È la loro prima cover insieme, la loro prima intervista doppia. Nell’organizzarla abbiamo iniziato a chiamarli “I Gavinos”: un soprannome che è allo stesso tempo austero e scanzonato, come loro due. Glielo racconto e ridono, ma d’altronde ridono spesso: sono cresciuti insieme e grazie alla recitazione hanno ritrovato una dimensione bambinesca, complice e bellissima da osservare. Lea e Damiano Gavino non si erano mai pensati attori, è iniziata per caso ma con notevoli premesse: Skam Italia, L’ombra di Caravaggio e Una storia nera per lei; per lui il successo Rai di Un professore e poi il ruolo da protagonista assoluto nel Nuovo Olimpo di Ferzan Özpetek. Presto li vedremo in una serie internazionale e in un nuovo film per il cinema: hanno superato la prova delle meteore. La somiglianza è negli occhi e nei volti spigolosi, che si prestano naturalmente al gioco del cinema. La particolarità è nella grazia pungente che Lea porta in scena e nel turbamento dolciastro che definisce Damiano. Sognano di condividere un progetto da protagonisti, ma non hanno fretta: «è una carta che va giocata bene. E quando succederà, sarà una figata».
In principio fu Lea, poi Damiano. Lea, sei stata tu a spingere Damiano verso i provini per Un professore: perché?
L: Lui non ci aveva mai pensato, finché non è capitato. Aveva fatto un self-tape con un suo amico che, con tutto l’amore, era un cane a dargli le battute. Così l’abbiamo rifatto insieme. Io avevo già iniziato la Volonté e mi sono resa conto che Damiano aveva una naturale capacità di musicalità del testo, riusciva a direzionare tutto in modo concreto: se gli chiedevi un tassello di profondità lui eseguiva senza battere ciglio e riuscendo persino ad arricchire con sveltezza. Quando è arrivato il callback con Alessandro D’Alatri l’ho accompagnato provando a motivarlo, perché lui era sull’orlo del “me ne vado”.
D: Guidava lei, io non ero in grado. Mancavano venti minuti ed è andata a prendersi un caffè, io ero pietrificato. Le dicevo: “Ma come fai a sta’ così tranquilla?”.
Damiano, a te è capitato di essere determinante nel percorso di Lea?
D: Ho partecipato al suo self-tape per L’ombra di Caravaggio. Mi ricordo che era d’estate, eravamo in vacanza e lei mi disse: «devo fare questa cosa enorme, è Caravaggio con Michele Placido. Sei l’unico che può darmi le battute». Le ho dato le battute per il ruolo di Louis Garrel, una cosa leggera… Quindi un po’ c’entro nelle cose successe a Lea. No, Le’?
L: Certo. Avevamo giocato molto con quella scena, Damiano ancora non aveva neanche fatto il provino di Un professore.
Quasi vi invidio. Nell’età in cui i fratelli tendono ad allontanarsi, voi grazie alla recitazione avete ritrovato la dimensione bambinesca del gioco.
D: Campiamo con quella.
L: Così qualsiasi tragedia diventa divertente.
D: Non abbiamo mai lasciato la dimensione del gioco ma quando l’adolescenza ci ha colpiti, abbiamo litigato anche noi. Lea mi ha menato finché sono stato più basso di lei.
L: Ho continuato a picchiarlo finché non è cresciuto, con le mie piccole spinte da quattro soldi. Mi ricordo il giorno in cui mi ha risposto con un’altra spinta e gli ho detto: «ok, è finita l’epoca in cui posso picchiarti». Ci è presa una crisi di riso, e quello è stato il giorno in cui abbiamo smesso di chiamare papà dall’altra stanza.
Quali pensate siano i punti di forza dell’altro? E qual è stato il momento in cui li avete messi a fuoco?
D: Per me è la delicatezza di Lea. In scena, perché invece nella vita… [ride]. L’ho vista per la prima volta ne L’ombra di Caravaggio, nella scena con Louis Garrel in cui lei subisce per poi esplodere. E anche in Skam, perché la linea tra l’essere delicata e risultare moscia era sottile, ma lei ha trovato delle corde comprensive ed empatiche senza togliere carattere al personaggio.
L: Dami aveva delle scene molto dure su Un professore, perché il personaggio di Manuel sa essere maleducato e forte nel linguaggio. Mi è piaciuto il contrasto che ha trovato: è come se verbalmente dicesse una cosa ma con lo sguardo ne comunicasse altre. La dolcezza dello sguardo è in contrapposizione con la crudezza dei gesti. Nuovo Olimpo invece è stato uno shock, perché ho visto proprio un’altra persona. Damiano è un attore che ha sempre gli occhi pieni e così crea tridimensionalità.
