Italia Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 10 Aug 2021 13:32:52 +0000 it-IT hourly 1 Al via il festival di Porretta Terme: ce lo racconta il direttore Luca Elmi https://www.fabriqueducinema.it/festival/al-via-il-festival-di-porretta-terme-ce-lo-racconta-il-direttore-luca-elmi/ Tue, 01 Dec 2020 22:15:28 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=14570 Il Festival del cinema di Porretta Terme compie diciannove anni e non li dimostra, anzi, è pronto alla sfida del digitale: la nuova edizione in programma dall’1 all’8 dicembre è online sulla piattaforma MYmovies.it. Parliamo delle molte novità di questa edizione con il direttore, Luca Elmi. Partiamo con la prima novità di questa edizione numero […]

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Il Festival del cinema di Porretta Terme compie diciannove anni e non li dimostra, anzi, è pronto alla sfida del digitale: la nuova edizione in programma dall’1 all’8 dicembre è online sulla piattaforma MYmovies.it. Parliamo delle molte novità di questa edizione con il direttore, Luca Elmi.

Partiamo con la prima novità di questa edizione numero 19 del Festival del cinema di Porretta Terme, ovvero il fatto che verrà trasmesso online sulla piattaforma MYmovies.it. Con un abbonamento al prezzo di 9.90 euro si potrà assistere a tutte le proiezioni.

Esatto, ma considera che la preparazione è stata lunga. Siamo partiti all’inizio dell’anno pensando di fare come al solito un’edizione dal vivo, poi siamo passati a riflettere su una versione ibrida, immaginando che, vista la situazione che stava prospettando, fosse necessario portare avanti due canali, dal vivo e online. Infine, con le ultime restrizioni, è stato necessario spostarci completamente su piattaforma. Nelle edizioni precedenti avevo sempre una sensazione precisa di come sarebbe andato il festival, positiva o meno positiva che fosse. Quest’anno invece è tutto un grande punto interrogativo. Ma siamo pronti, il materiale su piattaforma è pronto per essere visto e goduto dagli spettatori come ogni anno.

La mostra fotografica nell’edizione dello scorso anno era dedicata a Gian Maria Volonté. Quest’anno il volto è quello di Giulietta Masina. Perché questa scelta?

Intanto è bene precisare che la mostra è intitolata Inedita Giulietta e si terrà anche dal vivo, le foto sono state stampate. È il frutto di una collaborazione che va avanti da tempo con il Centro Sperimentale di Cinematografia. Quest’anno è stato il centenario del grande regista riminese Federico Fellini. Ci piaceva l’idea di proporre anche il volto di Giulietta, moglie e musa, perché a febbraio 2021 saranno anche i cento anni dalla sua nascita. Volevamo in qualche modo anticipare questi festeggiamenti. Inoltre, non tutti sanno che Giulietta è nata proprio in Emilia Romagna, a San Giorgio di Piano. E la mostra ci è sembrato il modo giusto di omaggiarla: si tratta di 22 scatti inediti di Pierluigi Praturlon, fotografo che ha ritratto molte dive di quegli anni e ha lavorato a stretto contatto con Federico Fellini.  

Porretta Terme presenta La fuga
Un frame dal film “Fuga” di Pablo Larraín.

Porretta Terme è un festival che vuole valorizzare il territorio ma che, al tempo stesso, guarda al cinema europeo. Esiste, difatti, proprio la sessione “Uno sguardo altrove”.

Sì, e ogni anno offre la possibilità di ammirare film non facilmente reperibili in Italia: quest’anno proponiamo l’anteprima nazionale di Focus, Grandma di Pjer Žalica. Ma oggi che siamo giunti alla 19esima edizione non dimentichiamo che il festival ha le sue origini nella Mostra internazionale del cinema libero, che si tenne sempre a Porretta Terme fra il 1960 e il 1982. Elio Petri ne fu uno dei primi convinti sostenitori: proiettò qui in anteprima mondiale nel 1971 La classe operaia va in Paradiso, prima di portarlo a Cannes, dove vinse la Palma d’oro. Per il suo tema aspramente politico il film provocò un vero terremoto, in sala ci fu chi chiese di bruciare tutte le copie. In onore a questo glorioso passato l’anno scorso, per i 90 anni dalla nascita del regista, è stato istituito il Premio Nazionale Elio Petri. Quest’anno i film candidati per il Premio Petri sono sette: Hammamet, Spaccapietre, Non odiare, Volevo nascondermi, Miss Marx, Favolacce, Padrenostro. La giuria, presieduta da Walter Veltroni e composta da Steve Della Casa, David Grieco, Giacomo Manzoli, Alfredo Rossi insieme a Paola Pegoraro Petri, quest’anno si arricchisce del nome di Jean A. Gili,professore emerito dell’Università di Parigi I Panthéon-Sorbonne. La premiazione sarà online l’8 dicembre alle 18, sempre naturalmente su MYmovies.it. Poi ci sarà anche il Premio della Giuria Giovani, perché da sempre c’è un rapporto molto stretto con i ragazzi delle scuole superiori, assegnato da una selezione di 20 studenti. È sempre interessante confrontarsi con i gusti dei teenager, il loro punto di vista è differente e offre molti spunti.

È un festival ricchissimo di appuntamenti: vuoi ricordare qualche altra chicca ai lettori?

Sicuramente da non perdere è la consegna del premio alla carriera dei fratelli Marco e Antonio Manetti: al festival sarà possibile vedere il loro film del 2005 Piano 17. Si inaugura anche una nuova sezione dedicata agli esordi dei registi intitolata La prima volta di… che prevede Fuga (2006) di Pablo Larraín, film che non è stato mai distribuito in Italia. Poi il concorso Fuori dal giro, dedicato a pellicole che hanno avuto una minore distribuzione. Quest’anno i titoli sono: Simple Women di Chiara Malta, Buio di Emanuela Rossi, Letto N.6 di Milena Cocozza, La regola d’oro di Alessandro Lunardelli e Dio salvi la regina di Andrés Arce Maldonado. Infine non mancheranno momenti musicali e di intrattenimento con amici del Festival che arricchiranno le dirette Facebook: ad esempio si esibiranno il gruppo Oblivion e il cantautore Pino Marino, che presenterà il suo album Tilt.

