una ragazza oppressa da una famiglia di malavitosi calabresi, per il colosso dello streaming ha incarnato una sensuale gitana romana, preparandosi poi a diventare una travolgente anticonformista nel prossimo lungometraggio targato TimVision. Nonostante una carriera in ascesa, la giovane promessa non sembrava però destinata a esser parte di questo mondo: «La mia carriera nella televisione e nel cinema è nata per caso e inizialmente non ero davvero sicura che fosse la strada giusta per me. Oggi è tutto diverso, sono passati quattro anni e mi sono resa conto che non vorrei fare nient’altro nella vita. Non saprei dire cosa mi abbia fatto innamorare di questo mestiere, so solo è che è successo.»
[questionIcon] Un’attrice per caso che è diventata un’attrice per passione, quindi…
[answerIcon] Esatto! Quando mi sono resa conto che la recitazione sarebbe stata il mio futuro, ho deciso anche di studiare: la passione è importantissima, ma per quanto mi riguarda non credo fosse sufficiente. Ho cominciato ad affidarmi a una coach che mi aiutasse a esprimere il meglio di me. Sono convinta che ognuno di noi debba trovare l’ispirazione in se stesso, anche per riuscire a trasmettere qualcosa di diverso e di personale. La difficoltà nel fare l’attrice sta proprio in questo, tirare fuori qualche cosa di unico e soprattutto di autentico.
[questionIcon] Hai esordito in Solo, una grossa produzione Mediaset. Come è stata la tua prima esperienza sul set?
[answerIcon] Quando mi hanno comunicato che avrei interpretato Agata non ero esattamente felice, anzi… Ero terrorizzata! Più ci pensavo, più avevo paura e non volevo farlo. Quando sono arrivata sul set, mi sono tranquillizzata e la preoccupazione si è trasformata in felicità. Ero la più piccola e mi sono subito resa conto di poter far affidamento sulla troupe e su tutti i miei colleghi, che mi hanno rassicurata nei momenti di difficoltà. Solo è un’esperienza che porto ancora oggi nel cuore, proprio perché da lì è iniziato tutto.
[questionIcon] Il personaggio di Agata in Solo e quello di Angelica in Suburra, serie a cui hai preso parte poco dopo, sono due figure a tratti simili. Come ti sei preparata a interpretare questi personaggi?
[answerIcon] Agata e Angelica sono entrambe ragazze che fanno parte della criminalità, ma hanno atteggiamenti opposti a riguardo. Agata vuole fuggire della malavita e soprattutto dalle restrizioni che i suoi genitori impongono. Al contrario, Angelica è un personaggio che vuole conquistare il potere. Tra le due, ho trovato più difficoltà a interpretare la seconda: se con Agata mi sono affidata totalmente al regista, con Angelica ho fatto una preparazione emotiva e fisica non sempre facile, lavorando sulla teatralità dei gesti ma anche sul confronto con gli altri personaggi.
[questionIcon] Suburra è stata la prima serie Netflix prodotta in Italia ed è stata distribuita in circa 190 paesi. Come è stato essere parte di una realtà così internazionale?
[answerIcon] Terrificante! Io ho fatto otto provini, ma quando mi hanno detto di aver ottenuto la parte, ero di nuovo terrorizzata all’idea! La troupe di Netflix è poi completamente diversa dalle altre, perché è formata da tantissime persone e a volte mi sono sentita piccola tra tutte loro. Passata la paura iniziale, il set si è però rivelato ancora più magico, perché ero realmente parte di qualcosa di davvero grande e importante. Certo, l’insicurezza non è mai scomparsa del tutto, quando credevo di sbagliare qualcosa mi affliggevo per giorni, ma questa esperienza mi ha insegnato a fidarmi di chi ho intorno e a non preoccuparmi troppo.
[questionIcon] E ora arriviamo invece al grande salto: Bangla, il tuo primo lungometraggio. Cosa puoi dirci del personaggio che interpreterai?
[answerIcon] Io interpreto Asia, una ragazza di circa 19 anni totalmente anticonvenzionale, senza regole, anarchica, che ama la vita e non ha paura di nulla. Il film racconta la sua storia d’amore con Phaim, che invece proviene da una famiglia mussulmana molto tradizionalista e che quindi non ha nulla in comune con il mio personaggio. Personalmente, mi sono innamorata immediatamente di Asia e di questo progetto, è una storia importante di cui in questo momento abbiamo assolutamente bisogno.
[questionIcon] Phaim Bhuiyan, il regista e protagonista del film, ha appena 22 anni. Come è stato rapportarsi con un ragazzo così giovane?
[answerIcon] Inizialmente ho avuto paura perché, essendo un regista e un attore alle prime armi, non sapevo realmente cosa aspettarmi. Quando l’ho guardato per la prima volta negli occhi, mi sono tuttavia resa conto che le mie preoccupazioni erano totalmente infondate: già dal primo provino si è creato un rapporto paritario e naturale tra noi due, che ci ha permesso di aiutarci a vicenda sul set, anche se lui ha sempre avuto perfettamente chiaro cosa aspettarsi dal film.
[questionIcon] La tua strada sembra tutta in discesa, cosa consiglieresti a un giovane attore che vuole seguire le tue orme?
[answerIcon] L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di imparare a lasciarsi andare. La determinazione è importante, ma per fare questo mestiere ci si deve veramente abbandonare, imparando a spogliarsi delle proprie paure e preoccupazioni. Tutti tendono spesso a guardarsi eccessivamente, forse anche nella convinzione che sia l’apparenza a contare davvero. Al contrario, credo che la bellezza sia solo relativamente importante, la recitazione è ben altro, è qualcosa che nasce da dentro e che deve appunto essere liberata.