Possono le arti influenzare il lavoro dell’attore sul personaggio o stimolarne le emozioni? Sono una chiave d’accesso alla creatività di un interprete? Benedetta Taliercio, originaria di Taranto ma romana d’adozione, è un’attrice solare e piena di energia. La sua versatile curiosità l’ha spinta ad abbracciare diverse arti, quali la pittura, la fotografia e la musica, nel suo approccio alla scena. Con entusiasmo e passione ci porta in viaggio attraverso i colori e i suoni e alla loro potenza espressiva.
Come hai cominciato il tuo percorso da attrice?
Ho sempre voluto fare l’attrice e mi è sempre piaciuto scrivere, ma ero molto timida e insicura da piccola e non avevo il coraggio di dirlo. Forse è anche dovuto al fatto che sono cresciuta a Taranto, dove non avevo nessuno con cui condividere questa passione. Ho trovato un compromesso studiando scrittura per la televisione. Quando mi sono trasferita a Roma per l’Università ho capito che era davvero quello che volevo fare, sentivo una spinta molto forte, pur non sapendo dove mi avrebbe portata. Quando mi sono iscritta al Teatro Blu di Beatrice Bracco non ero giovanissima, avevo già 30 anni e avevo finito l’Università. Sono felice, però, di aver iniziato il mio percorso con lei perché il fatto di non avere nessuno studio alle spalle, mi ha consentito di mettermi ancora di più nelle sue mani, in particolare per il lavoro sulle emozioni.
La sperimentazione, la commistione tra diverse arti è per te molto importante…
Sì, mi accorgo sempre di più di quanto sia importante nel lavoro attoriale circondarsi di tante fonti di ispirazione, come quelle trasmesse dalla musica, dalle immagini e dai colori. Mi piacciono in modo particolare le citazioni pittoriche. La forza dei colori è per me un elemento importantissimo, come la fotografia nel cinema. L’impronta data dal regista attraverso l’uso dei colori trasporta immediatamente in un’atmosfera, forse ancora di più delle battute.
Come ti hanno aiutato le opere d’arte per il lavoro sul personaggio?
Mi sono ispirata a un quadro di Van Gogh per un monologo di Improvvisamente l’estate scorsa con la regia di Danilo Canzanella. È stato lui a suggerirmelo, in realtà. L’opera è Campo di grano con volo di corvi e mi ha aiutato a entrare in un’atmosfera di profonda inquietudine. Dovevo ricreare la figura di un nipote deceduto che rivalutavo dopo la morte. In questo monologo c’è quasi un aspetto onirico, quello che veniva fuori era la sua purezza d’animo e il mistero della sua morte, il velo oscuro che circondava la sua scomparsa era simile al contrasto tra i colori del quadro: i girasoli, che si immaginano al sole, brillanti, e invece sono immersi nell’oscurità di un’imminente tempesta. Un altro personaggio a me caro e che ho avuto il piacere di interpretare, è Frida Kahlo, una personalità unica che ha reso la pittura una nuova forma di vita e di ribellione. È stato bello e decisivo lavorare su di lei, sia durante la mia formazione che poi a teatro. Mi è capitato di utilizzare anche delle fotografie, come nel caso di una foto di una bambina all’interno di un ospedale psichiatrico di Alice Pavesi, era di una potenza espressiva pazzesca. L’ho utilizzata per un momento privato del mio personaggio in Dentro il tuo silenzio, l’adattamento di Giglia Marra a Figli di un Dio minore.
Progetti di portare in scena altri spettacoli di contaminazione artistica?
Con il musicista Teo Allegretti abbiamo portato in scena Memorie dal Principio, ispirato a testi filosofici presocratici. Durante lo spettacolo, una commistione tra una lettura e un concerto, Teo improvvisava al piano mentre io leggevo i testi, dei classici della filosofia che affrontano temi ancora oggi di forte attualità. Inoltre ho avuto l’opportunità di scoprire un importante compositore del cinema italiano e non solo, Angelo Francesco Lavagnino, che fra gli anni ’40 e gli anni ’70 ha creato le sue musiche con maestria e un grande spirito di sperimentazione, raccogliendo suoni reali e facendoli poi rinascere con un uso sapiente della tecnologia. Mi piacerebbe dare vita a uno spettacolo unendo le sue musiche alle pagine estratte da un suo stesso racconto.