 

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Magic Alps, da Clermont-Ferrand a Visioni Italiane https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/magic-alps-clermont-ferrand-visioni-italiane/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/magic-alps-clermont-ferrand-visioni-italiane/#respond Tue, 20 Feb 2018 15:10:37 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9949 Magic Alps, il cortometraggio diretto da Andrea Brusa e Marco Scotuzzi e prodotto da Andrea Italia, è in concorso al festival Visioni Italiane, che si svolgerà nel capoluogo emiliano dal 26 febbraio al 4 marzo. Sarà l’anteprima italiana per il film che ha avuto la sua prima mondiale a inizio febbraio al festival internazionale di […]

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Magic Alps, il cortometraggio diretto da Andrea Brusa e Marco Scotuzzi e prodotto da Andrea Italia, è in concorso al festival Visioni Italiane, che si svolgerà nel capoluogo emiliano dal 26 febbraio al 4 marzo.

Sarà l’anteprima italiana per il film che ha avuto la sua prima mondiale a inizio febbraio al festival internazionale di Clermont-Ferrand, il più importante festival di cortometraggi al mondo, dove è stato l’unico film italiano in concorso e ha ricevuto una grande accoglienza da pubblico e critica.

Magic Alps

Magic Alps racconta la difficile storia di un pastore afgano arrivato in Italia per cercare asilo insieme alla sua capra. Basato su una vicenda realmente accaduta nel 2011, vede la partecipazione di Giovanni Storti, senza gli altri due colleghi del trio Aldo Giovanni e Giacomo, nel ruolo del funzionario del centro d’accoglienza che si trova nella complicata situazione di gestire il primo caso di animale giunto in Italia come “rifugiato”.

“Siamo felicissimi di tornare a Visioni Italiane, un festival molto importante per noi” hanno dichiarato i registi Andrea Brusa e Marco Scotuzzi. “Un ringraziamento particolare ad Amnesty International che ha sostenuto il film fin dall’inizio e a Giovanni Storti, che si è innamorato subito della storia e ha dato al suo personaggio un’umanità straordinaria”.

Brusa e Scotuzzi si conoscono all’università nel 2006 a Milano. Andrea lavora come sceneggiatore tra l’Italia e gli USA, dove si è laureato alla UCLA. Tra gli ultimi lavori Viola, Franca corto che è stato nominato ai David di Donatello 2017 ed è stato selezionato in concorso al Tribeca Film Festival. Marco vive a Milano e ha curato la regia di video pubblicitari per clienti come Fai – Fondo Ambiente Italiano, Reebok, Comelit.

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Fabrique Awards: svelati tutti i finalisti https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/fabrique-awards-svelati-tutti-finalisti/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/fabrique-awards-svelati-tutti-finalisti/#respond Thu, 07 Dec 2017 14:26:06 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9731 Questi i finalisti delle 12 categorie dei Fabrique International Awards svelati oggi alla conferenza stampa presso il cinema Quattro Fontane, alla presenza di Valentina Ludovini, giurata, Laura Adriani, presentatrice della serata del 15, Elena Mazzocchi, direttrice editoriale Fabrique du Cinéma, Tommaso Agnese, strategic manager Fabrique du Cinéma, Roberto De Feo, Prem1ere Film – coproduttore Fabrique […]

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Questi i finalisti delle 12 categorie dei Fabrique International Awards svelati oggi alla conferenza stampa presso il cinema Quattro Fontane, alla presenza di Valentina Ludovini, giurata, Laura Adriani, presentatrice della serata del 15, Elena Mazzocchi, direttrice editoriale Fabrique du Cinéma, Tommaso Agnese, strategic manager Fabrique du Cinéma, Roberto De Feo, Prem1ere Film – coproduttore Fabrique Awards, Save The Children, partner Fabrique Awards.

I vincitori saranno proclamati la sera del 15 dicembre al grande evento a Spazio Novecento.

MIGLIOR SOGGETTO E SCENEGGIATURA (cinquina)

SuperMarg (Elena Nappi e Fabrizio Eftekhari / Italia)

Fine del gioco (Giovanni Dota/ Italia)

Indimenticabile (Gianluca Santoni e Michela Straniero / Italia)

L’interprete (Hleb Papou / Italia)

Puppets (Domenico Modafferi / Italia)

MIGLIOR DOCUMENTARIO INTERNAZIONALE

– The Iconoclast (King Adz / Inghilterra)

The Road to Nickelsville (Derek Mcneill / USA)

The Writer with No Hands (William Westaway / Inghilterra)

Escaping the Temple (Patrick Carr / Cina)

MIGLIOR WEB SERIE

This is Desmondo Ray! (Steve Baker / Australia)

Perverts Anonymous (Tim Hamilton / Canada)

Super Italian Family (Daniele Esposito e Gabriele Galli / Italia)

Life sucks! (Nicola Piovesan / Italia)

MIGLIOR CORTO INTERNAZIONALE

The Simon’s way (Edgar Baghdasaryan – Armenia)

Mama (Eduardo Vieitez / Turchia)

Le Plombier (Xavier Seron et Méryl Fortunat-Rossi / Belgio)

Black Ring (Hasan Can Dağlı / Turchia)

MIGLIOR REGISTA DI CORTO INTERNAZIONALE

– Aldo Iuliano per Penalty

– Sonia Giannetto per Episodio

– Eduardo Vieitez per Mama

– Kassim Yassin Saleh per Idris

MIGLIOR CORTO ITALIANO

Confino (Nico Bonomolo / Italia)

Freddo dentro (Valerio Burli / Italia)

A Christmas Carol (Luca Vecchi / Italia)

Sensazioni d’amore (Adriano Pantaleo / Italia)

MIGLIOR TEMA MUSICALE ITALIANO

Vito Lo Re – La ragazza nella nebbia

Diego Buongiorno – Monolith

The Sweet Life Society – Brutti e cattivi

Stefano Lentini – Taranta on the road

MIGLIOR ATTORE RIVELAZIONE

Giacomo Ferrara – Guarda in alto di Fulvio Risuleo

Josafat Vagni – Dove cadono le ombre di Valentina Pedicini

Fabio Balsamo – Addio fottuti musi verdi di Francesco Capalbo

Simone Liberati – Cuori puri di Roberto De Paolis

MIGLIOR ATTRICE RIVELAZIONE

Silvia D’Amico – The Place di Paolo Genovese

Selene Caramazza – Cuori puri di Roberto De Paolis

Valentina Bellè – Una questione privata di Paolo e Vittorio Taviani

Valentina Vannino – L’intrusa di Leonardo di Costanzo

MIGLIOR LUNGOMETRAGGIO INTERNAZIONALE

House of Norway (Jan Vardøen / Norvegia)

