VAGA, l’amore tossico e la musica che salva

VAGA
"Dog" è l'ultimo fumetto di VAGA, pieno di rimandi alla musica e al cinema.

Con Dog, il suo ultimo fumetto, ha scelto di raccontare la storia di una relazione tossica, fatta di violenza ma anche di straordinaria poesia nei rapporti fra i personaggi, nelle ambientazioni e nelle scelte grafiche. Valentina Galluccio, in arte VAGA, ha studiato danza per anni. Poi ha ripreso in mano matite e colori.

Come è nata l’idea narrativa per Dog (pubblicato da Edizioni BD) e come hai sviluppato il libro dal punto di vista grafico?

All’inizio avevo immaginato Dog come un cortometraggio animato: ho girato anche alcune scene a Napoli con due ballerine, poi avrei ricalcato i loro movimenti utilizzando la tecnica del rotoscoping. Ma, mentre disegnavo i primi frame, mi sono resa conto che l’animazione non era il mezzo adatto per raccontare la mia idea, che la via giusta era il fumetto. Dog è una storia autobiografica e sintetizzare circa sei anni di relazione in 135 pagine non è stato semplice. In principio cercavo di omettere alcuni particolari, forse perché mi sembravano troppo crudi. Mi faceva male ricordare molte cose, ho cercato anche di eliminare alcune scene per proteggermi dal fatto che qualcuno avrebbe saputo quelli che fino a quel momento erano i miei segreti.  Alla fine mi sono lasciata andare, ho riscritto la maggior parte dei dialoghi in una notte, senza pensare troppo a quale avrebbe potuto essere il riscontro dei lettori. Ed è stato liberatorio.

Nel fumetto sono presenti molti rimandi alla musica: penso per esempio alla bellissima sequenza della metropolitana accompagnata dai versi di Caños dei Verdena. Che rapporto hai con la musica e quanto ha influito sulla composizione del libro?

La musica è fondamentale per la mia sopravvivenza, mi “serve” per lavorare ma anche per stare in questa città senza impazzire. Prima Napoli era piena di locali in cui si poteva ascoltare musica live e le mie serate si svolgevano principalmente in questi posti. A quanto pare oggi la musica live non è più così interessante, molti locali hanno chiuso, quindi non mi resta che spendere tutti i miei soldi per comprare biglietti di concerti. Mentre disegnavo le tavole ho rispolverato gli album che ascoltavo durante gli anni in cui si sono svolti i fatti: Verdena, Subsonica, CCCP, Prozac+, Placebo, Crystal Castles, Nirvana (Dog ha la giacca di Kurt Cobain), TARM, Korn, Prodigy e tanta altra roba. È stato un processo naturale e credo mi abbia aiutata a recuperare parti di storia che avevo rimosso, un “amarcord” abbastanza violento che però è stato necessario per ritrovare le sensazioni che provavo mentre vivevo quei momenti.  Oltre la musica, mi piace molto il cinema e spesso dopo un bel film mi viene voglia di disegnare. Quando ho disegnato Dog ho rivisto L’odio (mio film preferito di sempre e per sempre), tipo per la quarantesima volta, e credo che questo abbia influenzato non poco il modo lo stile narrativo e grafico del fumetto.

VAGA DogSempre a proposito di musica, ricordo di aver conosciuto il tuo lavoro qualche anno fa grazie al video animato di L’unica oltre l’amore di Giovanni Truppi. Come è stato lavorare a quel progetto e, più in generale, cosa rappresenta per te l’animazione nel tuo percorso espressivo?

Lavorare al videoclip di Giovanni Truppi è stato bello ma anche molto faticoso. Sono fan di Truppi da sempre e quando mi ha chiesto di realizzare il video per me è stata un’emozione fortissima. È stato girato quasi interamente in piano sequenza e, successivamente, lavorato frame per frame in rotoscoping: L’unica oltre l’amore è composto da oltre 5000 tavole. Il difficile è stato non diventare matta, considerando che oltre gli storyboard, il girato e i disegni, avrei poi dovuto montare tutte le scene, rispettando i tempi di consegna che mi erano stati dati dalla Universal. Comunque l’animazione è uno dei media in cui mi sento più libera di sperimentare. Mi piace anche il fatto che mi ricorda la danza, o almeno io ho utilizzato spesso i movimenti del mio corpo per realizzare corti e videoclip.  Cambio spesso tecnica, passando appunto dal ricalco all’animazione classica e alla motion graphic con After Effects, onestamente anche in maniera molto “ignorante” visto che non ho mai studiato animazione. E quando disegno su carta, immagino i movimenti dei personaggi come se fossero animazioni o movimenti di danza contemporanea.

Ci sono state particolari letture, film o opere d’arte più in generale che ti hanno avvicinato al mestiere dell’illustrazione e del fumetto? Hai scritto che per un periodo, studiando danza, ti eri allontanata dal disegno.

Da piccola sognavo di fare fumetti, disegnavo moltissimo, a casa, in classe, in spogliatoio prima delle lezioni, a teatro prima di andare in scena. Da ragazzina, per via del mio pessimo rapporto con la scuola, spesso trascorrevo le mattinate a guardare MTV. In quegli anni girava il video dei TARM Occhi bassi: ricordo che il modo in cui erano fatti i disegni, le animazioni e i colori, mi faceva venire voglia di disegnare, come i videoclip dei Linkin Park Breaking the Habit e dei Subsonica Vita d’altri. Poi c’erano gli anime – Death Note, Ranma 1/2, Neo Genesis Evangelion, Paradise Kiss e Nana – che adoravo e ricordo di aver consumato il dvd di Ghost in the Shell insieme a mio fratello.  Mi piaceva immaginarmi disegnatrice, ma la danza ha iniziato ad assorbire sempre di più le mie energie, specialmente quando la prospettiva di lavorare in quel mondo si faceva via via più realistica. Danzavo più di dieci ore al giorno e in quel periodo disegnavo rarissimamente. Mi sono riavvicinata al disegno grazie alla Scuola Italiana di Comix, dove ho studiato illustrazione per tre anni: mi sono iscritta dopo un lungo periodo non semplice. Avevo subito un infortunio grave e i medici mi avevano detto che non avrei più potuto danzare come professionista. Da un lato è stato un sollievo, quel mondo iniziava a starmi stretto, forse non era la professione giusta per me, anche se mi manca molto e avrei voluto continuare senza l’ansia di farlo diventare il mio mestiere a qualunque costo. D’altra parte, invece, vedere anni di sacrifici sfumare in un secondo è stato tosto. Fortunatamente avevo la passione del disegno, in quel momento mi sembrava l’unica via d’uscita.

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