A quattro anni di distanza dal sorprendente esordio con “Salvo”, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza sono tornati alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes (che questa volta hanno avuto l’onore di aprire) e alla loro opera seconda confermano tutto quanto di buono si era già visto nel primo lungometraggio. In Sicilian Ghost Story, in realtà, alzano ulteriormente l’asticella per realizzare un’opera ambiziosa, matura e audace che magari non sarà per tutti i gusti, ma difficilmente potrà lasciare indifferenti.
L’affiatato duo di registi e sceneggiatori dà subito l’impressione, fin dai primissimi minuti del film, di essere in grado di osare senza cadere nell’autoreferenzialità o in una sterile cripticità, ponendo al servizio della narrazione uno sguardo cinematografico personale e potente. D’altro canto, non è certo un caso che lo script del film si sia aggiudicato il premio alla sceneggiatura del Sundance Institute, riservato dall’organizzazione fondata da Robert Redford ai lavori degli autori considerati più promettenti in campo internazionale.
Se Salvo raccontava con indubbia forza espressiva, tra realismo e atipica love story dalle evidenti sfumature surreali, la storia di uno spietato sicario della mafia redentosi per amore della sorella di un boss che avrebbe dovuto uccidere, Sicilian Ghost Story prosegue nella medesima direzione spingendosi oltre, in favore di una sorta di realismo magico in cui regna una suggestiva commistione tra onirismo foriero di una speranza per un futuro migliore e cupo disincanto proprio di una realtà funebre, nonché apparentemente immutabile.
Giuseppe e Luna sono due tredicenni che abitano in un piccolo paese siciliano controllato dalla mafia, dove si erge un opprimente e invalicabile muro di omertà. I due vivono il loro amore come un sogno incontaminato ma ben presto, quando all’improvviso Giuseppe sparirà misteriosamente, si troveranno loro malgrado costretti a fare i conti con il tragico contesto che li circonda.
Considerato che il film si trova già nei cinema italiani distribuito da BIM, al fine di non rovinarvi il piacere della scoperta in sala, ci guardiamo bene dal proseguire con ulteriori indicazioni sulla trama. Vale la pena sottolineare, però, che Sicilian Ghost Story offre in dote al panorama cinematografico italiano due nuovi importanti autori che, nonostante si siano affacciati tardi nel mondo della settima arte (Grassadonia è del 1968, Piazza del 1970), hanno tutte le carte in regola per costruirsi un percorso artistico luminoso e denso.
Assai evocativo nella messa in scena (eccellente la fotografia di Luca Bigazzi), commovente e appassionante come un thriller intimista sospeso tra realtà e fantasia, Sicilian Ghost Story è un ottimo film capace di raccontare la Sicilia e il dramma della mafia in modo originale e inventivo. Per l’Italia il Festival di Cannes è iniziato davvero con il piede giusto. Da non perdere.