Negli ultimi anni, il cinema italiano si è più volte confrontato con il mondo dello sport: se l’acclamato Veloce come il vento di Matteo Rovere ha raccontato la storia di due fratelli accomunati solo dall’amore per le corse automobilistiche e il meno fortunato Tiro libero di Alessandro Valori ha messo in scena il declino e la rinascita di un viziato giocatore di basket, Enrico Maria Artale con il suo Il terzo tempo si è invece concentrato sul rugby, ricorrendo alla pratica agonistica per raccontare nuovamente il riscatto di un ragazzo travolto dalle difficoltà della vita.
Ultimo in ordine di tempo, Il campione di Leonardo D’Agostini sembra dunque porsi in perfetta continuità con il passato, replicando una formula ormai rodata. Così come per i predecessori, il lungometraggio prodotto dal già nominato Rovere e da Sydney Sibilia mette infatti in scena un racconto di auto-affermazione e rivalsa a sfondo sportivo, seguendo la quotidianità di Christian Ferro (Andrea Carpenzano), giovane promessa del calcio italiano che, annebbiato dal successo e dalla ricchezza, vive una vita totalmente sregolata, alternando gli allenamenti con la squadra della Roma a imprevedibili serate in discoteca, piccoli furti e risse dentro e fuori dal campo.
Preoccupato per la mancanza di disciplina del suo astro nascente, il presidente del club romano (Massimo Popolizio) decide allora di adottare una drastica soluzione: convinto che solo la scuola possa impartirgli la disciplina necessaria, ordina a Ferro di prepararsi ad affrontare la tanto temuta maturità, pena l’esclusione dalle partite domenicali, costringendolo anche a seguire un programma di lezioni private, impartite dall’insegnante Valerio (Stefano Accorsi). L’incontro tra il giovane Christian e l’intellettuale Valerio porterà il ragazzo a capire ciò che davvero conta nella vita e a combattere per ottenerlo.
Sceneggiato da Giulia Steigerwalt e Antonella Lattanzi, le quali hanno scritto rispettivamente Moglie e marito e 2night, Il campione si delinea dunque fin dalle prime sequenze come un racconto volutamente tradizionale, che non desidera stupire per colpi di scena o svolte improvvise, ma punta abilmente sulla semplicità. Proprio la decisione di adottare una narrazione chiara e lineare, che in certi casi è un’arma a doppio taglio, risulta qui vincente: se ormai molteplici produzioni preferiscono puntare sull’eccesso di stile e scrittura – si vedano rispettivamente l’enfasi pulp del recente Dolceroma o le iperboli narrative dei cinepanettoni et similia –, commedie garbate come Il campione sono infatti piuttosto rare e proprio per questo sempre più necessarie.
L’assenza di particolari eccedenze espressive consente inoltre di porre l’accento sull’umanità degli stessi personaggi, che diventano così il centro del racconto. Nonostante il film sia anzitutto una commedia e l’umorismo non venga (quasi) mai a mancare, momenti più drammatici permettono di caratterizzare due figure a tutto tondo, interpretate con successo da due volti noti del vecchio e del nuovo cinema italiano. Stefano Accorsi, tornato in sala dopo più di un anno da A casa tutti bene di Gabriele Muccino, incarna infatti un uomo all’apparenza incapace di accettare le difficoltà della vita, ma pronto a combattere quando necessario. Andrea Carpenzano, in un ruolo sicuramento più scanzonato rispetto al Manolo de La terra dell’abbastanza, è invece un ragazzo viziato e strafottente, che nasconde però una grande bontà d’animo.
Se Accorsi è un divo riconosciuto nel panorama cinematografico tricolore, il più giovane Carpenzano si dimostra nuovamente una stella in ascesa, particolarmente affine al ruolo del ragazzo inaspettatamente sensibile e profondo. Accanto a loro, si muovono poi personaggi secondari che, pur non essendo approfonditi come i due protagonisti, appaiono indubbiamente ben interpretati. Degni di nota, sono soprattutto il tirannico presidente della Roma, il cui volto è quello dal sempre bravissimo Massimo Popolizio, e la giovane fidanzatina Alessia, che, complice l’abilità e la freschezza di Ludovica Martino, riesce a rubare più di una volta la scena all’innamorato Christian.