Prodotto da Cinemaundici, Sulla stessa onda è il nuovo film scritto e diretto da Massimiliano Camaiti, alla sceneggiatura con Claudia Bottino per un nuovo titolo italiano targato Netflix in associazione con Mediaset. Se la tendenza della piattaforma di dedicarsi a storie incentrate sul mondo teen è ben nota, stavolta ad integrare la storia d’amore tra i personaggi di Sara e Lorenzo è una malattia degenerativa, un male impossibile da ignorare, ma che non impedirà ai due ragazzi di vivere quello che, a tutti gli effetti, è il primo vero grande legame con un’altra persona instaurato nella loro vita. E se l’unione tra i protagonisti sembra tanto reale è merito dei due giovani interpreti Elvira Camarrone e Christian Roberto.
Sul filone di tanti film che mescolano insieme una malattia inguaribile e i sogni romantici della gioventù, Sulla stessa onda (qui il trailer) segna un traguardo per la filmografia nostrana nel riuscire a realizzare un’opera in grado di restituire gli umori di quel genere cinematografico e a farlo soprattutto grazie ai suoi protagonisti. Camarrone e Roberto che si raccontano in questa nostra intervista, tra sacrifici, canzoni diventate colonna portante del film e…gare in barca a vela!
Elvira e Christian, come siete stati scelti per i vostri ruoli e come è cominciato questo vostro percorso?
Elvira Camarrone: “Abbiamo cominciato con i provini per Sulla stessa onda lo scorso luglio. Stavo provando a teatro e lì vicino si svolgevano i provini per il film. Sono stata chiamata quindi un po’ per caso, ma fin da subito ho sentito un certo affetto per il personaggio di Sara, qualcosa che la rendeva molto simile a me. Così ho continuato a presentarmi ai successivi provini fino all’ultimo a Roma e a settembre Christian ed io siamo stati confermati. È stato il primo ragazzo con cui ho fatto il provino ed anche l’ultimo, un percorso che abbiamo cominciato e finito insieme.”
Ci sono state difficoltà e preoccupazioni che avete dovuto affrontare?
Christian Roberto: “Non siamo arrivati sul set totalmente impreparati perché, prima di girare, abbiamo fatto tre settimane di prove. Questo ha permesso che tra di noi la sintonia aumentasse. Ed è stato un bene perché ci sono state diverse crisi durante le prove, tra scene che non venivano e combinazioni che non si incastravano. C’è stato questo giorno in particolare, un pomeriggio, in cui il regista era particolarmente stressato e così anche noi perché una scena centrale del film non veniva. Allora ha deciso di fare una pausa. Pioveva, abbiamo deciso di andare al bar accanto e mentre eravamo lì sento partire una canzone bellissima, allora decido di usare Shazam e scoprire quale fosse il titolo. Appena l’ho trovata ci siamo messi ad ascoltarla con Elvira, guardandoci negli occhi e cercando di trovare il sentimento giusto da mettere in quella scena. Quando il regista è tornato e ha ridato il via alle prove senza nemmeno pensarci l’ho messa come sottofondo durante la scena, che in questo caso è venuta benissimo. Da quel momento Elvira ed io, ma anche Sara e Lorenzo, avevano la loro canzone e la ascoltavamo ogni volta prima di girare. Si tratta di Promise di Ben Howard, che alla fine il regista ha deciso di inserire anche nel film.”
E.C.: “È vero la musica è stata fondamentale. Ha infuso delle emozioni uniche che ci hanno permesso di entrare meglio nei nostri personaggi. E il fatto che avessimo una nostra canzone ha contribuito molto. Perché, come ha detto Christian, prima di essere la canzone di Sara e Lorenzo, era quella di Christian e Elvira. Questo legame è stato incredibilmente unico fin dall’inizio e credo che dal film questo traspare.”
Se da una parte c’è la musica ad avervi unito, dall’altra per i vostri personaggi c’è stato il mare. Eravate già degli esperti di barca a vela?
