Napoli. Una ragazza al posto sbagliato nel momento sbagliato viene arrestata con addosso la droga di un corriere, il suo ragazzo. Ci spostiamo sull’isola di Nisida, un posto quasi irreale nel Golfo di Napoli dove si trova davvero un istituto penale minorile. Desiré di Mario Vezza ha un incipit da Mare fuori e una delicatezza introspettiva che ricorda il Fiore di Claudio Giovannesi. La protagonista è una sedicenne di origini nigeriane. Uno scricciolo d’energia stretta che con le sue due lingue madri porta due mondi dentro di sé: napoletano e francese. Testa alta e muso duro a proteggerne tenerezza e fragilità tipiche di quell’età, l’interpretazione di Nassiratou Zanre ci rende molto vividamente la forza di un’adolescente che vuole crescere a tutti i costi. Anche dal carcere, anche con una madre problematica che di tanto in tanto verrà a trovarla. Anche se il mondo intorno sembra implodere in quell’isolotto a ferro di cavallo con un mare cristallino dove fare il bagno, seppur sorvegliate dalle secondine, è un lusso per pochi.
Forse una via per fuggire da quelle mura è il teatro. Negli ultimi anni lo abbiamo visto con Grazie ragazzi di Riccardo Milani e ancor prima con il Cesare deve morire dei Taviani. Un insegnante di teatro, barba candida e passione artistica di Enrico Lo Verso, segue il gruppo di giovani detenute dove con fatica inizia ad ambientarsi anche Desiré. Lavorare su sé stesse per mettere in scena l’Amleto sarà il trampolino non solo per la protagonista, ma anche per tutte le altre ragazze. Un nuovo modo per apprezzare la loro vita di giovani donne. Emotività e percorsi interiori non emergono da sequenze di prove estenuanti (praticamente assenti) quanto più dai confronti con il loro maestro a fine prove. Una stilizzazione ottimamente congegnata alla base di una regia lineare che ne evidenzia i pregi senza mai strafare.
Il teatro come chiave capace di dischiudere la vita lo intende anche una secondina in una battuta con le ragazze dove ammetterà a mezza bocca di vivere già facendo teatro tutti i giorni. Un piccolo segno sulla condizione del personale penitenziario, costretto a vivere schermato dalle proprie emozioni ed empatie durante ogni turno di lavoro. La scrittura di Vezza, insieme a Fabrizio Nardi e con lo zampino di Maurizio Braucci, che ha appena accompagnato anche la sceneggiatura di Palazzina Laf, respira di mille sfumature perfettamente posate su ognuna delle ragazze che tra le mura carcerarie aspira alla vita a modo suo. Carica sessuale, rabbia, paura, resilienza, instabilità e amicizia, tutte represse tra le loro parole non dette fanno percorsi poco convenzionali attraverso queste penne, riservandoci nei giusti momenti dei buoni twist. Anche grazie alle giovani attrici del cast.
Alla Festa del Cinema di Roma n° 18, anzi meglio, ad Alice nella Città, la sezione separata che sembra un festival a sé, Desiré si è aggiudicato il Premio Raffaella Fiorella per il miglior film italiano del Panorama Italia, a sua volta sezione di Alice. Un po’ come questo gioco di sezioni a matrioska, in questo film conta il nocciolo, il coming of age diremmo con facilità o faciloneria. Invece il nocciolo qui sta semplicente nell’imparare a nuotare tra i flutti non sempre accoglienti della vita.