Se la Berlinale dei volti noti e celebrati continua in questi giorni a raccontarsi attraverso il concorso e le altre sezioni, c’è una schiera di 250 talenti provenienti da tutto il mondo che nel Festival trovano un modo per farsi ulteriormente conoscere. E condividere le proprie storie.
Il progetto è quello del Berlinale Talents, una sorta di campus artistico a 360°, scandito da incontri, workshop, condivisioni, promozioni, insomma una vetrina, all’interno e parallelo al Festival, capace di farci scoprire il lato nascosto ed espresso di molti professionisti.
È il caso di Piernicola Di Muro, appassionato quarantenne romano, da dieci anni film composer per cinema e televisione, diventato anche music producer, che tra 5000 domande è uno dei pochi italiani in questo ambito ad essere stato scelto.
Quando parliamo, in un ristorante vicino a Potsdamer Platz, la sorpresa emerge subito riguardo ai suoi inizi, partiti grazie al Premio Oscar Vittorio Storaro: «Dal 1995 al 2000 ho studiato cinema all’Accademia Internazionale per le Arti e Scienze dell’Immagine dell’Aquila, ero lì per specializzarmi in fotografia cinematografica, fu proprio in quell’occasione che incontrai Storaro. Mi ha allevato e cresciuto, tanto che a un certo punto mi scelse per lavorare con lui fuori dall’ambito accademico, durò 6-7 anni. Ero nel camera department, tante collaborazioni, anche all’estero, ricordo il set a Praga di una serie come Dune, o su pellicole come L’esorcista – La Genesi, Mirka con Gerard Depardieu e Vanessa Redgrave. L’esperienza è stata cruciale, me ne rendo conto forse più oggi, anche se all’epoca decisi che volevo cambiare pagina e dedicarmi ad altro. Le colonne sonore appunto».
Da quel momento per Di Muro l’elaborazione creativa sul suono diventa così l’occupazione principale, una passione non solo focalizzata sulla composizione, ma che lo ha portato a confrontarsi, da autodidatta, a perfezionarsi in mixing e registrazioni. Da qualche anno infatti, uno dei progetti a cui tiene maggiormente, BeWider, lanciato nel 2013, lo ha difatti proiettato anche in una diversa orbita strumentale e di ricerca.
Ma è il binomio di musica e immagini che continua a scandire il ritmo del suo lavoro, anche pensando ai suoi riferimenti. « Il film che mi ha cambiato è stato Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg, la musica di John Williams interagisce su tutto. Negli ultimi vent’anni penso che però uno dei personaggi maggiormente rivoluzionari sia stato Hans Zimmer, senza dubbio, ha saputo concepire opere straordinarie, la sua sound signature è unica, lui come anche Alexandre Desplat, Clint Mansell, ascoltando nomi nuovi e provenienti da altri ambienti, da Ólafur Arnalds a Nils Frahm. Bisogna distinguere bene però quello che faccio io, da chi opera invece solo come musicista. Cambia naturalmente la grammatica che usi, ecco perché il background di lavoro sulle immagini si è rivelato utilissimo, conosci il montaggio, i tempi, la recitazione, e su quello puoi esprimerti, insieme ai registi, trovando il percorso sonoro giusto. Amo mischiare le librerie virtuali, le funzionalità, senza perdere i suoni veri, i violoncelli, la tecnologia deve fondersi con la performance vera».
«Desidero crescere con gli autori e andare avanti insieme – prosegue di Muro – penso a Lamberto Sanfelice, con il quale realizzai la colonna sonora di Cloro. Ora sono occupato dalla seconda stagione di una serie TV, È arrivata la felicità, e poi c’è una scommessa a cui tengo particolarmente, Echo, un cortometraggio realizzato da un regista e animator spagnolo Victor Perez. È qualcosa di sperimentale, costruito con la tecnologia motion control usata per Gravity, lui lavora negli effetti visivi, ha doti di compositing molto avanzate, la cosa interessante è che tra poco mi sposterò negli Stati Uniti, alla Skywalker Sound fondata da George Lucas, proprio per ultimare il lavoro».