Dopo il successo internazionale del cortometraggio Red Line, Francesco Cannavà porta sullo schermo virtuale del Biografilm Festival 2020 Because of my Body, docufilm che tratta il difficile tema dell’assistenza sessuale alle persone disabili. Prodotto da 8Roadfilm, Replay e con partner Lovegiver – l’associazione che si occupa della formazione degli OEAS (Operatore all’emotività, alla sessualità, all’affettività) -, il lavoro del regista messinese racconta la storia di Mauro, un’operatore di 51 anni, e Claudia, una giovane ragazza che soffre di spina bifida.
La pellicola di Cannavà è prima di tutto un’azione artistica culturalmente necessaria, che racconta con grande sensibilità un tematica che in Italia patisce di un enorme vuoto sia a livello normativo sia, per l’appunto, a livello culturale. Because of my Body è un profondo e chirurgico atto di denuncia, anch’esso bivalente: da un lato il documentario è la narrazione di una mancanza fisica, dall’altro la triste consapevolezza di un abbandono sociale. In questo senso, il docufilm di Cannavà, dentro un tessuto cromatico spento come l’affettività di Claudia, sembra raccontare di una realtà lontana, quasi parallela, che è (triste) metafora di quella condizione irrevocabilmente solitaria in cui la ragazza è lasciata a se stessa – «mi manca essere toccata» ripete più volte.
Because of my Body non ha solo il merito di accendere i riflettori sul mondo degli OEAS, ma anche quello di non perdersi in una narrazione didascalica: la pellicola non descrive, non indica, ma mostra, con una camera che tende quasi sempre a stringere il campo dell’inquadratura, esacerbando l’elemento decisivo, ovvero quello del corpo. Che, per Claudia, grazie all’aiuto di Mauro, da prigione diventa fonte di scoperta. Cannavà, dunque, riesce nell’intenzione di scoperchiare un tema tabù come quello del piacere e mostrarlo come bisogno primario della persona. Accanto a questo, Cannavà tratteggia una narrazione del quotidiano di Claudia, sempre con l’occhio vigile del racconto lineare, quasi crudo nella sua asciuttezza.
Because of my Body, tra i lunghi dialoghi di Claudia e Mauro allo scoperta del corpo, è un grido d’aiuto, un urlo a metà, nell’immagine anestetizzata che ritrae Claudia mentre deve salutare per l’ultima volta il suo operatore. E, proprio in quest’ultimo momento, quando la ragazza non desidera proseguire con l’ultimo step del percorso educativo ma preferisce trascorre il loro ultimo giorno insieme parlando, c’è la chiave di un documentario intransigente ma accorto, delicato ma incisivo: in Because of my Body le sequenze del corpo e quelle animate dalle “sole” parole si amalgamano, fino a provare come quest’ultime sanno essere e farsi corpo.
La sequenza del body painting è, su tutte, l’istantanea da conservare di Because of my Body: Mauro chiede a Claudia di colorare le parti che le piacciono e quelle che non le piacciono di un uomo. Cannavà racconta di una donna che desidera essere notata per la sua normalità. La pellicola gioca sull’equilibrio/disequilibrio della rottura dell’anonimato, che come il corpo è vittima e carnefice. Nella sua volontà di fare «come gli altri», Claudia restituisce quella necessità di attenzione che è l’anima del documentario, e, al contempo, sottolinea con forza e senza imbarazzo quel sogno di emulazione che, in fondo, è alla base della crescita di ognuno.