The Song of Sway Lake (Ari Gold / USA)

Bikini Blue (Jarek Marszewski / Polonia)

Dim The Fluorescents (Daniel Warth / Canada)

MIGLIOR OPERA PRIMA ITALIANA

I figli della notte (Andrea De Sica / Italia)

Guarda in alto (Fulvio Risuleo / Italia)

I peggiori (Vincenzo Alfieri / Italia)

Easy (Andrea Magnani / Italia)

MIGLIOR OPERA INNOVATIVA e SPERIMENTALE ITALIANA

Sicilian Ghost Story (Fabio Grassadonia e Antonio Piazza / Italia)

A Ciambra (Jonas Carpignano/ Italia – Francia – Germania)

Gatta Cenerentola (Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone / Italia)

Orecchie (Alessandro Aronadio/Italia)

 

 

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Noir in Festival, omaggio ad Atwood e Caligari https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/noir-festival-omaggio-ad-atwood-caligari/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/noir-festival-omaggio-ad-atwood-caligari/#respond Fri, 01 Dec 2017 07:57:51 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9699 Al via dal 4 dicembre la XXVII edizione del Noir in Festival, divenuto milanese da soli due anni dopo una lunga e fortunata permanenza nella suggestiva e inquietante Courmayeur. Sono finiti i bei tempi delle proiezioni al Palanoir e delle passeggiate post film nella neve: ma il festival del Noir, nonostante il trasloco, non se […]

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Al via dal 4 dicembre la XXVII edizione del Noir in Festival, divenuto milanese da soli due anni dopo una lunga e fortunata permanenza nella suggestiva e inquietante Courmayeur.

Sono finiti i bei tempi delle proiezioni al Palanoir e delle passeggiate post film nella neve: ma il festival del Noir, nonostante il trasloco, non se la passa male, tutt’altro, mantiene le sue migliori tradizioni ma si rinnova con grandi novità: otto opere in concorso provenienti da tutto il mondo e in anteprima italiana, incontri con gli autori, due film fuori concorso, gli omaggi a Margaret Atwood e a Gloria Grahame, i tanti eventi speciali e la bella novità del Premio Caligari.

Claudio Caligari

Abbiamo incontrato Gaia Furrer, responsabile dell’ufficio cinema e programmer del Festival – oltre che delle Giornate degli Autori-Venice Days. 

Gaia, che percorso hai fatto per arrivare a un traguardo così importante?

La mia passione per il cinema è iniziata che ero bambina. Fin da piccola guardavo tantissimi film, mio padre è sempre stato un grande cinefilo. All’università studiavo letteratura ma dopo aver scoperto il corso in Storia del Cinema ho cambiato direzione, anche se ero lontana dall’immaginare che il cinema sarebbe diventata la mia professione. Prima di laurearmi feci uno stage in occasione di un festival di cinema e musica organizzato da Giorgio Gosetti a Sanremo. Anche se feci quasi solo fotocopie, con un unico e grande momento di gloria in cui andai all’aeroporto a prendere Michael Nyman, questa esperienza mi piacque così tanto che dopo la laurea tornai da Gosetti e gli chiesi di lavorare ancora insieme. Iniziai così a collaborare con l’agenzia di promozione del cinema italiano all’estero Italia Cinema, l’attuale Filmitalia, fino a quando Giorgio non ebbe la  bella idea di fondare le Giornate degli Autori. Quando mi chiese se volevo seguirlo nell’avventura veneziana non ebbi dubbi.

E dopo Venezia sei approdata anche al Noir in Festival, ora alla sua XXVII edizione. Com’è questa nuova sede lombarda, oltre che meno fredda
?

Il Noir in Festival ha una storia trentennale, io ci lavoro da “solo” 15 anni. È un Festival che ha cambiato casa più di una volta, Courmayeur è stata la sua dimora più duratura, luogo adattissimo a un festival di genere. Era meraviglioso vedere film di paura e poi uscire dalla sala e trovare metri e metri di neve… Trasferirci in Lombardia è stato proprio come quando fai un trasloco da una casa all’altra: all’inizio eravamo un po’ spaesati, ma adesso ci stiamo adattando e ci troviamo molto bene. Il Festival si snoda fra Milano e Como, cambiare e sperimentare è anche divertente.

Il Noir è un festival di cinema ma anche di letteratura. Come si conciliano questi due mondi?

Cinema e letteratura sono proprio i due polmoni del Festival, e per noi hanno la stessa importanza. Per quanto riguarda la letteratura, quest’anno l’evento più importante è la consegna del Raymond Chandler Award – il nostro premio alla carriera – alla scrittrice canadese Margaret Atwood, autrice – tra le altre cose – del bellissimo romanzo The Handmaid’s Tale da cui è stata tratta la serie in programma in questo periodo su Tim Vision. Sempre in questi giorni su Netflix va in onda Alias Grace, una miniserie basata sull’omonimo romanzo della Atwood. È una scrittrice meravigliosa  che per un soffio non ha vinto il Nobel quest’anno.

Cosa prevede il cartellone cinematografico?

