In occasione del premio al miglior montaggio ottenuto alla recente edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione della Settimana della Critica, abbiamo intervistato Loris Giuseppe Nese e Chiara Marotta, il regista e la montatrice del cortometraggio Quelle brutte cose, il cui tour promozionale investirà anche l’Europa nei prossimi mesi, dopo il successo ottenuto in Laguna.
Racconto di una figlia in conflitto con sé stessa e con le autorità genitoriali, il corto propone nella sua breve durata una riflessione sul rapporto tra realtà e finzione: senza dimenticare le origini salernitane dei due giovani autori, le vicende si concentrano su una realtà famigliare ai limiti, dove l’ambiguità del rapporto di interdipendenza tra padri e figli si carica di differenti significati, che lo spettatore potrà interpretare a proprio modo.
[questionIcon] Anzitutto, congratulazioni per il successo ottenuto all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Vorrei proprio partire dalla fine del percorso di promozione del cortometraggio. Quale è stata la tua esperienza alla Mostra e quale l’accoglienza dell’opera?
[answerIcon] Loris: L’edizione di quest’anno della Mostra è stata soddisfacente e ricca di titoli interessanti, così come è stato interessante notare come l’affluenza del pubblico sia cresciuta rispetto agli scorsi anni. Ciò ha permesso un’accoglienza della nostra opera più omogena e un caloroso benvenuto al cortometraggio, tramutatosi poi con un premio al montaggio.
[questionIcon] Il cortometraggio ha vinto proprio a Venezia il premio al miglior montaggio, affidato a Chiara Marotta. Dunque è stata la fase più complessa della produzione?
[answerIcon] Chiara: Sicuramente la fase del montaggio è stata la più difficile, proprio perché il cortometraggio ha passato diverse fasi di riscrittura, e con le nuove idee in sceneggiatura cambiavano anche le necessità al momento della post-produzione. È stata dura, ma molto appagante.
[questionIcon] Qual è stata l’ispirazione alla base del cortometraggio?
[answerIcon] Loris: Volevo raccontare in maniera originale con la sfida del minutaggio ridotto proprio del cortometraggio i rapporti di potere tra padri e figli, un tipo di legame che, nella forma in cui questo corto è raccontato, si trasforma anche in una riflessione sul rapporto di potere tra autore e opera di finzione.
[questionIcon] Il vostro cortometraggio affronta molte tematiche ancora scottanti, come ad esempio l’omertà legata all’omosessualità, incarnata nella duplice figura del padre. Avete incontrato resistenze esterne durante la produzione?
[answerIcon] Loris: Non abbiamo avuto alcun tipo di problema durante la produzione del corto, né ci sono state resistenze esterne. Sia io che Chiara proveniamo dal mondo del documentario, dunque raccontare la realtà attraverso il nostro lavoro dietro la macchina da presa ci permette di avere accesso a quella che speriamo sia uno spaccato, seppur relativo, dell’odierno sociale.
[questionIcon] Dopo il successo a Venezia, quali sono in vostri programmi nel prossimo futuro?
[answerIcon] Chiara: Io sono professionalmente cresciuta nel mondo del documentario, proseguirò per questa strada con passione ed orgoglio.
[answerIcon] Loris: Io invece seguirò il tour promozionale del corto anche per il prossimo anno; presto Quelle brutte cose verrà presentato a Verona, mentre sul fronte internazionale saremo presenti con quest’opera anche al Festival del Cortometraggio di Barcellona.
[questionIcon] Un vostro personale punto di riferimento autoriale nel panorama del cinema italiano odierno?
[answerIcon] Chiara: Senza dubbio il cinema di Alice Rohrwacher e di Leonardo Di Costanzo su tutti.
[answerIcon] Loris: Concordo con i nomi citati da Chiara, ed aggiungo anche il lavoro del grande Matteo Garrone.