Presentato come proiezione speciale della Semaine de la Critique, I tempi felici verranno prestodi Alessandro Comodin è un film ostico, a tratti affascinante ma pretenzioso e difficile da decifrare (guarda la clip).
Non è semplice scrivere di un film come I tempi felici verranno presto a caldo, tentando di argomentare in maniera equilibrata un giudizio subito dopo la prima visione. Il regista friulano ha infatti realizzato un’opera seconda certamente ambiziosa e originale, con alcuni motivi di interesse, ma alquanto criptica e tendente a un’autoreferenzialità che si fa via via piuttosto snervante.
Diviso sostanzialmente in tre parti in cui si intrecciano riferimenti fiabeschi, arcaici e simbolico-metaforici, il film per un’ora e quaranta conduce lo spettatore in un mondo a tratti anche intrigante ma davvero difficile da decifrare. Si passa così dalla prima mezz’ora in cui due giovani scappano in un bosco per fuggire da qualche minaccia, alla seconda parte in cui una ragazza parigina si muove sul medesimo sfondo per affrontare meglio un’imprecisata malattia, fino al breve epilogo ambientato in un carcere. In più, tra la prima e la seconda parte, un intermezzo mockumentary che in qualche modo si riallaccia al contesto di una narrazione tanto libera e anticonvenzionale quanto incerta.
Inquadrature lunghe, luci naturali, totale assenza di musica (ad eccezione degli ultimi minuti), pochi dialoghi e trionfo del non detto. Quella proposta da Comodin vorrebbe essere soprattutto un’esperienza sensoriale e alcune sequenze notturne hanno senz’altro un loro fascino sul piano meramente visivo. Il problema però è che si fa davvero tanta fatica a capire cosa il cineasta friuliano voglia comunicare, raccontare e l’empatia con quanto scorre sullo schermo diviene così inevitabilmente – in maniera progressiva – un’irraggiungibile chimera.
Dopo l’apprezzato documentario presentato nel 2011 al Festival di Locarno L’estate di Giacomo, la netta sensazione è che con I tempi felici verranno presto Comodin, nel contesto del cinema di finzione, abbia voluto forzare la mano. Alzando prematuramente l’asticella delle ambizioni, però, ha finito per dare vita a un’opera che, sebbene riveli comunque le buone capacità di messa in scena del proprio autore, è alla resa dei conti pretenziosa e poco riuscita. Per Alessandro Comodin i tempi felici della maturità artistica sono ancora lontani, ma di questo trentaquattrenne cineasta friulano sentiremo comunque parlare ancora.