In una casa buia suona il telefono. A rispondere è una donna anziana di nome Elena. Una voce dall’altro capo della linea la informa che Lila è scomparsa senza lasciare tracce. Elena si reca allora alla scrivania, accende il computer e comincia a scrivere. In un lungo flashback, la scena si sposta allora nei quartieri napoletani del secondo Dopoguerra, quando la donna, al tempo bambina, ha incontrato per la prima volta quella che sarebbe diventata la sua migliore amica. Questo è l’inizio di L’amica geniale, nuova serie firmata HBO, RAI Fiction e TIM Vision, le cui prime due puntate sono state proiettate in esclusiva in conclusione alla quarta giornata della Mostra del Cinema di Venezia.
Una produzione dal sapore internazionale, dunque, capace di raccontare una storia totalmente italiana debitrice nell’estetica al cinema d’autore e al panorama internazionale. Saverio Costanzo, regista di tutti gli episodi, crea un micro-cosmo lontano ma culturalmente radicato, che trasporta lo spettatore in una favola filtrata dallo sguardo della giovane protagonista. Il personaggio di Elena, che si spartisce equamente la scena con l’amica geniale Lila, racconta infatti gli eventi con ingenuità, lasciando trapelare un’innocenza tipica della giovane età. Grazie a lei, scopriamo i vari personaggi che popolano il rione napoletano, che si anima di figure tra loro opposte.
Proprio in quest’ultimo elemento si cela la vera forza del progetto che, nonostante le due figure centrali, si delinea come un grande affresco di volti e di personalità, che permettono di suggerire un senso di dolce nostalgia. Naturalmente, questa multiformità narrativa si sviluppa in modo interessante anche grazie all’ottimo libro da cui è tratta, ovvero l’omonimo best-seller scritto da Elena Ferrante. Il merito non può però essere attribuito esclusivamente all’autrice del romanzo: la cinepresa di Saverio Costanzo si muove infatti con decisione tra le differenti figure, indagando senza essere invasivo le loro vite. Lo sguardo del cineasta, come si è detto coincidente spesso con quello della protagonista, girovaga tra i palazzi con sommessa raffinatezza, non entrando quasi mai nelle case ma spiando le vicende dalle finestre e dai corridoi.
La funzionale ricostruzione scenografica, curata da Giancarlo Basili, aggiunge veridicità a questo turbinio di storie, che acquistando gradualmente verosimiglianza. Al contrario, la fotografia di Fabio Cianchetti, tendente invece ad una colorazione calda, rifiuta il mero realismo, facendosi ambasciatrice di una velata malinconia, dovuta al ricordo di un mondo che ormai sembra essere mutato inesorabilmente. Queste due dimensioni, all’apparenza opposte l’una all’altra, sono in realtà perfettamente equilibrate, in quanto riflessi di una reminiscenza tanto tangibile quanto ormai effimera. L’espediente del racconto nel racconto, che proseguirà probabilmente fino all’ultima puntata, permette una maggiore libertà narrativa ed espositiva, merito chiaramente di una memoria che dissolve i confini tra realtà e finzione.
La riuscita di queste prime due puntate non è tuttavia solo merito del regista e degli operatori, ma anche degli attori. Sebbene non sia ancora possibile giudicare gli interpreti degli episodi successivi, è più che possibile affermare che le protagoniste più giovani siano perfette nel proprio ruolo. Elisa Del Genio è abile nel caratterizzare in modo duplice Elena, bambina che nonostante un’estrema dolcezza non si nasconde davanti al pericolo. Più taciturna, Lila – incarnata da Ludovica Nasti – dialoga invece con lo sguardo e con il movimento del corpo, apparendo altrettanto espressiva. Se non è possibile commentare l’intera produzione, in uscita a partire dal 30 ottobre, le prime due puntate di L’amica geniale offrono dunque ottime premesse per una serie che non solo intreccia fiaba e realtà, ma convince sia nella narrazione, sia nella messa in scena.