Il Festival si apre e si chiude con due film fuori concorso: si inizia con il nuovo film del regista di Notting Hill Roger Michell, My Cousin Rachel con Rachel Weisz e Sam Claflin, opera davvero molto interessante che vede anche la partecipazione di Pierfrancesco Favino, e si chiude con l’ultimo film di Todd Haynes, Wonderstruck – La stanza delle meraviglie, che era in concorso a Cannes. Evento imperdibile la proiezione della versione restaurata in 4K de Il silenzio degli innocenti, a 25 anni dai 5 Oscar che ottenne il film, una versione, realizzata dal British Film Institute, davvero incredibile sotto ogni punto di vista, colore, suono, immagine. Poi c’è il concorso principale che prevede 8 film in gara, tutte anteprime italiane, che declinano il genere in modo molto diverso: c’è la vendetta al femminile di Mouly Surya, talentuosa regista indonesiana di The Murderer in Four Acts, rilettura in chiave contemporanea dello spaghetti western; l’esordio al lungometraggio della regista irlandese Juanita Wilson con il thriller Tomato Red e il ritorno alla regia (dopo sei anni da We need to talk about Kevin) della scozzese Lynne Ramsay che con You Were Never Really Here ci regala una performance incredibile di Joaquin Phoenix qui nei panni di un brutale vendicatore. Da non perdere anche Burn Out di Yann Gozlan, film francese adrenalinico ambientato nel mondo delle corse di moto; Handia – Giant, film storico parlato in lingua basca che – come ha detto qualcuno – sta a metà tra il cinema di Lynch e quello di Lean; Euthanizer di Teemu Nikki,  una dark comedy finlandese con atmosfera da B-Movie, Madame Hyde di Serge Bozon con Isabelle Huppert che interpreta in chiave grottesca e surreale il mito ottocentesco di Dr. Jekyll e Mr. Hyde e infine lo svedese  The Nile Hilton Incident di Tarek Saleh su un detective corrotto della polizia del Cairo. Insomma, tutti lavori molto diversi che saranno giudicati da una giuria internazionale composta da 5 personalità del mondo del cinema, due giovani attori italiani, un critico francese, una regista britannica e un fotografo spagnolo (a breve renderemo noti i nomi).

Questa edizione introduce inoltre un’importante novità, il Premio Caligari. Di cosa si tratta?

Sì, quest’anno ci sarà anche un concorso di opere italiane in memoria di Claudio Caligari che premierà il miglior noir italiano uscito nelle sale nel corso del 2017. Fra i film in gara l’ultimo dei Manetti Bros, Ammore e malavita, il film d’animazione Gatta Cenerentola, Sicilian Ghost Story di Grassadonia e Piazza, Falchi di Toni D’Angelo, Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda, I figli della notte di Andrea De Sica, Monolith di Ivan Silvestrini e  l’esordio alla regia di Donato Carrisi La ragazza nella nebbia. Questi film saranno giudicati da una giuria popolare composta da studenti universitari e appassionati, affiancati da due critici cinematografici e un presidente che guiderà le discussioni di voto.

Come si svolge il lavoro di selezione delle opere in concorso? È molto diverso rispetto a quello di Venezia?

Molto, perché per Venezia richiediamo esclusivamente prime mondiali. Per il Noir, invece, essendo più elastici rispetto allo status del film (esigiamo solo l’anteprima italiana) possiamo permetterci di selezionare film che hanno già avuto vita festivaliera altrove. Questo comporta un approccio alla ricerca completamente diverso.

Perché, secondo te, tante persone – in particolar modo i giovani – amano questo genere cinematografico?

Io credo che tante persone amino questo genere innanzitutto perché un thriller, se è un buon thriller, intrattiene ma soprattutto fa lavorare il cervello. È un tipo di cinema che ti fa essere attivo, che ti fa ragionare, passi tutto il tempo a chiederti cosa accadrà, scena dopo scena. E poi la paura attrae: persino mio figlio – che ha 10 anni – è affascinato solo dalle copertine dei DVD dei film horror. È un richiamo inconscio verso la paura: il mistero ci spaventa e allo stesso tempo ci attira irresistibilmente. E infine credo che guardare questo tipo di film sia anche un modo per esorcizzare la paura, non solo per gli spettatori ma anche per i grandi maestri: primo fra tutti Dario Argento, che ha sempre dichiarato di fare film horror per superare i suoi incubi.

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“Favola”: Filippo Timi è una casalinga anni ’50 https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/favola-filippo-timi-casalinga-anni-50/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/favola-filippo-timi-casalinga-anni-50/#respond Thu, 30 Nov 2017 14:32:03 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9717 Una casa vaporosa e colorata come una bomboniera, una casalinga impeccabile tutti sorrisi, tacchi, messa in piega e abiti svasati in colori pastello, una barboncina (finta) spettatrice impietosa della vicenda. Favola è stato uno spettacolo autobiografico scritto e interpretato da Filippo Timi che ha girato l’Italia con successo. La complicità del regista Sebastiano Mauri e […]

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Una casa vaporosa e colorata come una bomboniera, una casalinga impeccabile tutti sorrisi, tacchi, messa in piega e abiti svasati in colori pastello, una barboncina (finta) spettatrice impietosa della vicenda. Favola è stato uno spettacolo autobiografico scritto e interpretato da Filippo Timi che ha girato l’Italia con successo. La complicità del regista Sebastiano Mauri e della coprotagonista Lucia Mascino ha permesso di realizzare il sogno dell’autore trasformando Favola in un film. Con due media così diversi, il tradimento era non solo auspicabile bensì necessario. E Favola, prodotto grazie all’intervento di Palomar, tradisce il materiale d’origine nella forma più che nella sostanza connotandosi come un’opera unica.

Se si esclude qualche libertà nella parte finale, il film di Mauri persegue con eccezionale tenacia l’unità di luogo. Tutta l’azione si svolge nell’artificiosa casetta di Mrs. Fairytale, alter ego “da sogno” di Filippo Timi che passa il tempo parlando con la cagnolina Lady e rassettando l’appartamento perché “più una donna fatica in casa più è bella agli occhi del marito”. Pur essendo sola tutto il giorno, visto che il marito Stan torna dal lavoro solo la sera in tempo per picchiarla ed esercitare il suo ruolo di capofamiglia, la giornata di Fairytale viene movimentata da un via vai di ospiti, dall’arcigna madre interpretata da Piera degli Esposti ai tre aitanti gemelli che vivono nella villetta vicina, Tim, Ted e Glenn, ma la visitatrice più assidua è Mrs. Emerald (Lucia Mascino), migliore amica e confidente di Fairytale che, a sua volta, deve vedersela con un marito distante e disinteressato.

Un'immagine da FavolaParlando dell’approdo al cinema, Filippo Timi spiega: “A teatro Fairytale è un personaggio. Lo spettacolo poteva durare due ore e un quarto o arrivare a tre, giocavamo sull’improvvisazione. Al cinema i personaggi si sono trasformati in persone. L’immaginario degli anni ‘50 mi è servito per esasperare le differenze tra maschile e femminile. Era un’epoca in cui le donne erano obbligate a innamorarsi della lavatrice. Ma serviva anche a me per cimentarmi in qualcosa di diverso. Io sono un cinghiale umbro, trasformarmi in una casalinga americana era quanto di più lontano potessi immaginare”.

