Quelli diventati di sinistra solo perché hanno fatto il liceo classico, quelli che sono andati in Erasmus per primi, quando ancora bisognava spiegare quale fosse il nesso fra il filosofo olandese e un viaggio studio in Europa. Quelli la cui ansia di cambiare il mondo è finita in una caserma di Genova nel 2001, quelli che i padri hanno manifestato nel ‘68 ma loro di più, le madri erano femministe ma loro di più, quelli che a differenza dei genitori resteranno duri e puri. Ma poi finiscono per diventare come loro: e cioè irrimediabilmente democristiani.
Sorpresa: l’esordio cinematografico del Terzo Segreto di Satira – collettivo milanese “cugino”, ma meglio sarebbe dire rivale, di The Jackal – non parla ai millennials né cerca il consenso dei retespettatori, che li hanno conosciuti sul web con il Favoloso Mondo di Pisapie. Al centro di Si muore tutti democristiani di Davide Rossi, Andrea Mazzarella, Pietro Belfiore, Davide Bonacina e Andrea Fadenti (presentato da Alice nella Città alla Festa di Roma e coprodotto dalla Pupkin di Rita Rognoni, la company italiana più rock sulla scena) c’è piuttosto la generazione dei quarantenni. E il loro irrimediabile, conclamato fallimento esistenziale.
Con cattiveria e lucidità, e punte di crudeltà sul finale, le storie di Stefano, Fabrizio ed Enrico, videomaker “nel sociale” alle prese con una grossa questione morale, riflettono disillusioni e tradimenti di una generazione che sosteneva di volere “un altro mondo possibile” ma non è riuscita a cambiare di una virgola quello che aveva a disposizione. E non perché le mancassero i mezzi, attenzione: perché forse, in fondo, non ci ha nemmeno provato per davvero.
Quarantenni senza rotta, attaccati a un’ideale di sinistra che non c’è più (non c’è la sinistra, non c’è l’ideale: il collettivo stesso qualche anno fa si definiva vendoliano, oggi chissà), in un paese allo sbando, alla rovescia, dove i partigiani sono ancora “ragazzi”, a nessuno importa cosa sia il 25 aprile, l’idea di collettività è sparita, la solidarietà è un business marcio come gli altri. E il quarto stato che marcia verso la vittoria non è fatto di operai e braccianti, ma di imprenditori, commercialisti ed evasori.
Da sempre interessato alla politica, e già in tv tra l’altro con Ballarò e Piazza Pulita, il Terzo Segreto di Satira realizza un progetto maturo nel tema e nella realizzazione, con un impianto da film che si allontana dalla forma sketch retevisiva pur non rinnegandola: un incontro tra mondi evidente anche nelle guest star invitate a partecipare, da una parte il web con i cameo del Milanese Imbruttito e gli amici di Casa Surace, dall’altro il teatro con Paolo Rossi, il mondo del talk show con Lilli Gruber e Peter Gomez, il cinema con Francesco Mandelli. E se lo script di tanto in tanto si scombina, tra flashback, sequenze oniriche e un certo sbilanciamento tra i protagonisti, resta forte l’attaccamento ai personaggi, ai loro dilemmi esistenziali, alle loro tragicomiche esperienze. Dunque si ride, e molto, in questo cattivissimo film.
E ridere di un fallimento, fosse anche il nostro, è il primo passo per riconoscerlo: non è mai troppo tardi per capire che sì, nonostante i nostri sforzi moriremo tutti. Democristiani.