Andrea Borrelli (classe 1992, bocconiano dalle idee chiarissime), da sempre appassionato di cinema, approda alla grafica per puro caso anche se ammette che in un’altra vita avrebbe voluto studiare design. Potrebbe essere tranquillamente il critico radical chic della notte degli Oscar di Fabrique, invece, ha realizzato in esclusiva per la nostra serata le locandine degli otto film candidati nella categoria Best Picture.
Chiariamo subito una cosa: non sei un grafico eppure le tue locandine funzionano e piacciono a tutti. Come nasce l’idea di “The Man Who Drew Too Much” e come realizzi le tue illustrazioni?
Questa passione nasce dall’amore per il cinema. Dopo che ho visto un film in sala mi piace sempre parlarne, fare in modo che il film viva anche dopo la sua conclusione. Il cinema, d’altronde, come ogni forma d’arte, ha questa funzione: far riflettere. Ho iniziato scrivendo recensioni in cui spiegavo il mio punto di vista (senza ovviamente imporlo), facendo delle considerazioni che andassero al di là del mi è piaciuto/non mi è piaciuto. Tuttavia la voglia di contribuire creativamente a questo dibattito culturale e la consapevolezza che scrivere per me non era abbastanza mi hanno portato a esplorare altre strade. Ho iniziato quindi a chiedermi se potevo comunicare quello che scrivevo su un film attraverso delle immagini. Facendo varie prove con programmi di grafica ho capito che mi piaceva l’idea di disegnare locandine di film o meglio, immagini che potessero simboleggiare il film. Da qui nasce il progetto “The Man Who Drew Too Much”: realizzare locandine con una grafica semplice ed efficace.
Il bianco come sfondo e linee indefinite. Cosa c’è dietro questa scelta di stile?
Il bianco è la base di ogni locandina. Credo che tutto debba partire da lì. Un’immagine complessa se è su sfondo bianco appare comunque semplice e intera. Il mio intento è quello di raccontare un film con poco. Rappresento pochi oggetti e non disegno mai i tratti umani. Lascio che sia il bianco a formarli. E soprattutto scrivo sempre il titolo del film in fondo basso in piccolo. Voglio, infatti, che sia l’immagine a comunicare il titolo, o meglio il film e il bagaglio di emozioni e pensieri che si porta dietro.
A cosa ti ispiri?
Ammetto che non prendo ispirazione da nessuno in particolare nel mondo del disegno. Mi ispiro, invece, molto alle persone che decidono di essere intraprendenti e che coltivano le loro passioni in modo concreto. “The Man Who Drew Too Much” nasce come hobby, come volontà di stare meglio facendo qualcosa che mi piacesse. Questo l’ho potuto fare vedendo intorno a me tanti coetanei che non rinunciavano a ciò che li caratterizza di più.
Da spettatore insaziabile, che genere di cinema apprezzi e cosa vorresti dal cinema italiano?
Sono abbastanza onnivoro. Ho naturalmente delle preferenze, ma non escludo nulla quando vado al cinema, penso che la sorpresa si possa trovare ovunque. Mi piacerebbe, però, vedere di più film che osino e mescolino più generi insieme. Per quanto riguarda il cinema italiano, ammetto che sbagliamo noi italiani ad avere nei suoi confronti sempre parole di condanna. Penso che ultimamente il cinema italiano si stia risvegliando dal suo torpore e stia ottenendo sempre più visibilità, basta vedere i nostri film ai più importanti festival. Credo, quindi, che sia proprio questa feroce autocritica a non farci ancora decollare.
La notte degli Oscar si avvicina, quali sono i tuoi pronostici?
Amo fare i pronostici ma quest’anno è davvero difficile. Penso che manchi il titolo che spicchi e che ottenga un consenso unanime. Dubito possa vincere ancora Iñárritu con The Revenant, ma sono più che convinto che Di Caprio otterrà la statuetta per migliore interpretazione maschile. Potrebbe forse avere la meglio Mad Max: Fury Road, sarebbe un bel cambio di rotta per l’Academy. Sicuramente i premi tecnici andranno all’ultima fatica di George Miller. Ma se mi chiedete per cosa faccio il tifo, beh non posso che dare a occhi chiusi la statuetta a Room di Lenny Abrahamson. Detto questo non vedo l’ora di passare con voi questa fantastica notte e di scoprire insieme il verdetto finale.