C.R.: “Il legame con il mare lo abbiamo entrambi perché siamo siciliani, ma vela non l’avevamo mai fatta. Se tutti i pomeriggi per tre settimane abbiamo fatto le prove, la mattina andavamo al corso per imparare. Perciò nelle scene in mare siamo proprio noi.”
E.C.: “E che difficoltà a pensarci. Ogni tanto ti sentivi così impacciato perché dovevi sia dirigere la barca, che trovare l’emozione giusta da restituire col personaggio. Però essere proprio su quelle barche ha contribuito a farci provare la giusta adrenalina che potevamo così mettere nella scena. Se fosse stato finto, lo sarebbero state anche le emozioni.”
Questa voglia di mare, di vela dei vostri protagonisti, è un nodo centrale nel film perché ruota attorno al desiderio del personaggio di Sara di far valere i propri desideri, di farsi ascoltare. Voi che siete così giovani, trovate degli ostacoli al tentativo di far valere le vostre idee?
E.C.: “Questo è uno dei messaggi più forti del film. Al giorno d’oggi i giovani hanno il desiderio di farsi ascoltare ad ogni costo, anche se questo non accade. Si crede che se qualcuno ha poca esperienza allora non dovrebbe affatto parlare. Ma questo film dimostra come l’età anagrafica non corrisponde sempre a cosa hai vissuto, agli eventi che hai affrontato, che possono averti portato a crescere e maturare più in fretta. Questo porta le persone adulte a prendere con superficialità quello che diciamo. Quindi un fondo di verità questa pellicola la racchiude, perché per quanto tu possa essere piccolo o grande devi farti valere per i tuoi ideali. È un concetto che traspare forte e chiaro, con i protagonisti di Sulla stessa onda che si impongono su coloro che hanno attorno.”
Il fatto del farsi ascoltare, all’interno del film, si stringe poi a stretto giro alla passione che Sara e Lorenzo hanno per la vela. Un amore che li porta lontano. Quanto siete disposti voi a vivere la vostra passione?
C.R.: “Io nasco come ballerino, sono un fan sfegatato di Michael Jackson e se ballo lo devo a lui. Quindi posso dire che, nel mio piccolo, ho sempre lottato, in quanto “maschietto” in un universo visto primariamente come femminile. Ovviamente appena avevo l’età adatta mio padre mi ha segnato a scuola calcio, ma il mio momento preferito era quando facevo gol così potevo ballare per festeggiare. Da lì anche mio padre ha capito e ha detto che era il momento di iscrivermi a un corso di danza. Un altro sacrificio è stato poi quello dei miei genitori e la decisione, per mia sorella e me, di trasferirsi da Messina a Roma. Faccio questo mestiere da piccolissimo, quindi tra provini, prove e lavori stavamo più nella capitale che giù in Sicilia. Così i miei hanno deciso di spostare tutta la famiglia e per questo non smetterò mai di ringraziarli. Da quel momento, la mia passione si è trasformata nel voler restituire ai miei genitori tutto quello che mi hanno dato. E Sulla stessa onda è stato il regalo più bello che potessi fare loro, in quanto a soddisfazione.”
E.C.: “Di sacrifici ne ho sempre fatti per la mia passione, ma non mi piace nemmeno definirli così perché non mi hanno mai pesato. Come carattere sono molto istintiva e mi piace moltissimo seguire il mio cuore, non sto sempre lì a ragionare, che da una parte può essere qualcosa di negativo perché non penso troppo alle conseguenze, ma allo stesso tempo mi permette di seguire a pieno le mie passioni e gli obiettivi che mi rendono fiera della persona che sono. Ed è una cosa che consiglio a tutti, quella di seguire ciò che si ama per farlo diventare il proprio lavoro. Non oso immaginare quanto possa essere pesante fare una cosa che non ti piace e per cui ti senti forzato.”
Se da una parte Sulla stessa onda porta questa forte passione dei protagonisti, dall’altra però c’è l’incombenza della malattia che è sempre in sottofondo. Che lavoro e che ricerche sono state fatte per portare al meglio il tema sullo schermo?
