I De Sica, fatte le debite proporzioni, sono un po’ i nostri Coppola. Una famiglia, importantissima, del cinema, con varie e complesse ramificazioni tutte caparbiamente arrampicate sullo stesso muretto: lo schermo cinematografico. E allora, se il genio Vittorio è il nostro Francis Ford e Christian, amatissimo e odiatissimo, un Nicolas Cage un filo più commerciale, all’ultimo arrivato Andrea De Sica tocca il ruolo di Sophia.
Giovane (più giovane di Sophia di 10 anni, va detto), cinefilo, amante della musica e dei generi, sfrontato come uno studente di cinema, sicuro come un rampollo del Cinema, De Sica ha presentato al Torino Film Festival, unico italiano in concorso, il suo esordio I figli della notte. Una storia a cavallo tra i generi, il thriller e il romanzo generazionale, che ci consegna prima di tutto una certezza: Andrea De Sica ha imparato il mestiere.
Il film non è impeccabile – ha le tante, legittime incertezze di un esordio – ma la storia è intrigante, lo sguardo del regista per i suoi personaggi amorevole. E la mano con cui è diretta non ha incertezze: quasi arrogante, quando richiama impunemente Kubrick e Lynch, ma abbastanza sicura di sé da non risultare irritante nel suo citazionismo cinefilo.
La storia, quella di due ragazzi di buona famiglia consegnati a un rigidissimo collegio che ne stravolgerà le vite, ha il merito di cimentarsi sul terreno minato (perché da noi poco frequentato: il ridicolo è dietro l’angolo) del thriller paranormale. E la trama procede assecondando colpi di scena efficaci e soluzioni narrative interessanti, conducendo la storia verso un finale leggermente telefonato ma funzionale: qualche incertezza emerge nella direzione degli attori (volti azzeccatissimi, specialmente quelli dei due protagonisti, penalizzati forse da un copione troppo “scritto”), ma le sequenze chiave sono dirette con una personalità che trova nel senso del ritmo e della simmetria la sua cifra autoriale.
Figlio di un musicista (Manuel, il padre, ha scritto colonne sonore anche per Risi e Comencini), De Sica ha curato personalmente le musiche del film, dotandolo di universo sonoro ricchissimo e articolato. Figlio di una produttrice (Tilde Corsi, produttrice storica di Ferzan Ozpetek), De Sica ha saputo costruire intorno a I figli della notte un’impeccabile macchina produttiva, che ha permesso al film di arrivare a destinazione senza rinunce importanti. Non capita spesso che un figlio d’arte cammini sulle sue gambe. De Sica ce l’ha fatta, e c’è da scommetterci: andrà lontano.