Il disegno è donna ed è a km 0. Chiedete conferma a Le Vanvere, collettivo toscano al femminile che ha deciso di condividere talento, progetti e riunioni a base di Moscow Mule.
Le Vanvere sono Camilla Garofano, Giulia Quagli, Lisa Gelli e Celina Elmi. Quattro stili diversi racchiusi in una manciata di km (anche se Lisa Gelli vive a Macerata da cinque anni). I famosi km 0, che rappresentano quasi un manifesto dell’attività de Le Vanvere, come ammettono loro stesse. «Amiamo la Toscana, per noi è un bel punto da dove partire e dove poter tornare, un luogo che ci fornisce spunti e opportunità. La nostra missione è quella di far conoscere al pubblico gli eventi che ci sono e gli artisti che lo abitano, cercando di valorizzarli e di intrecciare collaborazioni con loro».
Parlare a vanvera, nell’accezione comune, ha una connotazione negativa. Perché farne il nome con cui identificare un collettivo artistico? «Discutiamo molto, su tutto, e il nome è stato il primo oggetto di riflessione collettiva» ci spiegano. «Volevamo un nome leggero, dichiaratamente toscano, che non si prendesse troppo sul serio e rimandasse alla casualità della nascita del gruppo. Volevamo che fosse un nome divertente, che valorizzasse le nostre diversità». Riflettendo sull’origine del gruppo, Le Vanvere sottolineano spesso come la causalità sia alla base del loro incontro. A vederlo dall’esterno, un collettivo tutto al femminile farebbe pensare a una precisa scelta ideologica, ma a quanto pare non è affatto così. «Ci siamo incontrate per caso e per caso eravamo quattro donne. Gli illustratori sono individui schivi e introversi, si guardano da lontano, si “annusano”, ma non sempre si incontrano. Per una strana congiunzione astrale, abbiamo deciso di cercare dei nostri simili in zona e, grazie a una libreria di fiducia e a una mostra di illustratori toscani organizzata da Camilla, sono partite le prime email, i primi incontri e i primi tentativi di fare qualcosa di bello insieme. La cosa inaspettata è che ci siamo trovate subito bene e siamo diventate più di un gruppo di lavoro, quasi una famiglia, a tratti un gruppo di sostegno. Le collaborazioni tra donne sono pericolose, lo sappiamo bene, ma il fato ha voluto che fossimo quattro donne che si rimboccano le maniche, che si dicono le cose in faccia e che lavorano tutte per un obiettivo comune; quindi abbiamo incrociato le dita e c’è andata bene».
Curiosando tra le immagini postate sul sito ufficiale o osservando le illustrazioni realizzate da Camilla, Celina, Lisa e Giulia, anche all’occhio di un non addetto ai lavori appaiono visibili le differenze stilistiche, di tratto, la varietà nella riproduzione della figura umana. Questo, per Le Vanvere, è un falso problema. «Riusciamo a conciliare i nostri quattro stili… non cercando di farlo! Ci piace sottolineare le diversità con progetti a tema comune o partecipando a concorsi tutte insieme. Crediamo che essere diverse sia un valore aggiunto al nostro lavoro di individui. In realtà ci influenziamo inevitabilmente, siamo contaminate l’una dall’altra, ma manteniamo sempre la nostra personalità». Quando vengono interrogate sui loro modelli di riferimento, le ragazze si scatenano snocciolando nomi su nomi. «Ognuna di noi ha dei miti, dei maestri e un vero e proprio pantheon di illustratori preferiti da seguire. Al momento i preferiti di Camilla sono Leonardo Mattioli, Shout, Rita Petruccioli e Ale Giorgini. Lisa guarda ai Maestri Alessandro Sanna, Pablo Auladell e agli illustratori emergenti Marco Somà, Arianna Vairo, Bill Noir, Catarina Sobral; per Celina sono importanti Maurizio Quarello, Ana Juan e Stefano Bessoni, mentre i modelli di Giulia sono Sergio Toppi e Claire Wendling».
Mentre i lavori di molti disegnatori e fumettisti contemporanei sembrano già pensati per il cinema, le opere del collettivo toscano hanno una qualità più astratta e sognante. Ma cosa amano e cosa detestano Le Vanvere al cinema e in tv? «Camilla ha il decoder guasto da sempre e guarda, o meglio, ascolta, film mentre lavora: si passa da Harry Potter a Amarcord per arrivare a Il favoloso mondo di Amélie; di rimbalzo Celina e Giulia diffondono il verbo del Trono di Spade e dei film d’animazione, mentre Lisa ci consiglia da Macerata le vecchie commedie all’italiana con Lino Banfi, Adriano Celentano, Renato Pozzetto per ridere di gusto e le serie più drammatiche, da True detective a House of Cards. Film e serie tv sono il nostro pane quotidiano, spesso attingiamo alle nostre inquadrature preferite per impostare la composizione delle nostre tavole».
Parlando di animazione, un posto speciale nel cuore delle ragazze ce l’ha il maestro Hayao Miyazaki. «Celina è stata alla mostra a Parigi sui layout dei film e ha riportato cartoline ed entusiasmo in quantità, Giulia ha avuto come suoneria del cellulare la canzone di chiusura di Ponyo per mesi e Camilla, che non era una grande amante della produzione giapponese, è stata convertita proprio da Miyazaki. Rappresenta mondi onirici e attuali, ma per certi versi lontani dalle nostra cultura, personaggi fantastici e problematiche moderne affrontate con un gusto e uno stile elegantemente nipponico. Forse non abbiamo le competenze per una critica oggettiva sull’animazione, ma i suoi film riescono ad appagare cuore e occhi e questo a noi piace molto».
Parlando del loro presente e futuro lavorativo, Le Vanvere ammettono di avere troppi progetti in testa. «Sicuramente vogliamo portare avanti i concorsi di illustrazione che abbiamo organizzato quest’anno, Illustratori a km 0 e Marea Grafica, e le correlate mostre itineranti; allo stesso tempo stiamo proponendo laboratori, incontri e workshop sull’illustrazione sia per bambini che per adulti. Vorremmo riuscire a fare un lavoro a più mani, già impresa titanica per via della distanza fisica con Lisa; in più collaboriamo anche con altri illustratori, enti e organizzazioni. Non essendo Le Vanvere la nostra attività primaria, il tempo è limitato, ma a volte questo limite è essenziale per lavorare in modo efficace e veloce. E poi abbiamo un sogno nel cassetto: chissà… uno Studio Vanvere?».
Prima di salutarci, chiediamo a Le Vanvere di toglierci un’ultima curiosità: da dove nasce la passione per il Moscow Mule? «Solo una di noi conosceva questo cocktail al cetriolo e noi la prendevamo un poʼ in giro. Una volta provato, però, è diventato sinonimo di aperitivo. Anche le nostre riunioni, visto che dobbiamo ottimizzare i tempi, spesso sono sinonimo di aperitivo e quindi Moscow Mule=aperitivo=riunione=lavoro. In sintesi, per qualche proprietà matematica, Moscow Mule=lavoro».