E.C.: “Il più grande timore che avevo all’inizio era quello di scadere in un’interpretazione che fosse irrispettosa. Quando ho saputo che avevo ricevuto la parte ho iniziato ad informami il più possibile sulla distrofia muscolare, a studiare, a parlare col regista. Un giorno, poi, fu indimenticabile: in una prova prima del set siamo andati ad incontrare dei ragazzi in un centro di distrofia muscolare di Palermo. Prima di arrivare pensavamo ci avrebbero raccontato delle storie probabilmente molto tristi. Invece questi ragazzi parlavano della malattia con leggerezza e mi hanno trasmesso una grande voglia di vivere. Ed è lì che ho cambiato prospettiva sul personaggio di Sara. Lei è una combattiva, non avrebbe mai affrontato un male simile con tristezza. È una che ha voglia di sbatterti in faccia la sua voglia di vivere, di innamorarsi, di andare a vela, di seguire la sua passione. Da quel momento è cambiato radicalmente qualcosa nel personaggio e nel mio approccio a quest’ultimo. È stato un incontro che mi ha dato più forza ed è un’esperienza che mi porterò dentro per sempre.”
Sulla stessa onda rientra perfettamente in quel genere di pellicole ormai famosissime e seguitissime che mescolano amore e malattia. Si può dire quindi che siete ufficialmente degli eroi tragici romantici, cosa che poi si vede anche poco in Italia, se ci si riferisce a questo filone di opere. Che sensazione vi fa?
C.R.: “Sono da sempre fan di questo tipo di film! Anche quando escono serie di questo genere, me le vedo tutte. Il mio film preferito è A un metro da te. Questo amore mi ha portato a desiderare di fare un film simile ed è assurdo che questo sia avvenuto, soprattutto per Netflix! In Italia non esistono molte pellicole su questo stile e questi temi, in più mi piace perché per una volta non faccio un personaggio stronzetto, anzi, Lorenzo ha delle sfumature tenere, romantiche, è una persona che sostiene chi ha accanto.”
E.C.: “Anche il mio film preferito di questo genere è A un metro da te! Mi appassiona questa tipologia di pellicole e sono contenta che anche l’Italia cerchi di riempire il vuoto narrativo con Sulla stessa onda. E inoltre rinnovo l’onore che è stato partecipare a un’operazione simile, soprattutto perché finalmente la Sicilia è stata lo sfondo non più dei soliti film sulla malavita, per cui ormai è etichettata a livello d’immaginario televisivo e cinematografico. Inoltre questo tipo di tematiche vengono solitamente affidate a persone adulte, ma vista da una prospettiva giovane si può cogliere una sensibilità tutta diversa. Fa capire che, in fondo, questi eventi non accadono solo alle persone più grandi, ma possono toccare chiunque, da una fidanzata a una migliore amica.”
Sulla stessa onda sta ricevendo un’accoglienza entusiasta e calorosa. Vi aspettavate tanto affetto da parte del pubblico? E come lo state vivendo?
C.R.: “Non è che non ce lo aspettavamo, solo in questo caso quando sai che un film ha il gusto potenziale cerchi di non crearti delle false speranze per non rimanerci male. Quindi noi abbiamo aspettato tranquilli e sereni fino a quando non è uscito, sperando per il meglio. Il resto, quindi, è stata una sorpresa bellissima. La realtà ha superato anche le aspettative. Forse da una parte sapevo che in Italia avrebbe potuto avere successo, ma non mi aspettavo che iniziassero a scrivermi anche persone dal Brasile, dall’Uruguay, dalla Francia e da altre parti del mondo per dirmi che Sulla stessa onda è piaciuto.”
E.C.: “Stiamo ricevendo amore e supporto da tutto il mondo. Già è paradossale riuscire ad uscire su Netflix. Invece abbiamo scalato le classifiche prima in Italia, poi nel resto del mondo. Penso sia l’obiettivo di ogni attore: essere su una piattaforma come Netflix e avere l’opportunità di arrivare a un pubblico così vasto e differente. Ancora non ho ben realizzato, è quasi utopico quello che sta succedendo, ma ringrazio che sia stato possibile.”