La Mostra del Cinema di Venezia quest’anno è stata travolta dalla musica e sono le donne a guidare la tendenza: da Lady Gaga, attrice protagonista in A Star Is Born di Bradley Cooper, a Natalie Portman che si fa pop star in Vox Lux diretto da Brady Corbet, senza dimenticare la vicenda incredibile raccontata nel documentario Arrivederci Saigon di Wilma Labate. Se è nata una star forse è però proprio Letizia Lamartire con Saremo giovani e bellissimi, unico film italiano in concorso alla Settimana Internazionale della Critica. Gli affezionati ricorderanno la giovane regista dalla proiezione dell’anno scorso, con l’indimenticabile corto Piccole Italiane.
L’opera prima di Letizia Lamartire è un film musicale che racconta la storia di Isabella: una star degli anni Novanta, con un unico singolo di successo, che ormai quarantenne si ritrova a suonare vecchie canzoni nei pianobar con Bruno, il figlio ventenne.
Saremo giovani e bellissimi, sullo sfondo di un’incantevole Ferrara, è soprattutto la storia di un rapporto speciale e fuori dagli schemi, quello tra una madre e un figlio che usano la musica per capirsi. Canzoni e dialoghi, anche grazie a un buon montaggio di Fabrizio Franzini, portano avanti una narrazione ritmata, con pochi rallentamenti. La bellissima Barbora Bobulova, brava anche a cantare, interpreta con naturalezza Isabella e Alessandro Piavani trova una dimensione credibile nel lasciarsi vivere di Bruno, che scrive la sua musica di nascosto – quei testi in inglese dal sound indie-rock, così distanti dalla musica della madre.
I due vivono incastrati in una relazione ambigua e morbosa. Isabella fa parte di quella generazione di genitori che hanno usato i figli per perpetrare i propri sogni infranti, mentre Bruno sembra nato per adorarla, occuparsi di lei e accompagnarla alla chitarra nei live al Big Star. Ricopre però più la figura dell’amante che quella del figlio: gelosie, nevrosi, ripicche, baci a fine concerto e un memorabile litigio durante una cena a quattro. Bruno le perdona tutto, è affascinato e forse è anche un po’ innamorato di questa donna sexy, immatura e fragile, senza maschere.
Intorno a Isabella gravitano altri personaggi, la madre che era stata troppo severa con lei in gioventù, l’ex fiamma e Umberto (Massimiliano Gallo), il nuovo interesse romantico, alla quale vengono affidate quasi tutte le gag del film. Personaggi che restano comunque un contorno: la relazione madre-figlio catalizza tutta l’attenzione e anche la trama non lascia troppo spazio alle storyline secondarie.
Curioso come le relazioni sembrino svilupparsi tutte in triangoli sentimentale: tra Isabella, Bruno e la musica, tra Bruno, la madre e Arianna e tra Isabella, Umberto e Bruno. Tutto cambia proprio con l’arrivo di Arianna (Federica Sabatini), la giovane leader di un gruppo rock-underground. Bruno ne è subito attratto e, da questo punto in poi, la promessa anticonvenzionale del film viene un po’ infranta; si inizia a giocare su terreni già battuti. Tutti maturano, comprendono i propri sbagli e crescono. Isabella si ravvede, come se fosse necessario, ed è un peccato. Il coraggio iniziale di dare spazio alla narrazione di una donna differente e lontana dal senso di colpa e dagli stereotipi, si va via via affievolendo e il film abbandona le premesse perturbanti.
Il lato musicale resta un punto centrale e decisamente riuscito, la musica di Matteo Buzzanca guida tutto: i tre generi suonati dai personaggi sono visibilmente il punto zero della loro creazione, il loro aspetto, i costumi e ogni più piccolo dettaglio. Dopotutto, il film unisce le due più grandi passioni di Letizia Lamartire, musica e immagine, la giovane regista condensa con competenza e autenticità gli anni di studio in conservatorio e le notti passate a suonare nei pub baresi.
L’altro punto di forza di questo film sono i personaggi, soprattutto Isabella. Letizia Lamartire riesce a ritrarre una donna che non vuole crescere, contraddittoria, simpatica e insopportabile insieme. Una quarantenne intrappolata nel passato, non ancora pronta a guardare in faccia la realtà e abbandonare l’illusione del successo. Lo spettatore forse lo capisce ancora prima della protagonista stessa, che non è la gravidanza inaspettata ad averle stroncato la carriera. Ammettere di non essere mai stata brava abbastanza è difficile, non per orgoglio ma per una questione d’identità. Isabella a quel punto avrebbe dovuto domandarsi: se non sono una star, se non sono la mia musica, cosa sono? Ed è quello il nodo che bisognava sciogliere e approfondire, il grumo pulsante della vicenda.
L’opera prima di Letizia Lamartire è nel complesso un film piacevole, con una regia composta che cerca a tratti di osare, con ottimi risultati. La sceneggiatura ha i suoi difetti, ma ha dato vita a dei personaggi affascinanti, nonostante un’evidente – ma comprensibile, per un’esordiente – paura di rischiare. Se Isabella è stata una meteora, ci auguriamo che il talento di Letizia Lamartire brilli ancora nel panorama del nuovo cinema italiano. C’è bisogno di registe, personaggi femminili tridimensionali e sogni impossibili che solo il cinema può realizzare, come quello di rimanere per sempre giovani e bellissimi, ingannando il tempo.