Al via dal 4 dicembre la XXVII edizione del Noir in Festival, divenuto milanese da soli due anni dopo una lunga e fortunata permanenza nella suggestiva e inquietante Courmayeur.
Sono finiti i bei tempi delle proiezioni al Palanoir e delle passeggiate post film nella neve: ma il festival del Noir, nonostante il trasloco, non se la passa male, tutt’altro, mantiene le sue migliori tradizioni ma si rinnova con grandi novità: otto opere in concorso provenienti da tutto il mondo e in anteprima italiana, incontri con gli autori, due film fuori concorso, gli omaggi a Margaret Atwood e a Gloria Grahame, i tanti eventi speciali e la bella novità del Premio Caligari.
Abbiamo incontrato Gaia Furrer, responsabile dell’ufficio cinema e programmer del Festival – oltre che delle Giornate degli Autori-Venice Days.
Gaia, che percorso hai fatto per arrivare a un traguardo così importante?
La mia passione per il cinema è iniziata che ero bambina. Fin da piccola guardavo tantissimi film, mio padre è sempre stato un grande cinefilo. All’università studiavo letteratura ma dopo aver scoperto il corso in Storia del Cinema ho cambiato direzione, anche se ero lontana dall’immaginare che il cinema sarebbe diventata la mia professione. Prima di laurearmi feci uno stage in occasione di un festival di cinema e musica organizzato da Giorgio Gosetti a Sanremo. Anche se feci quasi solo fotocopie, con un unico e grande momento di gloria in cui andai all’aeroporto a prendere Michael Nyman, questa esperienza mi piacque così tanto che dopo la laurea tornai da Gosetti e gli chiesi di lavorare ancora insieme. Iniziai così a collaborare con l’agenzia di promozione del cinema italiano all’estero Italia Cinema, l’attuale Filmitalia, fino a quando Giorgio non ebbe la bella idea di fondare le Giornate degli Autori. Quando mi chiese se volevo seguirlo nell’avventura veneziana non ebbi dubbi.
E dopo Venezia sei approdata anche al Noir in Festival, ora alla sua XXVII edizione. Com’è questa nuova sede lombarda, oltre che meno fredda?
Il Noir in Festival ha una storia trentennale, io ci lavoro da “solo” 15 anni. È un Festival che ha cambiato casa più di una volta, Courmayeur è stata la sua dimora più duratura, luogo adattissimo a un festival di genere. Era meraviglioso vedere film di paura e poi uscire dalla sala e trovare metri e metri di neve… Trasferirci in Lombardia è stato proprio come quando fai un trasloco da una casa all’altra: all’inizio eravamo un po’ spaesati, ma adesso ci stiamo adattando e ci troviamo molto bene. Il Festival si snoda fra Milano e Como, cambiare e sperimentare è anche divertente.
Il Noir è un festival di cinema ma anche di letteratura. Come si conciliano questi due mondi?
Cinema e letteratura sono proprio i due polmoni del Festival, e per noi hanno la stessa importanza. Per quanto riguarda la letteratura, quest’anno l’evento più importante è la consegna del Raymond Chandler Award – il nostro premio alla carriera – alla scrittrice canadese Margaret Atwood, autrice – tra le altre cose – del bellissimo romanzo The Handmaid’s Tale da cui è stata tratta la serie in programma in questo periodo su Tim Vision. Sempre in questi giorni su Netflix va in onda Alias Grace, una miniserie basata sull’omonimo romanzo della Atwood. È una scrittrice meravigliosa che per un soffio non ha vinto il Nobel quest’anno.
Cosa prevede il cartellone cinematografico?
