Alla Mostra del Cinema di Venezia è arrivato il momento di Il bene mio (qui il trailer ufficiale), evento speciale Fuori Concorso alle Giornate degli Autori. Che Sergio Rubini fosse un attore versatile e capace di tirare fuori il meglio di sé lavorando nella sua Puglia era già chiaro. Il legame forte tra un artista e la sua terra fa sempre bene a quel cinema che guarda a un sano regionalismo iscritto in una visi. Per Il bene mio l’attore di Grumo Appula ha tenuto le redini di un intero film da protagonista assoluto. Recita nei panni solitari di Elia, vedovo e ultimo abitante di un paesino abbandonato anni prima a causa di un terremoto. I cigolii nel vento della piazza gli riportano alla memoria i suoi compaesani vittime sotto le macerie e tanti affetti speciali. Il sindaco suo cognato vorrebbe farlo trasferire a valle, nel paese nuovo con tutti gli altri, ma neanche l’amico del cuore Gesualdo riesce a smuoverlo dalla sua fissazione. Nel frattempo, arriva a nascondersi in paese una donna e il povero Elia scambierà la strana presenza con il fantasma di sua moglie.
Il nuovo lavoro firmato Pippo Mezzapesa si basa su alcuni temi principali come trauma e deurbanizzazione post-terremoto insieme ai legami umani fondamentali per trovare la ragione di andare avanti, più un pizzico di problematiche sull’immigrazione clandestina. Il regista pugliese tesse una commedia agrodolce che non tralascia momenti toccanti da una parte e s’impreziosisce, dall’altra, con duetti molto godibili grazie al solito Dino Abbrescia, un caratterista di razza la cui presenza è sinonimo di ritmo e qualità. Il suo Gesualdo è il migliore amico di Elia, gli organizza intorno visite guidate per esplorare Provvidenza, il paese deserto, e far conoscere ai turisti il suo ultimo abitante.
Finanziato con i fondi di Regione Lazio, Regione Puglia, Unione Europea e Apulia Film Commision, questo film si basa su una dislocazione dei set che ha coinvolto tre comuni: Gravina di Puglia e Poggiorsini soprattutto per le panoramiche sui paesaggi, e Apice, nel beneventano per il borgo semidistrutto e abbandonato. Mezzapesa è riuscito a plasmare le tre location nella fittizia località di Provvidenza. Nome con qualche reminiscenza western italianizzata. Le inquadrature che ne derivano accarezzano affettuosamente quell’Italia ferita dai crolli, ma anche quei borghi incantati che costellano gli Appennini. E in questo microcosmo si muovono uomini e donne con storie di tutti i giorni.
Il personaggio di Elia si contrappone al sindaco e al capo dei vigili per la sua ostinazione nel voler ricostruire. La sua memoria viene presa al meglio come souvenir dall’amico Gesualdo ma la speranza di ricominciare gli viene stigmatizzata quasi come follia, giù dal paese nuovo. Meglio dimenticare per affievolire il dolore o affrontarlo cambiando in bene con esso? È qui che agisce il sopravvissuto Elio/Rubini. L’attore disegna su di sé con semplicità i tortuosi percorsi del senso di colpa. Chi sopravvive da solo a volte avrebbe preferito morire. L’ironia della vita ancor prima che della sorte gira come una moneta tra le scene di Mezzapesa. La sua opera convince perché trova i giusti tempi su tutto. E poi riesce a parlare di Sud senza metterci minimamente in mezzo camorre e mafie varie. Oggi come oggi una mosca bianca.