Invece cosa consigliereste l’uno all’altra per migliorare?
D: Ci sono delle occasioni in cui non devi guardare in faccia nessuno.
L: Apriti un po’ di più. Potrebbe creare delle sorprese interessanti.
Che impatto ha avuto su di voi iniziare con un bagno di popolarità? Un professore e Skam Italia si rivolgono a un pubblico di giovanissimi.
D: Abbastanza forte. Ti apre un po’ gli occhi sulla realtà. Come dice Lea, per conservare il mio lato più autentico ho le stesse amicizie da quando sono nato, i miei “famosi cinque”. Ma essere così esposto all’improvviso ti dà l’opportunità di conoscere altro.
L: A me ha messo ansia. Sono entrata in un progetto già consolidato con un successo enorme, e in preparazione già si sentiva: “sai quante persone vedono questa serie?”. È una responsabilità, perché alcuni giovani identificano in Skam una specie di terapia. Ho pensato fosse interessante quasi a livello antropologico, aver studiato psicologia e ritrovarmi parte di un prodotto rappresentativo di una generazione. È l’unica volta in cui mi sono posta sempre il problema del pubblico: cosa voglio fare arrivare alle giovani ragazze che vedranno questa stagione? E anche le parole fuori dal set hanno improvvisamente un peso: prima è stato angosciante, poi ho capito che bastava essere una di loro, cioè me stessa: una giovane ragazza che cerca di stare al mondo ed essere una brava persona, anche facendo degli errori.
Damiano, in Nuovo Olimpo sei stato un ponte tra generazioni: quella di Özpetek, per cui la libertà non era scontata, e la tua, che invece la rivendica con nuovi mezzi. Il vostro è stato un bell’incontro.
D: Straordinario. Avevamo una concezione diversa che però si è riuscita a sposare tramite un confronto profondo. Ad esempio il linguaggio: era difficile non farlo risultare troppo contemporaneo negli anni Settanta. Ferzan mi chiedeva come avrei detto alcune battute: io avrei usato un linguaggio troppo contemporaneo, ma lui ha pensato che toccare anche la generazione di oggi senza tradire l’epoca fosse un valore aggiunto.
La Viola di Skam, l’Artemisia di Placido, la Rosa di Una storia nera: Lea, tu interpreti spesso battaglie di genere che un tempo andavano quasi taciute, ma che oggi hanno ritrovato una forte dimensione politica.
L: È vero che c’è un filo conduttore quasi politico dietro le cose che faccio. Rosa è l’unica su cui non ho fatto questo ragionamento, perché lei prima di essere una donna è una figlia. Il confine tra giusto e sbagliato è compromesso dalla figura paterna, ma poi il risultato è inevitabilmente politico. Al contrario, con Viola ho cercato di trovare il tatto per parlare di molestie al liceo.
Cosa c’è nel vostro futuro?
D: Io sarò protagonista di un film che uscirà al cinema, Prophecy, ispirato all’omonimo manga giapponese [di Tetsuya Tsutsui, nda]. Mi sono divertito come un matto.
L: Io ho partecipato alla seconda stagione di SAS Rogue Heroes, serie BBC che per la prima volta mi ha dato l’opportunità di lavorare con una produzione internazionale.
E poi c’è sempre il sogno di un progetto condiviso: come lo immaginate? I Gavinos diretti dai D’Innocenzo suonerebbe bene.
D: Ehilà, una commedia leggera! La verità? Io non ho fretta. Perché è una carta che va giocata bene. E quando succederà, sarà una figata. Lea però deve fare un lavoro enorme, perché appena mi vede in scena ride. È un problema che va risolto!
L: Ma che posso farci? Magari ho la crisi di riso per un quarto d’ora, però poi riusciamo a lavorare. Comunque così sembra che rido solo io.
D: Certo, tu inizi e io poi ti vengo appresso come un cretino.
Damiano dice di avere “una fissa per i ricordi” e il cinema è tra i principali custodi della nostra memoria. Tra vent’anni come ricorderete questa prima cover insieme?
D: Come parte di un gioco serio.
L: Damiano, ma tu dici solo cose serissime? Allora io guarderò le rughe che non avevo. Non la appenderò in camera accanto al poster di Damiano, ma nel mio futuro vorrei fare un bagno delle cover. Questa entrerà sicuramente nell’album di famiglia, mamma non vede l’ora.
Fotografa Roberta Krasnig, Assistenti: Davide Valente, Sara Pinsone e Anna Dykhno; Stylist: Flavia Liberatori, Assistente: Carlotta Gallina; Hair Adriano Cocciarelli per @ADRIARE; Make-up Ilaria di Lauro per @IDLMakeup
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