Senza svelare troppo della trama, i colpi di scena che vedono coinvolte Fairytale e l’amica Emerald hanno molto a che vedere con l’immaginario di Filippo Timi. Chi conosce l’attore sa bene che le sue provocazioni ruotano spesso e volentieri intorno alla sua sessualità e non è la prima volta che lo vediamo in scena en travesti, impegnato a riflettere sulla propria identità. La conferma arriva dal regista Sebastiano Mauri, il quale ammette che le influenze dichiarate, in particolare Douglas Sirk, gli hanno permesso di toccare temi delicati come la libera espressione del proprio io e la guerra contro le convenzioni di genere. “Ci siamo rifatti ai drammi di Douglas Sirk, ma anche ad autori più recenti come Todd Haynes e Pedro Almodovar usando scenografie, costumi e luci per abbracciare lo stato d’animo dei personaggi. Tutto è al servizio delle emozioni. Questo è un mondo irreale perché esiste nella testa della nostra protagonista. Douglas Sirk parlava di sottomissione della donna. Anche noi trattiamo temi delicati, ma lo facciamo con leggerezza, a volte sfioriamo il demenziale”.

Filippo Timi, protagonista di Favola
Filippo Timi

Favola permette a Filippo Timi di liberare il proprio talento istrionico cimentandosi in lunghi monologhi, sbandierando vezzi linguistici (tra cui un uso molto personale della “z”) e sfoderando le proprie abilità fisiche. L’attore, che si muove sui tacchi con eccezionale agilità, ammette di essere stato aiutato dal pattinaggio artistico. “La prima cosa che ti insegnano è che se stai fermo cadi. Sui tacchi è uguale. Portando il 47 ho una pianta bella larga che ha richiesto dei tacchi piuttosto alti per non creare un effetto zattera. Quello che ho imparato è che trasformarsi in una donna è fisicamente doloroso”.

Favola è una girandola di gag, duetti, invenzioni; un’opera punteggiata di dialoghi scoppiettanti che valorizza la chimica instauratasi tra Timi e la compagna di set Lucia Mascino, novella Kim Novak che appare in scena sfoggiando abiti che ricalcano le mise della bionda di Hitchcock. La patina ironica lascia, però, trapelare riflessioni ben più profonde legate alla solitudine all’identità, alle dinamiche tra i sessi e all’accettazione di sé che danno all’opera con ben altro peso. Come confessa Filippo Timi “di me in Fairytale c’è il desiderio, un giorno, di essere felice per quello che sono senza essere incasellato in qualcosa”.

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“Riccardo va all’inferno” tra musiche e colori https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/riccardo-va-allinferno-musiche-colori/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/riccardo-va-allinferno-musiche-colori/#respond Tue, 28 Nov 2017 08:37:04 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9692 La cifra stilistica di Riccardo va all’inferno, presentato al Torino Film Festival, ce la fornisce un verme che striscia, lento ma inesorabile, all’interno di un plastico su cui il nobile appena uscito dal manicomio progetta la sua vendetta contro la famiglia. Il sozzo e il sublime convivono in un’opera a tinte forti che segna in parte […]

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La cifra stilistica di Riccardo va all’inferno, presentato al Torino Film Festival, ce la fornisce un verme che striscia, lento ma inesorabile, all’interno di un plastico su cui il nobile appena uscito dal manicomio progetta la sua vendetta contro la famiglia. Il sozzo e il sublime convivono in un’opera a tinte forti che segna in parte una svolta per Roberta Torre. Non mancano certo colori, toni accesi, scene di sesso e momenti in cui il grottesco la fa da padrone, tutte caratteristiche imprescindibili nel cinema della regista milanese. Ma stavolta la struttura narrativa dell’opera del Bardo impedisce divagazioni. Una serie di titoli in sovrimpressione scandisce in uno speciale couwntdown funebre le vittime della lucida vendetta di Riccardo, privato della salute e dell’infanzia dagli sconsiderati fratelli.

sul set di Riccardo va all'inferno: Roberta Torre
Roberta Torre

Roberta Torre opta per umanizzare il suo nobile che cova rabbia e ferocia fornendogli un passato e una giustificazione razionale, ma il valore aggiunto al film è frutto dell’interpretazione di Massimo Ranieri, a suo agio sia nella rappresentazione del lato sordido del potere e negli aspri scambi di battute coi familiari che nei suggestivi numeri canori, i quali scandiscono le tappe di quello che è un vero e proprio musical. «L’adesione al musical mi offre la possibilità di cambiare registro, codici narrativi, passando dalla prosa ai versi» ammette Roberta Torre. «Le parti musicali sono come delle visioni, rappresentano un mondo a parte, un sogno. Grazie a queste possibilità espressive ho potuto rappresentare Riccardo per quello che è, un attore, un bugiardo che ti ammazza col sorriso, ti dice una cosa e ne pensa un’altra».

E chi meglio di un cantante consumato, abituato a stare sul palcoscenico fin dalla tenera età, per interpretare il duplice Riccardo? Massimo Ranieri mette la sua voce e la sua espressività al servizio di questo Riccardo dal look punk e dall’animo tormentato, che nel corso del pranzo di famiglia giura di desiderare la pace mentre trama segretamente contro i fratelli in uno scantinato accessoriato di congegni e telecamere. Riccardo spia i familiari che a loro volta lottano per conservare il potere nel Regno del Tiburtino, dove controllano il traffico di droga. «Dopo l’uscita dal manicomio del mio personaggio vi è un’inquadratura in cui viene ripreso di spalle» spiega Massimo Ranieri. «Questa immagine è un’idea di Roberta Torre. Vediamo Riccardo di spalle con il mantello addosso. È un mantello pesante, che evoca la pesantezza della vita. Questo mantello mi fa fatto pensare al Nosferatu di Murnau, ma con una differenza: Nosferatu si nutre di sangue, Riccardo si nutre dell’amore che non ha mai avuto».

