Venezia 81: “Anywhere Anytime” e i ladri di biciclette oggi

Anywhere Anytime
"Anywhere Anytime", unico italiano in concorso alla SIC di Venezia, in sala dall'11 settembre.

Issa è un senegalese sans papier. Quando se ne accorge l’uomo che gli dà lavoro come scaricatore al mercato, lo licenzia: troppo alto il rischio dei controlli. Da qui una bici acquistata con fatica, il lavoro di rider e il furto che stravolgerà ulteriormente la vita del ragazzo in una Torino che a modo suo cerca di fare qualcosa per gli invisibili come lui, ma non è mai abbastanza. Anywhere Anytime, opera prima di Milad Tangshir, omaggia il passato di Ladri di biciclette con il presente della consegna a domicilio e prende in prestito da quei grandi sceneggiatori del Novecento (Vittorio De Sica, Cesare Zavattini, Suso Cecchi D’Amico) il congegno narrativo della bici rubata.

Il suo film pedala sull’asfalto degli invisibili, parla di lotta per la sopravvivenza e integrazione dei nuovi vinti, quindi di sfortuna e sfumature che possono far crollare un’esistenza come un castello di carte. Con l’attenzione a un realismo urbano germogliato esteticamente sul solco moderno dei fratelli Dardenne, pesca dalla strada le sue facce e i suoi cromosomi narrativi, in senso pieno. Il regista è un iraniano con un salto nel nostro paese simile a quello di Ferzan Ozpetek. Fino all’arrivo in Italia, nel 2011, aveva inciso tre album con una rock band in Iran, poi qui da noi gli studi di cinema, i primi cortometraggi premiati e la collaborazione con Daniele Gaglianone, che ha scritto la sceneggiatura insieme a lui e a Giaime Alonge. Il loro script è asciutto, scevro di pietismi e contempla l’importanza della relazioni tra le persone. Che sia amicizia, flirt, lavoro, volontariato, incontri fortuiti con brave persone o incontri con brutti ceffi, il trio di autori ci presenta un affresco molto realistico della Torino di oggi attraverso lo sguardo di un ragazzo straniero.

Tangshir ha preso dalla strada gran parte del cast. Dei non-attori, un po’ come Garrone per Io capitano. Ibrahima Sambou è il protagonista, il ragazzo che cerca solo di cavarsela. La sua limpidezza nella nostra Italia così contraddittoria ha l’asprezza di una realtà che Sambou per primo ha visto con i suoi occhi ben prima di qualsiasi set.

A prescindere dal classico percorso dell’eroe costruito per l’intrattenimento narrativo, il film apre uno squarcio su una realtà difficile, pur senza mettere lo spettatore troppo  disagio, facendogli assaggiare senza rischio quelle situazioni a tenaglia da una poltrona vellutata rinfrescata da aria condizionata. E anche senza caricare sensi di colpa sul pubblico, questo cinema mostra il mondo di oggi e le sue nuove storture subite da speranza e buona fede operosa. Il filo rosso di queste tematiche parte da lontano, cinematograficamente da De Sica passando per le crune di tanti autori e tante epoche. Dai Petri ai Loach, ai più recenti Vicari, Riondino e Garrone. Fino alla bella sorpresa Tangshir. Proprio a questo punto, nell’incontro tra realtà e narrazione, il cinema diventa strumento necessario di coscienza civile. Anywhere Anytime si avvale oltretutto di una colonna sonora fatta di rumbe jazz che ci immergono in ritmi sincopati e imprevedibili come la vita in strada. È stato presentato a Venezia per la Settimana della Critica, l’unico italiano in concorso, e uscirà al cinema l’11 settembre.