Forte del successo ottenuto alla sezione Orizzonti Extra del Festival di Venezia, Notte fantasma, terzo film di Fulvio Risuleo, è in arrivo nelle sale il 17 novembre. È un racconto notturno, dalla tavolozza acida, che danza felicemente fra toni cupi e attimi di leggerezza e umorismo, grazie all’alchimia straordinaria dei due protagonisti, Edoardo Pesce e l’esordiente Yothin Clavenzani.
Siamo a Roma. È riconoscibile, nella prima inquadratura, la fermata del tram di via Prenestina, dalle parti del Pigneto. Il tram non passa, e il giovane Tarek non sa come raggiungere gli amici per una serata a base di alcool e torneo di Fifa. Tarek per sé ha comprato la coca cola, però: lui non beve, la sua religione glielo vieta. Manca ancora un ingrediente. Tarek ha già capito: non se ne parla proprio, dice agli amici in videochiamata, io non fumo nemmeno. Dai, passa a comprarlo tu, ti diamo i soldi appena arrivi. Alla fine, l’altruismo di Tarek ha la meglio, e nella scena successiva lo vediamo fermarsi da un gruppetto di spacciatori per comprare del fumo. Percorre pochi metri, e una macchina comincia a seguirlo. L’uomo al volante lo avvicina, gli fa delle domande, e poi tira fuori il distintivo: è un poliziotto e Tarek è in arresto. Bisogna andare in centrale, dice il poliziotto, ma perché tanta fretta? Perché non passare a mangiare qualcosa, tanto per cominciare? E qui ha inizio la surreale odissea notturna del giovane Tarek, in compagnia di un uomo misterioso a cui dà voce e corpo un Edoardo Pesce al massimo della sua bravura.
Parliamo di questo piccolo gioiello del cinema italiano con il regista Fulvio Risuleo e Guido Mazzoni, il direttore della fotografia.
Fulvio, come è nato questo film? Come hai avuto l’idea?
Il film all’inizio era un insieme di immagini scollegate fra loro, su tutte c’è quella di un poliziotto in un locale che costringe il ragazzo che è con lui a ballare con una ragazza. Questa è la prima scena che mi è venuta in mente, però non sapevo bene chi fosse questo personaggio, che cosa volesse. Allora ho cercato di scavare, unendo storie personali o sentite da altri amici. Un amico mi ha detto una frase che mi è rimasta impressa: non c’è niente di peggio che un poliziotto gentile. L’amico era stato arrestato per attacchinaggio e quel giorno il poliziotto fu molto gentile, certo, ma poi erano seguiti mesi e mesi di processi. Il concetto che mi interessava è che applicare la legge è qualcosa che si può interpretare in modi diversi.
Nella notte che hai raccontato ci sono dei luoghi che conosci bene.
Sono sicuramente le parti della città che io frequento di più, le zone in cui ho abitato e in cui lavoro, come per esempio il Pigneto. Volevo fare un lavoro di sintesi della mia Roma: la stazione Termini, che è il cuore della città, San Lorenzo, Piazza Vittorio, Porta Maggiore e poi il centro, passando per Monti, e poi finire nel Tevere, che nel film è importante simbolicamente.
Siete andati insieme alla ricerca delle location?
Guido Mazzoni C’è stata un prima parte di scouting che hanno fatto Fulvio e lo sceneggiatore: io venivo messo costantemente al corrente, ma per Fulvio era importante, al di là della pertinenza tecnica e visiva, creare un percorso sensato e realistico all’interno di Roma. Dopo sono subentrato io e siamo andati a vedere un numero più ampio di location per scremare le più adatte soprattutto a raccontare le scene più complesse, come ad esempio il piano sequenza al Mandrione.
La notte al cinema ha dei lati positivi e negativi, ma aiuta a essere più immaginifici, a giocare con le atmosfere.
GM In via del tutto generale, la notte, soprattutto la notte urbana, aiuta moltissimo, ovviamente se parliamo di esterni. L’esterno giorno è estremamente vincolato alle condizioni meteorologiche, la notte invece può essere ricreata totalmente.
Un teatro di posa a cielo aperto.
GM Esatto, abbiamo deciso di abbracciare un’estetica che è legata alla trasformazione di Roma, ma in generale di tante città metropolitane, che è il cruciale passaggio dall’illuminazione ai vapori di sodio a quella dei led freddi, che ha stravolto totalmente il modo in cui siamo abituati a vedere una città di notte. Questo ci ha portato a enfatizzare questa luce, a renderla ancora più fredda e più acida, perché a Fulvio piaceva l’idea di non rappresentare una Roma “calda”, come ce la immaginiamo sempre.
FR La notte è stimolante da due punti di vista: prima di tutto per le riprese, perché girare di notte in una città come Roma, che soprattutto d’estate è iper caotica, permette di avere una tranquillità impossibile da ottenere di giorno. C’era un silenzio innaturale, raro da trovare in città. E in secondo luogo, avendo girato in ordine cronologico, abbiamo costruito il film scena dopo scena, e questo ha stimolato l’introspezione, perché tutti noi, di notte, soprattutto a certe ore della notte se non riusciamo a dormire, ci apriamo a emozioni che sono proprie di quel momento, che non sarebbero accettabili durante il giorno. Nel film sono andato a cercare quelle sensazioni, il sentirsi persi, la consapevolezza della morte e cercare di metterle nel personaggio del protagonista… anzi, dei protagonisti. La notte stimola fantasmi.
Quando dici protagonista, a quale dei due ti riferisci?
Questo è uno di quei casi in cui sono 50 e 50. Forse il poliziotto è più importante, però il punto di vista è quello del ragazzo. C’è sempre il dilemma: il protagonista è il punto di vista oppure il personaggio che è inquadrato di più?
Com’è stato il rapporto fra regia e fotografia durante le riprese?
Noi lavoriamo molto di squadra. La fotografia migliore nei film è quella in cui c’è collaborazione coi costumi, con la scenografia, con gli attori. In un film di notte, dove spesso le fonti di luce sono inquadrate, ci deve per forza essere la collaborazione di tutti. La scelta dei punti macchina e delle inquadrature è sempre stata collettiva.
Come hai trovato Tarek e com’era il rapporto fra lui e Pesce sul set?
Edoardo è un grande attore e conoscendolo ormai da anni conosco le condizioni nelle quali dà il massimo. È un attore che va lasciato molto libero di cambiare e interpretare le battute, sempre comunque seguendo la struttura della sceneggiatura. Tarek invece è un esordiente assoluto, l’abbiamo trovato facendo dei provini. La sua fisicità non era quella che inizialmente cercavamo, ma ha fatto un grande provino e insieme a Edoardo stava benissimo, si è creato un rapporto speciale, quasi fratello maggiore-fratello minore, e questa è la cosa più importante per il film.
Perché questa notte è fantasma?
È una parola importante per il film, e ci sono state versioni della sceneggiatura in cui i fantasmi c’erano veramente, più presenti, intesi come cose del passato che ritornano. Alla fine di tutto questo è rimasta l’atmosfera, mi piace la chiave umana del fantasma: i fantasmi possono essere i ricordi che tornano, sono dentro di noi e intorno a noi.