un'immagine di Riccardo va all'infernoRoberta Torre crea un felice equilibrio tra parti cantante e recitate, tradendo il Bardo là dove necessario per modernizzare e rendere vicina alla sensibilità del pubblico contemporaneo la tragedia di Riccardo. Il dramma del potere diviene così un dramma della solitudine, l’inferno di Riccardo è la condanna a non riuscire ad amare anche se vorrebbe, le sue dichiarazioni d’amore non sono false e si librano nei momenti musicali in cui la teatralità della pellicola raggiunge il suo apice. Il film della Torre è una conferma, dopo Ammore e malavita dei Manetti Bros., che oggi il musical in Italia è possibile. «Ho avuto la fortuna di trovare un produttore sensibile all’aspetto musicale, ma questo è stato l’anno dei musical. Il genere è stato sdoganato, forse in futuro sarà più facile» commenta la regista che, nella sua attualizzazione, ha scelto di affiancare a Riccardo una presenza femminile altrettanto forte, una Regina Madre a metà tra la strega cattiva delle fiabe e una dark lady che ha ecceduto nell’uso del botox, interpretata da una straordinaria Sonia Bergamasco. La Torre ammette di essere sempre stata affascinata «dalle donne shakespeariane dotate di una natura passiva, ma di un’incredibile capacità di generare fantasiose maledizioni. Nel mio film, però, le donne agiscono. I tempi sono cambiati, questo è un Riccardo III 2.0».

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Corner Fabrique e Festa del Cinema: una scommessa vinta https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/corner-fabrique-festa-del-cinema-scommessa-vinta/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/corner-fabrique-festa-del-cinema-scommessa-vinta/#respond Tue, 07 Nov 2017 13:55:33 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9574 Dieci giorni di film, anteprime, retrospettive, convegni, incontri ravvicinati con personalità del mondo del cinema e non solo. Roma Film Fest dodicesima edizione è stata tutto questo e noi c’eravamo con il corner Fabrique, nello spazio Romeur Academy, in cui sono passati amici, ospiti e curiosi. Dirette Instagram, condotte da Maria Concetta Valente (e curate […]

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Dieci giorni di film, anteprime, retrospettive, convegni, incontri ravvicinati con personalità del mondo del cinema e non solo. Roma Film Fest dodicesima edizione è stata tutto questo e noi c’eravamo con il corner Fabrique, nello spazio Romeur Academy, in cui sono passati amici, ospiti e curiosi.

Dirette Instagram, condotte da Maria Concetta Valente (e curate dalla sottoscritta…), per raccontare questa “festa” del cinema nei suoi aspetti più curiosi e meno mainstream. Poco tappeto rosso e più nuovo cinema italiano, senza tralasciare ovviamente le notizie delle grandi star presenti a Roma. 36 film in selezione ufficiale (di italiani solo i fratelli Taviani, con Una questione privata ), 6 in “Tutti ne parlano”, 3 eventi speciali e alcuni titoli in collaborazione con Alice nella Città, la sezione indipendente (con concorso) dedicata alle tematiche più giovanili. Poi gli omaggi – a Totò con il restauro di Miseria e nobiltà (Mario Mattoli, 1954), Borotalco di Carlo Verdone, Dillinger è morto di Marco Ferreri e Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo. Una retrospettiva dedicata alla scuola italiana con film di Elio Petri, Vittorio De Sica, Pasolini, Monicelli, Rossellini, Fellini, a ingresso libero al Cinema Trevi.

il corner fabrique
Le interviste al Corner Fabrique

Se infatti l’Auditorium Parco della Musica è stato il quartier generale della Festa diretta da Antonio Monda, i film ed eventi erano “disseminati” tra MAXXI, My Cityplex Europa, Admiral, Teatro Palladium, Teatro Torbellamonaca, Policlinico Universitario Gemelli e il carcere circondariale di Rebibbia. Una scelta di far arrivare il cinema ovunque.

La festa del cinema di Roma inizia quindi, dopo qualche anno di confusione, a prendere forma e carattere, dando grande importanza al pubblico di appassionati e non solo di addetti ai lavori. E così che all’Auditorium, tra star e stampa, arrivavano scolaresche numerose, con cui vedere i film in sala è stata un’esperienza più che unica. È il caso del film animato The Breadwinner di Nora Twomey (prodotto da Angelina Jolie), durante il quale i ragazzi hanno esultato e partecipato con grande pathos alla storia ambientata in Afghanistan.

Ma se in selezione ufficiale appunto era presente solo un film italiano, il cinema nostrano è stato comunque protagonista, con le pre-aperture (La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi, Terapia di coppia per amanti di Alessio M. Federici, The italian job di Marco Spagnoli, Moravia Off di Luca Lancise) e la chiusura, attesissima, con The Place di Genovese.

Al corner Fabrique però, abbiamo ospitato soprattutto il cinema che sta nascendo, quelle delle opere prime e seconde, dei giovani che scommettono sulla produzione e distribuzione, nonostante si parli di crisi del settore. Sono state con noi le “Prime donne” Liliana Fiorelli e Adele Piras – per la web serie prodotta da Disparte e distribuita da Première di Roberto De Feo, poi Stefano Muroni, Valeria Luzi e Marco Cassini,  che hanno appena fondato la Controluce Produzione, Alessia Alciati, che recita nel film di Alessio M. Federici ma sta per iniziare un’avventura su un set made in USA, gli attori emergenti Guglielmo Favilla (film Taviani) e Leonardo Santini (film di Ligabue in post produzione), Demetra Bellina, attrice e rocker, Eleonora De Luca, giovanissima protagonista de L’ora legale di Ficarra e Picone, e ancora Niccolò Gentili, Paolo Mannarino, Frank Matano, ma anche Paolo Briguglia e Remo Girone, attori nel corto per il sessantennale di AMREF, con il regista Antonio Costa e la produttrice Laura Catalano. Abbiamo anche scherzato con l’orso di Paddington 2 e la sua voce italiana, Francesco Mandelli – e con i Manetti Bros, in veste di produttori del film In un giorno la fine, un horror movie italiano ambientato in un ascensore in cui Alessandro Roja resta chiuso per tutto il film (di Daniele Misischia, anche lui nostro ospite).

Al corner Fabrique ci siamo goduti gli incontri con Xavier Dolan e David Lynch, ma anche con Fiorello e Nanni Moretti. Il pubblico della Festa ha premiato il film Borg McEnroe di Janus Metz, e si sa, il pubblico decide, soprattutto in sala. Fabrique segnala i film italiani della sezione Panorama Italia 16+ di Alice nella Città: da Metti una notte di Cosimo Messeri a Si muore tutti democristiani de Il Terzo Segreto di Satira, passando per Guarda in alto di Fulvio Risuleo e i numerosi corti (di Federico Zampaglione, Guido Lombardi, Alain Parroni, Giulia Regini).