Il Festival si apre e si chiude con due film fuori concorso: si inizia con il nuovo film del regista di Notting Hill Roger Michell, My Cousin Rachel con Rachel Weisz e Sam Claflin, opera davvero molto interessante che vede anche la partecipazione di Pierfrancesco Favino, e si chiude con l’ultimo film di Todd Haynes, Wonderstruck – La stanza delle meraviglie, che era in concorso a Cannes. Evento imperdibile la proiezione della versione restaurata in 4K de Il silenzio degli innocenti, a 25 anni dai 5 Oscar che ottenne il film, una versione, realizzata dal British Film Institute, davvero incredibile sotto ogni punto di vista, colore, suono, immagine. Poi c’è il concorso principale che prevede 8 film in gara, tutte anteprime italiane, che declinano il genere in modo molto diverso: c’è la vendetta al femminile di Mouly Surya, talentuosa regista indonesiana di The Murderer in Four Acts, rilettura in chiave contemporanea dello spaghetti western; l’esordio al lungometraggio della regista irlandese Juanita Wilson con il thriller Tomato Red e il ritorno alla regia (dopo sei anni da We need to talk about Kevin) della scozzese Lynne Ramsay che con You Were Never Really Here ci regala una performance incredibile di Joaquin Phoenix qui nei panni di un brutale vendicatore. Da non perdere anche Burn Out di Yann Gozlan, film francese adrenalinico ambientato nel mondo delle corse di moto; Handia – Giant, film storico parlato in lingua basca che – come ha detto qualcuno – sta a metà tra il cinema di Lynch e quello di Lean; Euthanizer di Teemu Nikki, una dark comedy finlandese con atmosfera da B-Movie, Madame Hyde di Serge Bozon con Isabelle Huppert che interpreta in chiave grottesca e surreale il mito ottocentesco di Dr. Jekyll e Mr. Hyde e infine lo svedese The Nile Hilton Incident di Tarek Saleh su un detective corrotto della polizia del Cairo. Insomma, tutti lavori molto diversi che saranno giudicati da una giuria internazionale composta da 5 personalità del mondo del cinema, due giovani attori italiani, un critico francese, una regista britannica e un fotografo spagnolo (a breve renderemo noti i nomi).
Questa edizione introduce inoltre un’importante novità, il Premio Caligari. Di cosa si tratta?
Sì, quest’anno ci sarà anche un concorso di opere italiane in memoria di Claudio Caligari che premierà il miglior noir italiano uscito nelle sale nel corso del 2017. Fra i film in gara l’ultimo dei Manetti Bros, Ammore e malavita, il film d’animazione Gatta Cenerentola, Sicilian Ghost Story di Grassadonia e Piazza, Falchi di Toni D’Angelo, Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda, I figli della notte di Andrea De Sica, Monolith di Ivan Silvestrini e l’esordio alla regia di Donato Carrisi La ragazza nella nebbia. Questi film saranno giudicati da una giuria popolare composta da studenti universitari e appassionati, affiancati da due critici cinematografici e un presidente che guiderà le discussioni di voto.
Come si svolge il lavoro di selezione delle opere in concorso? È molto diverso rispetto a quello di Venezia?
Molto, perché per Venezia richiediamo esclusivamente prime mondiali. Per il Noir, invece, essendo più elastici rispetto allo status del film (esigiamo solo l’anteprima italiana) possiamo permetterci di selezionare film che hanno già avuto vita festivaliera altrove. Questo comporta un approccio alla ricerca completamente diverso.
Perché, secondo te, tante persone – in particolar modo i giovani – amano questo genere cinematografico?
Io credo che tante persone amino questo genere innanzitutto perché un thriller, se è un buon thriller, intrattiene ma soprattutto fa lavorare il cervello. È un tipo di cinema che ti fa essere attivo, che ti fa ragionare, passi tutto il tempo a chiederti cosa accadrà, scena dopo scena. E poi la paura attrae: persino mio figlio – che ha 10 anni – è affascinato solo dalle copertine dei DVD dei film horror. È un richiamo inconscio verso la paura: il mistero ci spaventa e allo stesso tempo ci attira irresistibilmente. E infine credo che guardare questo tipo di film sia anche un modo per esorcizzare la paura, non solo per gli spettatori ma anche per i grandi maestri: primo fra tutti Dario Argento, che ha sempre dichiarato di fare film horror per superare i suoi incubi.