Otto adolescenti tentano di conquistare il Rione Sanità sfruttando il vuoto di potere che si è creato dopo la cattura di un boss. Con La paranza dei bambini, Claudio Giovannesi ci immerge senza stereotipi e spettacolarizzazioni in un mondo criminale da cui, una volta entrati, è impossibile uscire.
A quasi tre anni di distanza da Fiore, il ritorno dietro la macchina da presa di Claudio Giovannesi era molto atteso. Dal racconto di una storia d’amore sui generis ambientata in un carcere minorile a quello di un gruppo di giovanissimi che intraprendono la carriera criminale, il filo conduttore è la poetica del quarantunenne regista romano: l’osservazione del mondo adolescenziale senza pregiudizi, privilegiando con sensibilità e umanità l’indagine dei sentimenti. Abbiamo parlato con Claudio de La paranza dei bambini raggiungendolo telefonicamente durante il Festival di Berlino, dove il giorno successivo avrebbe conquistato l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura.
[questionIcon] Come nasce il progetto e come ti sei avvicinato alla scrittura del film insieme a Roberto Saviano e Maurizio Braucci?
[answerIcon] Il film mi è stato offerto proprio da Roberto, che mi ha contattato insieme al produttore perché mi voleva come regista. Subito è apparso chiaro come tutti e tre avessimo un punto di vista comune sulla modalità di realizzazione del film a partire dal romanzo. Per me era fondamentale lavorare sul tema della perdita dell’innocenza e costruire un percorso sentimentale ed emotivo dei personaggi. Ci siamo focalizzati su cosa accade a degli adolescenti nel momento in cui fanno una scelta criminale dalla quale poi non è più possibile tornare indietro, in che modo i sentimenti propri dell’adolescenza come l’amore, l’amicizia e la fratellanza vengano compromessi in un contesto di questo tipo. La prima fase del lavoro è iniziata a New York, dove si trovava in quel momento Roberto. Più avanti mi sono trasferito a Napoli nei quartieri in cui sarebbe stato ambientato il film, vicino casa di Maurizio, e a quel punto il percorso di scrittura è continuato andando di pari passo con il lungo processo di casting.
[questionIcon] Come già nei tuoi precedenti lavori Alì ha gli occhi azzurri e Fiore, La paranza dei bambini si incentra su adolescenti che vivono situazioni di grande difficoltà, limitandosi a raccontarli nella loro quotidianità senza giudicarli, con una totale assenza di retorica.
[answerIcon] I personaggi del mio cinema non li considero ragazzi ai margini, camorristi, criminali o spacciatori, perché questo vorrebbe dire assumere già in partenza una posizione di giudizio. Prima di tutto sono degli adolescenti che vivono dei sentimenti analoghi a tutti gli adolescenti del mondo, al di là della classe sociale e della città di provenienza. Per me fare un film significa stare vicino a dei personaggi e conoscere la loro umanità. Questa è la cosa che più mi interessa e spero che il pubblico si riconosca nel percorso di conoscenza umana dei personaggi sviluppato nel film, possibile solo nell’assenza di giudizio. Se giudichi qualcuno non puoi amarlo, non puoi condividere quello che ha dentro.
Troverai l’intervista completa sul prossimo numero di Fabrique du Cinéma.