Dolan alla festa di roma - corner fabrique
il regista Xavier Dolan

Io, perdonatemi, tradisco l’Italia per un film che difficilmente troverà distribuzione nel nostro Paese (qualche distributore coraggioso tra i lettori?): Los Adioses di Natalia Beristain, giovane regista messicana, con la bravissima attrice Karina Gidi, che racconta la vita di Rosario Castellanos, una delle più grandi scrittrici del ventesimo secolo, che reagisce alla società dominata dal potere maschile, diventando una delle figure chiave del femminismo latinoamericano. Un tema che andrebbe rispolverato più spesso, specie ultimamente…

 

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Terzo Segreto di Satira: siamo tutti democristiani https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/terzo-segreto-satira-tutti-democristiani/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/terzo-segreto-satira-tutti-democristiani/#respond Sat, 04 Nov 2017 14:20:07 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9566 Quelli diventati di sinistra solo perché hanno fatto il liceo classico, quelli che sono andati in Erasmus per primi, quando ancora bisognava spiegare quale fosse il nesso fra il filosofo olandese e un viaggio studio in Europa. Quelli la cui ansia di cambiare il mondo è finita in una caserma di Genova nel 2001, quelli […]

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Quelli diventati di sinistra solo perché hanno fatto il liceo classico, quelli che sono andati in Erasmus per primi, quando ancora bisognava spiegare quale fosse il nesso fra il filosofo olandese e un viaggio studio in Europa. Quelli la cui ansia di cambiare il mondo è finita in una caserma di Genova nel 2001, quelli che i padri hanno manifestato nel ‘68 ma loro di più, le madri erano femministe ma loro di più, quelli che a differenza dei genitori resteranno duri e puri. Ma poi finiscono per diventare come loro: e cioè irrimediabilmente democristiani.

Sorpresa: l’esordio cinematografico del Terzo Segreto di Satira – collettivo milanese “cugino”, ma meglio sarebbe dire rivale, di The Jackal – non parla ai millennials né cerca il consenso dei retespettatori, che li hanno conosciuti sul web con il Favoloso Mondo di Pisapie. Al centro di Si muore tutti democristiani di Davide Rossi, Andrea Mazzarella, Pietro Belfiore, Davide Bonacina e Andrea Fadenti (presentato da Alice nella Città alla Festa di Roma e coprodotto dalla Pupkin di Rita Rognoni, la company italiana più rock sulla scena) c’è piuttosto la generazione dei quarantenni. E il loro irrimediabile, conclamato fallimento esistenziale.

Con cattiveria e lucidità, e punte di crudeltà sul finale, le storie di Stefano, Fabrizio ed Enrico, videomaker “nel sociale” alle prese con una grossa questione morale, riflettono disillusioni e tradimenti di una generazione che sosteneva di volere “un altro mondo possibile” ma non è riuscita a cambiare di una virgola quello che aveva a disposizione. E non perché le mancassero i mezzi, attenzione: perché forse, in fondo, non ci ha nemmeno provato per davvero.

Quarantenni senza rotta, attaccati a un’ideale di sinistra che non c’è più (non c’è la sinistra, non c’è l’ideale: il collettivo stesso qualche anno fa si definiva vendoliano, oggi chissà), in un paese allo sbando, alla rovescia, dove i partigiani sono ancora “ragazzi”, a nessuno importa cosa sia il 25 aprile, l’idea di collettività è sparita, la solidarietà è un business marcio come gli altri. E il quarto stato che marcia verso la vittoria non è fatto di operai e braccianti, ma di imprenditori, commercialisti ed evasori.

Da sempre interessato alla politica, e già in tv tra l’altro con Ballarò e Piazza Pulita, il Terzo Segreto di Satira realizza un progetto maturo nel tema e nella realizzazione, con un impianto da film che si allontana dalla forma sketch retevisiva pur non rinnegandola: un incontro tra mondi evidente anche nelle guest star invitate a partecipare, da una parte il web con i cameo del Milanese Imbruttito e gli amici di Casa Surace, dall’altro il teatro con Paolo Rossi, il mondo del talk show con Lilli Gruber e Peter Gomez, il cinema con Francesco Mandelli. E se lo script di tanto in tanto si scombina, tra flashback, sequenze oniriche e un certo sbilanciamento tra i protagonisti, resta forte l’attaccamento ai personaggi, ai loro dilemmi esistenziali, alle loro tragicomiche esperienze. Dunque si ride, e molto, in questo cattivissimo film.

E ridere di un fallimento, fosse anche il nostro, è il primo passo per riconoscerlo: non è mai troppo tardi per capire che sì, nonostante i nostri sforzi moriremo tutti. Democristiani.

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The Jackal, la caduta del precario https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/the-jackal-la-caduta-del-precario/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/the-jackal-la-caduta-del-precario/#respond Fri, 03 Nov 2017 08:35:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9559 Italia, paese di precari. Chiudi gli occhi. Fai passare cinque, sei anni. Riaprili. L’Italia è sempre un paese di precari. Talmente tanto che il precario ipertitolato-pronto-a-tutto è diventato una specie di nuovo archetipo della moderna commedia italiana. Da Tutta la vita davanti (2008) a Fuga dal call center (2009), passando per Generazione 1000 euro (2009), […]

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Italia, paese di precari. Chiudi gli occhi. Fai passare cinque, sei anni. Riaprili. L’Italia è sempre un paese di precari. Talmente tanto che il precario ipertitolato-pronto-a-tutto è diventato una specie di nuovo archetipo della moderna commedia italiana.

Da Tutta la vita davanti (2008) a Fuga dal call center (2009), passando per Generazione 1000 euro (2009), Smetto quando voglio (2014) e The Workers (2012), da qualche anno è tutto un cinefiorire di vulcanologi, laureati con lode, neurobiologi, matematici e freelance impiegati nei sottoscala di luride cucine (spesso cinesi, chissà perché) o semplicemente senza lavoro.

Ultimi in ordine di tempo – e già questo, da parte loro, è piuttosto strano – anche i The Jackal portano al cinema, e prima ancora alla Festa di Roma, nella sezione Alice nella Città, la loro lettura del precariato italiano con Addio fottuti musi verdi, storia di un grafico pubblicitario (Ciro Priello) che, stufo di non trovare lavoro in Italia, manda il suo curriculum nello spazio. E viene assunto. Dagli alieni.

