Che cosa è un film partecipato? Il Festival di Torino si pone la domanda e Antonietta De Lillo prontamente offre la risposta, portando proprio un esempio diretto alla manifestazione.
Si tratta di Oggi insieme domani anche, una pellicola curata dalla regista e realizzata da diversi autori. Ed è proprio “condivisione” la parola chiave di un progetto che prova a consegnare il ritratto dell’amore oggi, ma che, cinematograficamente parlando, rappresenta soprattutto una risposta interessante alla crisi creativa e produttiva, per non parlare dell’individualismo che sempre di più affligge il mondo artistico. Perché, come la De Lillo chiarisce, il film partecipato è solo l’atto finale. Per arrivare a questo si compie un percorso volto allo stare insieme. Il tutto per dire che è possibile identificare nuovi linguaggi e modi per percepire l’autore, non più entità solitaria e distaccata.
Così, in un mondo creativo fortemente individualista dove ogni idea viene protetta in modo ossessivo per timore di vedersela scippata, non solo la regista ne parla pubblicamente, ma si attiva per farla girare, convinta che questo non possa far altro che accrescere il suo valore. «Siamo così fragili che abbiamo paura di toccarci – spiega – ma fare un film collettivo è un atto di coraggio per dimostrare che il modello di un artista in dialogo solo con se stesso deve finire. Perché tutto è alimentato dalla vita, dalla relazione e dallo scambio».
E in questa attività di sinergie prodotte da MarechiaroFilm e iniziata nel 2010 con Il pranzo di Natale, molti autori hanno colto l’occasione per debuttare sul grande schermo. Maria Di Razza, ad esempio, ha contribuito con Forbici, un’animazione che ha fatto il giro di 70 festival, ricevendo anche una menzione speciale ai Nastri d’Argento. Perché l’altro elemento fondamentale del film partecipato è creare un insieme omogeneo pur mantenendo l’individualità dei singoli contenuti inviati o realizzati dagli autori partecipanti, che possono avere vita e diffusione propria. In questo modo si ottiene un’operazione di remix volta a creare una narrazione completamente nuova a partire dai frammenti dei materiali raccolti, sperimentando le potenzialità creative e produttive del found footage, ancora inesplorate in Italia.
«Tra le varie mutazioni che il cinema ha subito con l’avvento del digitale c’è anche quella relativa al concetto di originale – continua la De Lillo -. Con il digitale, infatti, si parla di file nativo. Ebbene, la mia idea si estende fino alla possibilità che gli autori trovino una sponda per realizzare la loro narrazione e offrano poi le loro immagini come parte del racconto del film partecipato. Il progetto è rivolto ad autori giovani e meno giovani affinché possano trovare una casa, un luogo dove condividere un’esperienza basata sul rapporto paritario, dove non si partecipa per affermarsi ma per migliorarsi attraverso visioni differenti». In questo modo il cinema diventa sostenibile e non più soggetto a una “scadenza” temporale dettata dalle logiche della distribuzione.
Per alcuni potrebbe essere un’occasione da sfruttare, soprattutto per gli autori più giovani. Per altri, i dubbiosi, solo una bella utopia. Sta di fatto che la De Lillo, animata dalla riuscita di Oggi insieme domani anche, approfitta del Torino Film Festival per lanciare un altro progetto partecipato. Il tema è L’uomo e la bestia. Questa volta, chiunque voglia cimentarsi, dovrà interrogarsi sul rapporto con il mondo animale, su cosa vuol dire essere “bestie” prima che umani e, comunque, pensarci e sentirci come entità altre da loro. La sfida è lanciata. Ora tocca a registi, filmmaker, studenti delle scuole di cinema, cineamatori e utenti del web rispondere con la loro visione.