Ha conquistato l’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, grazie al ruolo del ragazzo autistico Vincent in Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores. L’ascesa verso il successo di Giulio Pranno è però solo all’inizio e a confermarlo è la sua recente vittoria del Premio Prospettiva, riconoscimento che annualmente lo ShorTS International Film Festival assegna agli attori più promettenti. In occasione della vincita – e della masterclass di cui sarà protagonista martedì 7 luglio alle ore 18.00, in diretta streaming sulla Pagina Facebook di ShorTS e su quella di MYmovies – Giulio si è raccontato in esclusiva a Fabrique.
Stai per vincere il Premio Prospettiva dello ShorTS International Film Festival: come ti senti a riguardo?
Sono ovviamente molto felice, soprattutto perché ciò che ho fatto è stato apprezzato. Quando esordisci sul grande schermo e la critica ti da un buon riscontro, ti rendi conto che la prima carta te la sei giocata bene. È come avere la conferma di essere pronto per questo mondo, di essere riuscito a trasmettere quello che ti eri prefissato. Certo, la strada è ancora lunga…
Una strada lunga cominciata per caso…
Fare l’attore non era nei miei piani. Ho sempre amato disegnare, soprattutto fumetti, e per una parte della mia vita ho pensato che quello sarebbe stato il mio futuro. Grazie ai consigli di mio padre, ho però deciso di prendere parte a uno spettacolo teatrale alle medie: ho interpretato Puck in Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. Da lì, ho capito che ciò che volevo realmente fare era recitare. L’amore per il cinema poi c’è sempre stato… Ho visto Arancia meccanica a otto anni!
Il tuo primo progetto cinematografico è stato Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores. Come sei stato coinvolto?
Durante l’adolescenza ho studiato recitazione, prima in parrocchia e poi in una scuola professionale. Tuttavia, non ho cercato io il ruolo nel film di Gabriele Salvatores. Francesco Vedovati e Emanuela De Santis erano alla ricerca di un attore emergente che interpretasse Vincent. Avevano contattato varie scuole ed è saltato fuori il mio nome. Inizialmente pensavo fosse una presa in giro, perché mi hanno contattato su Facebook: quando sono andato al provino, però, mi sono accorto che era tutto vero!
È stato difficile preparare un personaggio come quello di Vincent?
Devo ammettere che non mi sentivo preoccupato: la sceneggiatura era ottima, il mio personaggio era scritto benissimo e mi sentivo guidato dalle mani esperte di Gabriele. Naturalmente, per prima cosa mi sono informato sull’autismo, ma soprattutto mi sono confrontato con Andrea Antonello, il ragazzo a cui si ispira il film. Ogni ragazzo autistico è diverso, quindi ho cercato di restituire sullo schermo quello che mi trasmetteva lui.
Come hai vissuto l’esperienza del set?
Inizialmente non ero preoccupato, infatti il giorno prima delle riprese ho dormito come un sasso. La sera successiva, invece, non ho chiuso occhio, perché avevo tantissima adrenalina in corpo! Non ero mai stato su un set prima, quindi non avevo ben chiaro come dovermi comportare, ma ho imparato in fretta ed è stata un’esperienza indimenticabile. Certo, non è sempre stato facile: il mio personaggio era molto fisico e, anche per colpa della bodycam, arrivavo a fine giornata stremato.
Come è stato il rapporto con Salvatores?
Fantastico! Considero Gabriele il mio papà cinematografico, è stato il primo che ha scommesso su di me, mi ha dato fiducia, anche con un personaggio non facile come quello di Vincent. È un regista capace di far sentire gli attori protetti e di guidarli lasciando però loro una certa libertà. Uno dei momenti che porto nel cuore riguarda il giorno che abbiamo girato la scena del ritorno di Willy, il padre di Vincent. Non so che corde avesse smosso dentro di me, ma sono scoppiato piangere e abbiamo dovuto interrompere le riprese. Gabriele mi è stato di enorme supporto ed è riuscito a darmi la forza di continuare.
Come è cambiata la tua vita dopo il film?
Mi fa ridere questa domanda. In realtà non è cambiata in nessun modo! I miei amici e i miei famigliari mi vedono ancora nello stesso modo: quando fai un solo film non sei investito da tutta questa notorietà. Se devo essere sincero, al momento però non interessa così tanto il successo: voglio solo essere un bravo attore e fare un bel percorso.
Cosa consiglieresti a un ragazzo che vuole seguire la tua strada?
Ogni tanto qualche aspirante attore mi scrive su Instagram per chiedermi un consiglio: io rispondo sempre, ma non ho formule magiche o strade sicure. Sono però convinto che lo studio sia importantissimo, così come la fortuna. Credo che il successo dipende da quest’ultima, ma solo grazie allo studio si può trasformare il caso in un’opportunità.
E nel futuro, cosa ti si prospetta?
Ho finito le riprese di un progetto di Peter Chelsom, il regista di Serendipity. È un film di produzione italiana, ma spero che venga distribuito anche a livello internazionale. Inoltre, a breve sarò di nuovo sul set: sono molto felice perché per il momento mi stanno proponendo personaggi molto particolari, e ogni film rappresenta una nuova sfida per me. In futuro, sogno invece di lavorare con grandi registi come Matteo Garrone o Paolo Sorrentino, ma anche con giovani autori che apprezzo molto, come i fratelli D’Innocenzo, Roberto De Feo o Paolo Strippoli.