Ecco cosa ci ha detto il folletto visionario di Burbank all’esclusiva conferenza stampa al St. Regis, in occasione dell’uscita del suo ultimo film Miss Peregrine – la casa dei ragazzi speciali.
Mr Burton, perché ha scelto questa storia?
Innanzitutto per il titolo, già bambini speciali mi ricordava la mia infanzia. Poi il modo in cui l’autore, Ransom Riggs, ha messo insieme gli ingredienti della storia partendo da vecchie foto. La vecchia foto ti racconta una storia, ma non tutta, lascia una parte di poesia. Ho sentito immediatamente un legame e una connessione. Il protagonista Jake, il suo sentirsi strano e fuori posto è qualcosa con cui mi sono identificato immediatamente.
Miss Peregrine è, insieme ad Ed Wood e Sweeney Todd, fra i suoi pochi film senza le musiche di Danny Elfman: come mai ha scelto Mike Higham?
In Ed Wood Danny era impegnato, a volte succede. Ma potremmo anche aver litigato. Noi siamo come le coppie, a volte litigano. I musicisti vivono le cose in maniera così… drammatica! Torneremo a lavorare insieme, aveva solo bisogno di prendersi una pausa da me.
Cosa preferisce tra la stop motion e la CGI e quando decide cosa usare?
Adoro la stop motion perché ha la caratteristica dell’essere tattile, è un qualcosa che puoi toccare e sentire. I pupazzi sono delle vere opere d’arte, ma anche i computer sono speciali e puoi fare cose sorprendenti. La lotta tra le due bambole nel film ad esempio è realizzata in stop motion, ma dipende dal tempo che hai a disposizione perché la stop motion ne richiede molto e dal budget.
La scelta della protagonista è andata subito verso Eva Green, nonostante la differenza d’età con il personaggio del libro?
Innanzitutto ho utilizzato il libro come fonte d’ispirazione. Voi forse no, ma io se potessi scegliere vorrei un’educatrice come lei, ed è stata una scelta immediata. Ha tutte le caratteristiche perfette per il ruolo, è una donna forte. Eva, con cui peraltro avevo già lavorato in passato, è come una star del cinema muto e le basta uno sguardo per comunicare. Nei primi anni di scuola avevo un’insegnante bellissima come lei e tutti la ascoltavano ammaliati.
Lei è sempre stato definito un visionario e con il suo stile ha cambiato il cinema: c’è qualcuno visionario come lei nel cinema contemporaneo?
In realtà come non credo potrei riconoscere qualcuno come me, mi farebbe uscire di testa perché non so neanche come sono io… Nel cinema di oggi ci sono migliaia di modi diversi di fare cinema e sicuramente ci sono persone visionarie.
Eva Green dice nel film che le piace parlare del futuro ma vivere nel buon vecchio presente, è davvero così?
Sì. Quello che vuol dire Eva è che occorre cercare di vivere nel presente quanto più possibile ed è estremamente difficile per tutti noi che guardiamo solo al futuro e al passato. Godere il presente è la cosa più difficile in assoluto. Oggi vai a un concerto, ti godi la musica e poi stanno tutti con il telefonino. Uno non si gode quello che sta facendo, lo vive mutuato attraverso un dispositivo. I ragazzini giudicano il valore di se stessi attraverso il numero dei like, questo è triste e allarmante.
In un mondo dove impera il digitale, che fine fanno le favole di carta che ci leggevano i nonni?
Non lo so, ma è esattamente questo il tipo di favola che mi interessa da sempre. È questo il motivo per cui la storia mi ha attratto, perché conserva quella parte di poesia e sorpresa che continuerò a cercare di raccontare.