Deux, il folgorante esordio di Filippo Meneghetti

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Accade di rado di assistere a un’opera prima pienamente convincente e matura, dotata di una notevole sensibilità e capace di esprimere tanto sul piano stilistico quanto su quello narrativo quel delicato e complesso equilibrio che solitamente un cineasta acquisisce solo nel tempo con l’esperienza. È questo il caso di Deux (Two of Us il titolo internazionale), l’ottimo esordio nel lungometraggio di Filippo Meneghetti, regista veneto classe 1980 che vive a Parigi da otto anni dopo aver lavorato nel circuito del teatro e del cinema indipendente a New York e studiato regia e antropologia in Italia.

Presentato lo scorso anno con successo di pubblico e critica in diversi importanti Festival (Toronto, Londra, Roma) e da pochi giorni annunciato dalla Francia come suo rappresentante nella corsa all’Oscar per il miglior film straniero, Deux è una coproduzione franco-lussemburghese-belga incentrata sulle vite di Nina e Madeleine, due donne mature che si amano segretamente da molto tempo. Vivono in Francia nello stesso palazzo, in due appartamenti uno di fronte all’altro, ma si sono conosciute durante un viaggio a Roma di Madeleine, la quale in tutti questi anni non ha ancora trovato la forza di raccontare la verità alla propria famiglia. Proprio quando, a tre anni dalla scomparsa del marito, Madeleine sembra decisa a uscire allo scoperto con i figli, però, accade all’improvviso un tragico evento che metterà a dura prova le esistenze di entrambe le donne.

Scritto dallo stesso Meneghetti insieme a Malysone Bovorasmy con la collaborazione della più esperta Florence Vignon (autrice nel 2016 insieme al regista Stéphane Brizé della sceneggiatura di Una vita), il film racconta con una certa grazia e senza mai eccedere nei toni una storia d’amore vigorosa e struggente. La regia di Meneghetti è solida, funzionale alle esigenze narrative e in grado di esaltare le ottime interpretazioni delle due protagoniste Barbara Sukowa (divenuta nota nel contesto del Nuovo Cinema Tedesco grazie a Fassbinder e Margarete von Trotta) e Martine Chevallier (grande attrice teatrale francese che fa parte dalla fine degli anni Ottanta della Comédie-Française), che contribuiscono in maniera determinante a raggiungere vette di notevole intensità. Convincente è anche la prova di Léa Drucker nei panni di Anne, la figlia di Madeleine che fatica ad accettare la sessualità della madre, recentemente apprezzata nel pluripremiato L’affido (2017).

Deux è dunque un film al contempo potente e asciutto, che ha il pregio non di poco conto di evitare con abilità qualsiasi tipo di retorica o banalizzazione – indicativo da questo punto di vista il bel finale – e segnala in maniera inequivocabile un nuovo talento italiano davvero molto promettente, capace oltretutto di trasferirsi e trovare finanziamenti all’estero per inseguire il proprio sogno di fare cinema. Siamo certi che sentiremo ancora parlare di Filippo Meneghetti e, a dir la verità, già non vediamo l’ora di poter scoprire la sua opera seconda.