Una premessa gustosa che si innesta però su un tema stanco, quasi istituzionalizzato. E perciò privo di carica eversiva. Intendiamoci: funzionano i siparietti con gli attori di Gomorra (Fortunato Cerlino e Salvatore Esposito), funziona la guest star Gigi D’Alessio, funzionano le trovate narrative – il curriculum nello spazio, il contratto a tempo indeterminato come il Graal di una generazione, il popolo alieno come metafora non troppo velata della Germania di Merkel – ma manca l’affondo satirico, la sciabolata intelligente, manca lo spirito dissacrante, manca insomma quella capacità dei The Jackal, le teste matte dietro a Lost in Google, di smontare comicamente il reale e di farlo sempre un passo avanti agli altri. Il mestiere, insomma, c’è: ma dov’è finita l’inventiva?

Con Addio fottuti musi verdi si assiste con un pizzico di delusione al processo di normalizzazione della libertà creativa della factory napoletana – evidente soprattutto nella confezione del pacchetto: voce fuori campo, sottile plot di amicizia/responsabilità, “chiusura dei rubinetti” finale – la cui responsabilità potrebbe risiedere nell’importante presenza di Cattleya in produzione. Un intervento ingombrante che, se ha levato qualcosa in fase di scrittura, ha tuttavia restituito altrettanto in realizzazione e post produzione, consegnando agli spettatori una fantascienza made in Italy davvero credibile. Ed è questo probabilmente l’aspetto più riuscito del film: l’aver provato con successo ad alzare l’asticella dell’ambizione di genere, tentando una strada – quella della sci-fi – ritenuta impraticabile localmente a livello produttivo.

Il bilancio della prima avventura cinematografica dei The Jackal si chiude quindi in sufficienza, con un prodotto molto al di sotto delle aspettative e leggero come un cinepanettone per millennials. Buono per ridere qui e ora, a una condizione: quella di non pensare che, da dieci anni a questa parte, l’unico traguardo raggiunto in commedia è stato quello di trasformare i precari da personaggi a macchiette.

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Flavia Mattei, giovane promessa in “Metti una notte” https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/flavia-mattei-giovane-promessa-metti-notte/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/flavia-mattei-giovane-promessa-metti-notte/#respond Mon, 30 Oct 2017 13:16:44 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9523 Undici anni. È l’età in cui Emma Watson, dopo otto audizioni, ottiene il ruolo di Hermione Granger nella saga di Harry Potter, l’età in cui Dakota Fanning recita per Steven Spielberg ne La guerra dei mondi, quella in cui Millie Bobby Brown viene scelta per la parte di Eleven nel cult di Netflix Stranger Things. […]

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Undici anni. È l’età in cui Emma Watson, dopo otto audizioni, ottiene il ruolo di Hermione Granger nella saga di Harry Potter, l’età in cui Dakota Fanning recita per Steven Spielberg ne La guerra dei mondi, quella in cui Millie Bobby Brown viene scelta per la parte di Eleven nel cult di Netflix Stranger Things. A undici anni non importa quale sia la propria formazione: si è già attori. Oppure non lo si diventerà mai.

Per Flavia Mattei, 11 anni, giovanissima attrice romana, il battesimo del set è arrivato per caso, con un ruolo da coprotagonista nella delicata commedia per ragazzi Metti una notte dell’esordiente (e figlio d’arte) Cosimo Messeri, presentata in questi giorni alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella Città. Madrina d’eccezione del suo giovane talento è stata Amanda Lear, icona cine-pop da tempo emigrata in Francia e qui tornata, dopo qualche anno di assenza, su un set italiano.

una scena del film Metti una sera con Flavia Mattei

[questionIcon]Flavia, come hai ottenuto la parte?

[answerIcon]Un giorno mamma mi ha detto che facevano dei provini vicino a casa e mi ha chiesto se volessi partecipare, precisando subito che non mi sarei dovuta offendere se non mi avessero scelta. All’inizio non l’ho presa sul serio. Ho fatto quattro provini: nel primo ho parlato di me stessa, le altre volte si trattava di prove su parte. All’ultimo provino è arrivato il regista.

Cosimo Messeri regista del film Metti una sera, con Flavia Mattei

[questionIcon]Avevi già qualche esperienza alle spalle come attrice?

[answerIcon]Faccio teatro con i miei amici, ma non avevo mai pensato di recitare in un vero film. È stato strano. Ma un’esperienza così sicuramente la rifarei. I miei genitori sono d’accordo, solo che prima devo studiare… sono all’inizio della prima media.

[questionIcon]Amici e insegnanti come l’hanno presa?

[answerIcon]Gli amici bene, le professoresse non lo sanno ancora. Lo sanno le mie maestre delle elementari.

[questionIcon]Sei emozionata? La Festa di Roma che effetto ti fa?

[answerIcon]Mi emoziona il fatto che qui ci siano tante persone che vedranno il film. Per fortuna ci sono molti attori famosi su cui spero si concentri il pubblico…

[questionIcon]Come definiresti il tuo personaggio?

[answerIcon]Linda è una ragazzina molto vivace e la nipote di Lulù, sua nonna, che segue ovunque. Nel suo essere molto positiva un po’mi somiglia.

[questionIcon]Com’è stato lavorare con Amanda Lear, qui nei panni di tua nonna?

[answerIcon]Non la conoscevo. I miei genitori invece erano molto emozionati. È una persona come le altre, una bravissima professionista. Mi ha incoraggiata a continuare.

Amanda Lear in una scena del film Metti una sera, con Flavia Mattei

[questionIcon]E quindi adesso da grande vorresti fare…

[answerIcon]L’attrice. Ma voglio anche laurearmi. E mi piacerebbe anche lavorare sul set in generale, non per forza come attrice. Mi piace il lavoro di squadra, l’aria di famiglia che si respira durante le riprese, ho trovato una bellissima atmosfera.

[questionIcon]Il tuo film del cuore?

[answerIcon]Ritorno al futuro, me l’hanno fatto vedere i miei. E io l’ho fatto vedere a tutti i miei amici.

[questionIcon]C’è una giovane attrice che ammiri particolarmente?

[answerIcon]Ce ne sono tante… Ma più di tutte amo Meryl Streep, è incredibile. Solo che… non è tanto giovane, vero?

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