Attilio non è più un bambino, non ha neanche vent’anni e nella testa una serie di sogni disordinati e inespressi. Le sue giornate estive a ciondolare nei bar con gli amici o a tuffarsi nel mare cristallino di Napoli scorrono tra riflessive ipotesi di futuro e risate intorno a sfide a carte. Fino a quando non viene folgorato da una ragazza, bella quanto intoccabile. Il problema è il lavoro di lei. Perché vive prostituendosi sfruttata da un sistema illegale di cui Attilio stesso fa inevitabilmente parte, quanto suo padre appena uscito di galera, e quanto le immani difficoltà del tirare a campare in questo micro universo urbano raccontato dalla sceneggiatura di Ivan Ferone e Edgardo Pistone. Ciao bambino, opera prima di Pistone, prende dal suo ultimo cortometraggio, Le mosche, ampliandone trama, tiro e cast. Proprio lo street casting basato su dialetto partenopeo, espressività e vitalità effettuato per il suo lungometraggio mostra una collana d’interpreti preziosi quanto sconosciuti. Anastasia è una ventenne disincantata che si destreggia in un oblio forzato, ma proprio l’incontro e l’innamoramento saranno la miccia di un coming of age che si serve di una storia dura raccontata con sobria levità, e soprattutto una confezione registica esteticamente quasi ipnotica. I movimenti eleganti di questo bianco e nero senza tempo di Pistone nobilitano la periferia, in questo caso il rione Traiano di Napoli, lo stesso dove il regista è cresciuto.
Da qui Pistone gira equilibrandosi tra naturale gusto per l’immagine e un’efficacia narrativa che fanno ricordare mani felici come quelle di Emma Dante. Nel realismo morbido di questo autore si nota molto il contrasto tra forma e sostanza. Contrasto che magicamente non crea distanza tra gli elementi, ma li fa danzare insieme, tra le esistenze strizzate ma gaudenti di questi poveri ma belli. Il lirismo visivo a volte si porta ai limiti dello spot da Film Commission, quasi da sguardi sorrentiniani, ma pure queste piacevoli vertigini ne fanno l’ottimo lavoro che è per qualità esecutiva e magniloquenza di certe immagini.
Meritano positiva menzione i protagonisti Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk, entrambi forti delle loro veracità, lui campano, lei ucraina, ma soprattutto della loro età a cavallo tra scoperta e distruzione, coraggio e passione, tragedia e sentimento. Tutto funziona tra loro e intorno a loro, nei tempi e nelle intensità di un humus di umanità dai tanti colori, seppure solo di due sul grande schermo.
Il corto originario, Le mosche, era stato presentato alla Settimana Internazionale della Critica durante la Mostra del Cinema di Venezia nel 2020, vincendo peraltro il Premio per la Miglior Regia; mentre Ciao bambino si è aggiudicato il Premio Miglior Opera Prima alla Festa del Cinema di Roma nel 2024 e il Premio Speciale della Giuria al Tallinn Black Nights Film Festival, in Estonia. Certi film sono come quelle piante che hanno bisogno di spazi ampi per crescere. Questo è ora in sala, ed è proprio uno di quei film che andrebbero goduti sull’ampiezza del grande schermo.