Con la graphic novel Prima di tutto tocca nascere (Feltrinelli Comics), una storia complessa di crescita e consapevolezza, la trentenne romana Michela Rossi – in arte Sonno – ha già alle spalle un percorso nell’illustrazione e nella grafica e un imprinting nel mondo del fumetto segnato dall’autoproduzione. Ma, come ci ha raccontato, sta continuando a studiare nuove tecniche e nuovi metodi di narrazione e disegno.
Partiamo dall’ultima tappa: hai da poco pubblicato un fumetto lungo, Prima di tutto tocca nascere. Com’è nata la storia e in che modo hai gestito tutto il percorso per realizzarla?
La storia è nata abbastanza all’improvviso. Sentivo il bisogno e la voglia di scrivere un libro tutto mio da tempo, ma non mi sono mai sentita in grado: avendo sempre lavorato su storie brevi ero convinta di saper fare solo quelle. Conscia del fatto che avevo bisogno di una mano per scrivere un libro mi sono messa per prima cosa a fare delle ricerche nel web. A quel punto ho trovato numerosi siti che spiegano come creare lo scheletro di una storia. Così, quasi per gioco, ho iniziato a scrivere pensando di strutturare tutto con una solida griglia, il famoso “inizio – parte centrale – fine” che ci insegnano alle elementari per scrivere bene i temi. Per quanto riguarda la realizzazione non ti so dire come mai, ma ho gestito tutto con molta calma e lucidità. Proprio nel periodo in cui ho ricevuto l’ok da parte di Feltrinelli per Prima di tutto tocca nascere ho iniziato un corso di illustrazione (per questo libro ho utilizzato l’iPad, ma amo tutte le tecniche), nel frattempo lavoravo come grafica e nelle ore che mi rimanevano ho disegnato Prima di tutto tocca nascere. Sapevo che sarebbero stati mesi duri, ma sapevo anche che avrei lavorato al mio più grande sogno, cioè un fumetto tutto mio.
Nel tuo lavoro, come hai detto, ci sono anche esperienze nel campo della grafica e della pubblicità che, immagino, richiedano scadenze e tempistiche a volte molto strette. Quanto hanno influito nella gestione di un fumetto e nei rapporti con l’editore?
Il passato e le esperienze influenzano sempre lavori personali come quello di disegnare fumetti. Nel mio caso il lavoro come grafica mi ha insegnato a tenere conto e rispettare, per quanto umanamente possibile, le scadenze. E se non è possibile rispettarle, cercare un dialogo con chi ti affida un lavoro e trovare una soluzione o un’alternativa. Sempre come grafica ho imparato quanto è importate saper lavorare in gruppo. Quindi avere pazienza, cercare di capire gli altri e essere assertivi piuttosto che aggressivi. Anche se un fumetto può sembrare il lavoro di una sola persona, in realtà è importante capire che per fare un libro ci vogliono tantissime persone, dall’editor a chi corregge le bozze fino alla grafica. In pratica occorre tenere conto che, anche se il libro che stai facendo è un ottimo prodotto, non sei solo e fare l’“artistoide” di turno è sempre controproducente.
Ti chiedevo dei rapporti con l’editore perché in passato hai spesso preso parte a progetti nel mondo dell’autoproduzione. Quanto resta di queste esperienze nella Sonno di oggi?
Io sono enormemente grata e fiera di aver avuto, come primo approccio nel mondo dei fumetti, quello dell’autoproduzione. La prima cosa che è ho vissuto è quella gigantesca e violenta onda creativa che ti trascina, ti culla, ti spinge e ti vuole bene che è il mondo dei festival di autoproduzione come il Crack! Fumetti dirompenti. Credo che questo tipo di “imprinting” abbia influenzato moltissimo il mio modo di vedere i fumetti come mezzo per comunicare ed esprimersi in libertà.
Tornando a Prima di tutto tocca nascere, la vicenda che racconti ha risvolti anche amari, episodi di fallimento o di cupa rassegnazione nelle vite di alcuni personaggi. Però emerge in sottotraccia una vena positiva, un certo ottimismo. È così?
Certo, è esatto. Ho scelto di scrivere questo fumetto proprio perché ci tenevo a parlare di qualcosa di duro ma con un finale di speranza e ottimismo. Ovviamente non quel tipo di ottimismo superficiale fatto di immagini carine e di gattini (con tutto il rispetto per le immagini con i gattini).
Nel 2016 sei stata inclusa nel progetto La rabbia (Einaudi Stile Libero) assieme a Zerocalcare, Ratigher, Hurricane e altre voci importanti del fumetto contemporaneo. Nella tua storia, Ballate in ritardo, si intuiva già la volontà di prendere episodi apparentemente minori, anche intimi, per farne il motore di una vicenda più ampia, anche generazionale. È un elemento, questo, che credo torni anche nel tuo ultimo fumetto. Puoi ritenerlo una tua cifra stilistica?
Certo. Anzi, sono molto felice che l’hai notato. Mi diverte tantissimo prendere situazioni o eventi di “poco conto” e trasformarli in una metafora il più possibile profonda e contemporanea. Questo è uno dei motivi per cui adoro scrivere, mi piace tantissimo, per me è quasi un gioco scrivere in questo modo.
Veniamo alla tecnica. In molte tavole di storie precedenti hai alternato pagine scarne con rapidi segni al tratto ad altre in cui testi e immagini riempiono completamente lo spazio. Ora invece ti sei aperta a chiaroscuri, sfumature e molte campiture di un nero profondo. Com’è cambiato il tuo stile in questi anni?
Il mio stile è cambiato e suppongo continuerà a cambiare, mantenendo però sempre la stessa anima. Sono passata dal pennino ai chiaroscuri per poter approfondire il mio stile ed evolvere. Ci tengo a dire che il mio intento è tenere viva la mia creatività e il mio modo di disegnare (che ovviamente può piacere o no), ma che è altrettanto importante apprendere più tecniche possibili per potermi sempre esprimere come meglio credo. A volte una storia richiede un chiaroscuro morbido, altre volte invece un tratto più duro a penna.
Per il progetto Art Stop Monti nella metropolitana di Roma hai realizzato delle vignette/manifesto in cui omini minuscoli e nudi urlano in enormi balloon la frase “Questa libertà ha un problema di qualità”. È una riflessione anche sul duro periodo a cui la pandemia ci ha costretto?
In Back to basics – il titolo del manifesto realizzato per Art Stop Monti – ho voluto parlare del vuoto. Il vuoto attraverso il distanziamento sociale, negli uffici, nelle scuole e nei parchi deserti a causa della pandemia. Un vuoto fisico che ha fatto emergere una domanda, forse un dubbio nascosto sotto al tappeto del nostro inconscio. Il vuoto, quello vero, nasce da tutto ciò che non hai mai realizzato, dai tuoi talenti che non hai mai ascoltato e dai tuoi pensieri che non sono diventati mai azione. La libertà è sinonimo di possibilità? Se è così, allora questa libertà ha un problema di qualità.
Infine una domanda sul tuo futuro. Dopo il tuo ultimo fumetto di cui sei autrice unica, quali strade stai percorrendo?
Mi piacerebbe cominciare un nuovo libro, in generale il mio sogno è di continuare a fare la fumettista. È un mestiere molto difficile, serve tanta costanza e voglia di fare, ma detto ciò, io sono sicuramente decisa e convinta di voler intraprendere questa strada. Ma non diciamolo ad alta voce che porta sfiga! [ride, ndr]