La vita di provincia scorre tra drammi e grigiore per i giovani protagonisti de Gli asteroidi, opera prima di Germano Maccioni, unico film italiano nel concorso internazionale di Locarno.
Il regista, che ha alle spalle una lunga esperienza teatrale, ha scelto di esordire con un film che sintetizza la crisi economica, ideologica e spirituale che la società italiana attraversa osservata in un contesto familiare, la sua Emilia. Maccioni sposta, però, l’attenzione dalla sua generazione, quella dei trentenni/quarantenni, al complicato mondo dell’adolescenza.
Per farlo sceglie tre attori non professionisti, selezionati nelle scuole del bolognese, che interpretano Pietro, Ivan e Cosmic, tre ragazzi con alle spalle un passato difficile che trovano come unica valvola di sfogo ai problemi familiari la piccola criminalità.
La vita dei giovani si divide tra liti in famiglie monche (il tema dei padri assenti, sia da vivi che da morti, risuona in tutto il film), la scuola frequentata con disinteresse, lo spaccio di droga e i furti compiuti per conto di Ugo, pizzaiolo dal passato criminale, e qualche amore giovanile che potrebbe rivelarsi salvifico. Pur rimanendo ancorato a una dimensione terrena nella descrizione della fuga dal quotidiano dei suoi tre protagonisti, il film di Maccioni rivela una tensione metafisica, una ricerca verso uno sguardo altro che lo stesso regista ammette essere parte integrante della sua arte.
«Sono ossessionato dalla filosofia e in special modo dall’esistenzialismo» spiega Maccioni. «È il tema che mi preme trattare, ma non potevo certo fare un film così pretenzioso. Così ho deciso di fare un film semplice, mantenendo alla base quelle riflessioni che mi stanno a cuore. Solo Antonioni è riuscito col finale de L’eclissi a trattare l’esistenzialismo al cinema. Solo lui avrebbe potuto fare un film su La nausea di Sartre. Ho vinto il Premio Antonioni con il mio primo corto e per me è il riconoscimento più importante perché Antonioni è il mio punto di riferimento».
Il legame de Gli asteroidi con il cinema di Antonioni è più esplicito del previsto. Location centrale del film è la Stazione Radioastronomica di Medicina, una cattedrale nel deserto che si erge nella campagna emiliana ed è stata eletta come rifugio dai tre amici, in particolare da Cosmic, ossessionato dall’astronomia e dall’idea che gli asteroidi stiano per abbattersi sulla terra cancellando la vita umana. Il regista confessa: «La stazione è una delle location principali del film. Solo dopo aver girato ho scoperto che proprio lì sono ambientate alcune scene di Deserto rosso, con Monica Vitti che si aggira tra le antenne, anche se all’epoca non c’era ancora il radiotelescopio».
A far da contraltare ai tre giovani protagonisti de Gli asteroidi vi sono due attori di grande esperienza e peso scenico, Chiara Caselli, che interpreta la madre di Pietro, e Pippo Delbono, controverso interprete teatrale che si diverte a concedersi qualche incursione sul grande schermo scardinando le regole prestabilite dell’industria.
«Io non leggo il copione, non faccio prove e sono disponibile solo pochi giorni» conferma Delbono. «Odio la psicologia dell’attore, la trovo veramente nociva. Io agisco, nel momento del ciak divento il personaggio. Sul set mi preoccupo del corpo, della fisicità, della fluidità del movimento. Se devo picchiare qualcuno, come accade nel film, non mi interessa sapere se vivrà o morirà, mi concentro sul movimento e sulla rabbia nel picchiarlo».
Germano Maccioni descrive Gli asteroidi come una fiaba nera. Il film si distacca dalla dimensione puramente realistica aprendosi a squarci onirici che si elevano dal contesto generale creando un effetto di straniamento. La fotografia cupa, le musiche ossessive firmate da Lorenzo Esposito Fornasari e Lo Stato Sociale, il gioco luci/ombre che si manifesta principalmente nelle scene notturne e nella fosca rappresentazione di Ugo, che della fiaba sarebbe naturalmente l’orco, contribuiscono a creare un’estetica che distingue il film di Maccioni dal panorama contemporaneo.
Così i ganci al quotidiano, la minaccia di pignoramento che pende sulla testa di Pietro e della madre, la figura paterna di Iva, un sindacalista in crisi che passa il tempo a ubriacarsi di fronte al videopoker, le attività sordide di Ugo, vengono stemperati in una dimensione esistenziale che sposta lo sguardo dello spettatore più in alto, verso lo sterminato cielo emiliano da cui, prima o poi, gli asteroidi tanto attesi da Cosmic dovrebbero precipitare.